T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 10-05-2011, n. 4059 Sospensione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – Che la società S.I. s.r.l. acquistava in data 31.5.2005 due unità immobiliari, con annessa area di pertinenza, site in Roma, via Aurelia 237/a e 239/a, ed al fine di intraprendere opere di manutenzione straordinaria su tali immobili, presentava denuncia di inizio attività (di seguito D.I.A.) ex artt. 22 e 23 D.P.R. 380/2001, in data 28.6.2005 (prot. 31519 del Municipio XVIII) per

il civico 239/a, ed il 6.7.2005 (prot. n. 32839 del Municipio XVIII) per il civico 237/a;

2 – Che il 18.7.2005, nota n. 2197, la u.o. Monumenti Medievali e Moderni del Comune di Roma, dopo aver accertato che i lavori oggetto di D.I.A. coinvolgevano, seppur indirettamente, i resti dell’ Acquedotto Paolo, inviava al Municipio XVIII, u.o. Tecnica, alla Polizia Municipale nonché alla Soprintendenza di Stato ai beni architettonici richiesta di notizie sulle risultanze di rispettiva competenza e legittimanti i lavori, e di conseguenza il Municipio XVIII, u.o. Tecnica, note prot. 35621 e 35622, entrambe del 21.7.2005, provvedeva a comunicare alla S.I. s.r.l. l’impossibilità di proseguire nelle opere denunciate con la procedura della D.I.A., in assenza dei pareri favorevoli degli Uffici preposti alla tutela dei resti del muro dell’acquedotto;

3 – Che in data 1.9.2005, a seguito dello svolgimento dell’istruttoria di propria competenza, la u.o. Monumenti Medievali e Moderni ordinava alla S.I. s.r.l. (nota prot. 14329 impugnata nel ricorso presentato) di sospendere i lavori poiché, essendo l’acquedotto Paolo un bene culturale ai sensi della definizione contenuta nell’art. l0, comma 1, D.Lgs. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), doveva essere riservata una fascia di rispetto inedificabile della larghezza minima di mt. 50 su ciascun lato lungo la linea degli acquedotti e nel medesimo Piano, e per lavori edilizi ricadenti nella distanza di mt. 100 per lato dall’asse degli acquedotti, era prescritta la necessità di sottoporre i progetti alla Sovrintendenza alle Antichità Comunale;

4 – Che il Municipio XVIII, u.o. Tecnica, provvedeva, in data 2.9.2005 (note prot n. 39823 e 39826 impugnate con altro ricorso) a dichiarare prive di effetti le D.I.A. (prot. n. 31519 e 32839), ordinando alla S.I. s.r.l. ed al Direttore dei Lavori l’immediata sospensione dei lavori.

5 – Che il 2.9.2005, la S.I. s.r.l. inviava alla U.O. Monumenti medievali e Moderni documentazione inerente i progetti di cui alle D.I.A. dichiarate prive di effetti, chiedendo il parere ed il nulla osta del summenzionato Ufficio, che viceversa, con, nota prot. n. 15518 del 21.9.2005 (impugnata nel ricorso principale) esprimeva parere negativo;

6 – Che con ricorso notificato al Comune di Roma in data 16.11.2005, la S.I. s.r.l. chiedeva a questo Tribunale l’annullamento, previa sospensione, delle determinazioni del Comune di Roma in esame denunciando i seguenti motivi di illegittimità: violazione dell’art. 23, comma 6, D.P.R. 380/2001; violazione degli artt. l, 3, 7, l0 L. 241/1990; illegittimità derivata per illegittimità del presupposto invocato; eccesso di potere per palese e grave contraddittorietà e falsità del presupposto; violazione e falsa applicazione dell’art. l0, comma l, D.Lgs. 42/2004 e 16, comma 6, delle Nonne Tecniche di Attuazione al vigente P.R.G. di Roma;

7 – Che, con più successivi motivi aggiunti, parte ricorrente impugnava la Determinazione del Dirigente della u.o.t. del Municipio XVIII n. 2231 (prot. n. 48851) del 25.10.2005 nonché la comunicazione del Corpo di Polizia Municipale,u.o. XVIII Gruppo, prot. n. 45480 del 3.10. 2005 adducendo gli stessi motivi del ricorso introduttivo;

