Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-02-2011) 09-05-2011, n. 17841 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe, emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è stata applicata a F.R., per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti, la pena concordata tra le parti di giorni 10 di reclusione ed Euro 100,00 di multa, con la conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria di Euro 380,00 di multa.

Il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Salerno propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge in ordine alla determinazione della pena.
Motivi della decisione

Il ricorso del PG è fondato. Nel determinare la pena le parti hanno posto a base del calcolo – per quanto concerne la pena detentiva – quella di giorni 15 di reclusione, ridotta a giorni 10 per le attenuanti generiche, aumentata a giorni 15 per la continuazione e quindi ridotta alla pena finale di giorni 10 di reclusione per la diminuente del rito.

E’ quindi evidente l’errore in cui sono incorse le parti nel determinare la sanzione detentiva in misura inferiore al tetto minimo di legge ed il giudice nel ratificare l’accordo, concluso in violazione degli artt. 23 e 132 cod. pen.. La giurisprudenza di questa Corte ha invero statuito che "Il limite minimo di quindici giorni previsto dalla legge per la reclusione ( art. 23 cod. pen.) non è giorni previsto dalla legge per la reclusione ( art. 23 cod. pen.) non è suscettibile di riduzione sia ai fini del computo della pena da infliggere in concreto sia ai fini dei calcoli intermedi consistenti anch’essi in un aumento o in una diminuzione della pena.

Infatti la portata dell’art. 132 cpv. cod. pen., secondo cui, nell’aumento o nella diminuzione della pena, non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvo i casi espressamente determinati dalla legge, non può essere limitata al risultato finale del calcolo ma investe anche gli aumenti di pena.

Ne consegue che il limite legale della reclusione di quindici giorni non può essere vulnerato dalla diminuzione delle attenuanti o diminuenti eventualmente concesse, mentre deve essere aumentato nel minimo consentito per effetto, in ipotesi, della ritenuta continuazione" (Sez. 6^, 11.5.1993, n. 9442, Vicedomini, m. 196007).

Più specificamente, in tema di patteggiamento, la giurisprudenza ha precisato che "Il limite minimo di quindici giorni stabilito per la reclusione dall’art. 23 c.p., comma 1, è assoluto e, per ciò, irriducibile, sia ai fini della pena da infliggersi in concreto sia ai fini dei calcoli intermedi. Nè il predetto limite può essere superato, in caso di pena patteggiata, per effetto dell’applicazione della diminuente di cui all’art. 444 cod. proc. pen." (Sez. 6^, 3.12.1996, n. 487, Scarno, m. 207735; Sez. 6^, 12.11.1998, n. 3519, Oddo, m. 212560; Sez. 2^, 27.1.2010, n. 5973, De Grecis, m. 246438).

La sentenza impugnata deve dunque essere annullata per avere applicato una pena illegale. L’annullamento deve essere pronunciato senza rinvio mentre gli atti devono essere trasmessi al giudice a quo per nuovo giudizio, in quanto la nullità investe lo stesso accordo intervenuto tra le parti, sicchè queste devono essere rimesse dinanzi al giudice nelle medesime condizioni in cui si trovavano prima dell’accordo annullato e pertanto non è loro preclusa la possibilità di riproporlo, sia pure in termini diversi (Sez. Un., 27.5.2010, n. 35738, Calibe, m. 247841).
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al tribunale di Salerno per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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