Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-04-2011) 09-05-2011, n. 18014 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

mende.
Svolgimento del processo

1. – Con sentenza deliberata in data 12 maggio 2009, depositata in cancelleria il 14 maggio 2009, la Corte di Appello di Napoli, confermava la sentenza del Giudice della Udienza preliminare del Tribunale di Napoli resa in data 21 aprile 2008 che aveva dichiarato G.B. responsabile del reato di cui alla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 2, condannandolo, applicata la diminuente del rito abbreviato e l’aggravante della recidiva reiterata infraquinquennale, alla pena di mesi tre e giorni dieci di arresto.

2. – Avverso tale decisione, tramite il proprio difensore avv. De Luca, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione il G. chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali, vuoi con riferimento al mancato riconoscimento del richiesto vincolo di continuazione in relazione alla sentenza emessa dal Tribunale di Napoli per fatti analoghi, vuoi in merito alla concessione delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

3.1 – Deve innanzitutto rilevarsi, in punto di doglianza per il denegato riconoscimento del vincolo di continuità ex art. 81 cpv. c.p., che il giudice ha per vero fatto corretta applicazione delle norme di legge e dei principi più volte affermati da questa Corte (v. Cass., Sez. 1, 7 aprile 2004, n. 18037, Tuzzeo, rv. 229052) circa l’inidoneità di mere situazioni soggettive ad integrare l’identità del disegno criminoso di cui all’art. 81 cpv. c.p. e che, del pari, è consolidata l’affermazione della radicale diversità dell’identità della spinta criminosa o del movente pratico individuabile alla base di plurime violazioni della legge penale rispetto alla medesimezza del disegno criminoso che deve cementare i vari episodi di un reato continuato; è da ritenersi altresì consolidato il principio secondo cui all’istante incombe un onere di allegazione di elementi specifici e concreti da cui desumere la fondatezza o meno dell’assunto (Cass., Sez. 5, 4 marzo 2004, n. 18586, rv. 229826; conformi ex plurimis Cass. n. 5518 del 1995; n. 77 del 1995; n. 4437 del 1994; n. 898 del 1993) irrilevante essendo, in difetto di tali dati sintomatici, il mero riferimento alla relativa contiguità cronologica o all’analogia criminogena dei diversi fatti, indici, per lo più, come ritenuto nella specie, di abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti penali piuttosto che di attuazione di un medesimo progetto criminoso, unitariamente concepito e deliberato, sia pure nelle sue linee essenziali.

3.2. – Ciò posto, il Collegio osserva che il ricorso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare, peraltro in modo del tutto generico, una nuova, non consentita rivalutazione delle circostanze di fatto, che, in quanto tale, è insindacabile in questa sede di legittimità, mentre il provvedimento gravato, nella carenza di allegazione da parte dell’istante di elementi concreti da cui dedurre la medesimezza del disegno criminoso, presupposto indefettibile per l’applicazione dell’istituto invocato, ha correttamente motivato il diniego dell’istanza. Deve inoltre qui considerarsi che la prova da fornire nella fattispecie sarebbe dovuta essere ancor più rigorosa essendo state recate in allegazione sentenze di condanna anche per reati contravvenzionali (violazioni al foglio di via obbligatorio) per le quali, per l’integrazione del reato, sarebbe stato sufficiente anche un comportamento meramente colposo.

3.3. – Parimenti inammissibili sono le censure in punto di dosimetria della pena. La Corte di merito, lungi dal negare apoditticamente la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle attenuanti generiche, ha argomentato il diniego di tali attenuanti e la congruità del trattamento sanzionatorio, da un lato, rilevando l’assenza in atti di un qualsivoglia elemento suscettibile di positiva valutazione a tali fini e, dall’altro, sottolineando la valenza ostativa dei plurimi precedenti penali del G. sintomatici di una sua spiccata pericolosità sociale e ciò dopo una attenta analisi delle componenti oggettive e soggettive del fatto e delle sue specifiche modalità. E poichè la statuizione in ordine all’applicazione o meno delle circostanze attenuanti generiche deve fondarsi sulla globale valutazione della gravità del fatto e della capacità a delinquere del colpevole ed è censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi in cui essa appaia frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico, deve convenirsi sulla congruità dell’argomentare della Corte di Appello di Napoli, che è privo di vizi logico-giuridici, in linea con i principi enunciati in materia da questa Corte e aderente alle norme di legge.

4. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost, sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro 500,00 (cinquecento) alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 500,00 (cinquecento) alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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