8 – Che nella Camera di Consiglio del 15.12.2005, questo Tribunale emetteva l’ordinanza n. 307/2005 di accoglimento, poi confermata in sede di gravame dinanzi al Consiglio di Stato;

9 – Che, ai fini della decisione di merito, il Collegio deve in primo luogo escludere la fondatezza delle censure, dedotte con il ricorso e con le successive serie di motivi aggiunti, concernenti:

a) il decorso del termine di trenta giorni, previsto dall’art. 23 comma 6, D.P.R. 380/2001, entro i quali il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale deve notificare ali "interessato l’ordine motivato di non effettuare gli interventi denunciati attraverso la D.IA., in quanto tale termine non può in alcun modo avere l’effetto di privare l’Amministrazione del proprio poteredovere di repressione degli abusi edilizi;

b) il difetto o la illegittimità della procedura istruttoria, essendo l’intervento debitamente scaturito dall’attività legittimamente posta in essere dalla competente u.o. Monumenti Medievali e Moderni del Comune di Roma, del cui svolgimento, peraltro, la ricorrente S.I. s.r.l. era stata informata attraverso le note del Municipio XVIII prott. n. 35621 e 35622 del 21. 7.2005, con le quali esplicitamente si comunicava che "le opere denunciate con la procedura di D.I.A. non possono essere effettuate senza i pareri favorevoli degli Uffici Preposti alla tutela dei resti del muro dell’Acquedotto", con la conseguente piena possibilità della ricorrente di partecipare al procedimento;

c) il difetto di motivazione o l’errato esercizio della propria discrezionalità, in presenza di un comportamento del tutto obbligato: infatti, nella determinazione prot. n. 14329 si afferma che, rientrando i resti dell’Acquedotto Paolo tra i "beni culturali" così come definiti dall’art. l0, comma 1, D.Lgs. 42/2004, doveva essere rispettata, ai sensi dell’art. 6 del vigente P.R.G. del Comune di Roma, "una fascia di rispetto non edificabile, della larghezza di 50 m. su ciascun lato lungo la linea degli acquedotti antichi e medioevali" (…) e comunque, che "i progetti per lavori edilizi stradali, fognari, ecc. ricadenti entro la distanza di 100 m. per lato dall’asse degli acquedotti dovevano essere sottoposti all’esame della Soprintendenza delle Antichità. Inoltre, l’art.. 7 dello stesso P.R.G. vigente dispone, così come osservato dall’Amministrazione, che "in corrispondenza delle località individuate con il simbolo di avanzi archeologici o di costruzioni di interesse storico, monumentale, panoramico o ambientale nessuna licenza di costruzione, ampliamento o trasformazione può essere rilasciata senza il preventivo benestare della Soprintendenza dei Beni Ambientali e Architettonici e, ove trattasi di ruderi archeologici, anche delle Soprintendenze delle Antichità competenti nel territorio di Roma ";

d) la violazione di legge o travisamento dei fatti quanto all’esistenza del bene vincolato entro la fascia di rispetto, essendo ben evidente, a giudizio del Collegio, che il termine "antico" vale a definire qualsiasi manufatto di pregio rilevante dal punto di vista della Storia del Mondo ed in particolare del nostro Paese, indipendentemente, come invece affermato da parte ricorrente, dalla sua risalenza, nel tempo alla "Storia antica" ovvero a quella "Moderna", trattandosi di una partizione riferita dagli storici all’evoluzione socioeconomica e culturale che segna il risveglio dal Medioevo con il Rinascimento, lo sviluppo del traffico marittimo e del commercio e la Rivoluzione protestante, ma evidentemente inappropriata, già da un punto di vista logico, in relazione ai manufatti che testimoniano la storia dell’uomo, così come ad esempio la Torre Eiffel o la Statua della Libertà, del cui valore quale testimonianza storica non appare lecito dubitare;

10 – Che la Difesa dell’Amministrazione comunale non può, peraltro, essere seguita per la parte in cui, per quanto attiene più in particolare alla vicenda sottesa al presente giudizio, ritiene "di tutta evidenza che le opere edili descritte non possano essere ricondotte a D.I.A. (e peraltro difformi da questa), come vorrebbe parte ricorrente", affermando che "dette opere, infatti, dovevano essere fatte rientrare nella tipologia di interventi definiti ristrutturazione edilizia -demolizione ricostruzione, di cui all’ art. 3 comma 1, lettera "d" del D.P.R. 380/2001 e successive modifiche e integrazioni;

11 – Che, in particolare, con i provvedimenti impugnati il Comune di Roma accertava espressamente l’esecuzione di opere edilizie, presso l’immobile con accesso in Via Aurelia 239/A, "consistenti nell’aver realizzato, all’interno di un locale preesistente, uno scavo di terreno a diverse quote da cm. 2030 (fronte Aurelia), 4060 cm. e 80100 cm. (verso muro acquedotto), posa in opera di cordolo di conglomerato cementizio di cm. 20 a diversa altezza; posa in opera di una nuova tamponatura interna al locale in blocchetti di cemento di spessore cm. 20 con apertura nelle pareti di muratura di due porte di accesso e di n. 6 finestre" (in realtà, secondo quanto allegato in atti dalla ricorrente si tratta di nicchie senza apertura all’esterno), "installazione d’intelaiatura verticale (15×15 cm.) e orizzontale (cm. 20 e cm. 30) di legno, tavolato di copertura delle falde rifinito con tegole (…) con la presenza di lucernai per aerazione e illuminazione". L’immobile, inoltre, era stato "suddiviso mediante la costruzione di un muro in due unità entrambe di forma trapezoidale", una sola delle quali suddivisa da muretti a mezza altezza, arretrate su taluni lati di circa m. 1.00 rispetto alla base mediante la costruzione di un muro di blocchetti di cemento con aperture per consentire accesso ed ispezione, e "

12 – Che risulta quindi, dalla stessa analitica descrizione dell’Amministrazione e quindi senza necessità di CTU di sorta, che la ricostruzione della copertura di legno a tetto variabile a diverse falde e altezze rifinito con tegole consegue alla sostituzione dell’eternit, e che il rilevato aumento delle quote di imposta e colmo è dovuto non all’elevazione del fabbricato, bensì solo al predetto scavo del terreno, ancora allo stato grezzo e privo di pavimento, e quindi da ritenersi solo provvisorio in attesa della collocazione degli ed impianti e del successivo livellamento con posa del pavimento. Complessivamente, si tratta di opere interne di manutenzione straordinaria o al più di ristrutturazione interna, fatta eccezione per l’intervento alla copertura, che a giudizio del Collegio risulta comunque ugualmente riconducibile nell’ambito delle opere di manutenzione straordinaria, o al più di ristrutturazione, in quanto è consistita nel mero adeguamento tecnico della struttura mediante l’asportazione di un materiale di indubbia cancerogenicità ambientale e di alta pericolosità per la pubblica salute, quale l’amianto o asbesto, e nella sua sostituzione con una diversa ma analoga copertura, svolgente la medesima funzione strutturale, funzionale ed estetica. Le stesse opere sono, altresì, tutte inerenti ad un fabbricato privo di qualsivoglia vincolo, ed escluse dal novero degli interventi interessati dalla fascia di rispetto del bene storico posto in prossimità, in quanto ritenute non idonee ad incidere sensibilmente sulla fruizione, anche estetica, dello stesso bene sottoposto a tutela, non essendo comunque possibile considerare, così come ritenuto dal Comune, "nuova costruzione" ovvero "demolizione e ricostruzione" la semplice sostituzione di talune parti con altre del tutto fungibili per un necessario adeguamento tecnico conforme, in particolare, ad ineludibili esigenze sanitarie ed ambientali;

13 – Che il ricorso deve quindi essere accolto, risultando fondata la censura di eccesso di potere per travisamento della situazione di fatto, ovvero per violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, in relazione all’effettiva natura dei lavori oggetto dei provvedimenti impugnati. Ne consegue l’annullamento di tutti gli atti impugnati con il ricorso principale e con i diversi motivi aggiunti, e tuttavia la particolarità e complessità delle questioni dedotte, unitamente alla fondatezza delle finalità di tutela perseguite dall’Amministrazione, giustificano la compensazione delle spese di giudizio;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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