Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 17-02-2011) 09-05-2011, n. 17838 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli procede nei confronti della ricorrente in ordine a più reati previsti dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), e artt. 64 e ss. per avere, tra l’altro, in difformità dalla D.i.a. presentata il 26 Novembre 2007, realizzato nei locali sottotetto di due distinti immobili alcuni interventi che ne comportano la destinazione abitativa e non quella a "stenditoio, lavatoio, asciugatoio", come invece dichiarato.

Sottoposti gli immobili a sequestro probatorio ed effettuata consulenza tecnica, il P.M. ha richiesto l’emissione di decreto di sequestro preventivo, richiesta che il Giudice delle indagini preliminari in sede ha parzialmente accolto con riferimento ai soli locali sottotetto.

Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma ha rigettato l’istanza di riesame presentata dalla Sig.ra B. e confermato il decreto di sequestro. Osserva il Tribunale che le spiegazioni tecniche fornite dal Comune non sono sufficienti a risolvere i dubbi e che le opere realizzate nei locali sottotetto integrano un cambio di destinazione rispetto a quella assentita e che le nuove opere hanno incidenza anche sulla disciplina antisismica, difettando in sede di realizzazione delle opere le procedure e le cautele che la ricorrente avrebbe dovuto rispettare.

La Sig.ra B. ricorre personalmente.

Con primo motivo lamenta vizio di motivazione per non avere il Tribunale tenuto conto della documentazione amministrativa versata in atti e della circostanza che tra i lavori eseguito non vi è, nè potrà esservi, la realizzazione dei servizi igienici, con la conseguenza che risulta smentita al possibilità di destinare i locali sottotetto ad uso abitativo. Inoltre, risultano errate le conclusioni del consulente del P.M. in ordine all’altezza massima dei sottotetti (m. 2,20 invece dei 2,40 realizzati) e alla irregolare presenza delle finestre (non risponde a verità che per i sottotetti è possibile realizzare unicamente lucernai); tali errori sono facilmente ricavabili dalla lettura dell’interpello 7 Aprile 2010 del Comune di Civitella.

Con secondo motivo lamenta vizio di motivazione per avere il Tribunale omesso di dare contezza della documentazione da cui risulta la regolarità degli interventi e la conformità urbanistica attestati dal tecnico comunale con gli atti del 19 dicembre 2007 e del 21 gennaio 2008 (all. 1 e 2).
Motivi della decisione

Rileva la Corte che l’impugnazione avverso il provvedimento del tribunale del riesame in materia di misure cautelari reali può essere proposta esclusivamente per vizi concernenti l’errata applicazione della legge ( art. 325 c.p.p., comma 1). Sono, dunque, escluse le impugnazioni che hanno ad oggetto il mero vizio di motivazione, con l’eccezione di quelle che, lamentando la carenza radicale della motivazione, prospettano una nullità ai sensi dell’art. 125 c.p.p..

L’applicazione di tale principio al caso in esame impone di rigettare il ricorso. La ricorrente prospetta l’esistenza di un contrasto fra gli argomenti addotti a supporto della decisione e le risultanze documentali, in particolare avanzando l’ipotesi che la motivazioni difetti per non avere preso in esame nè la relazione del tecnico comunale nè la documentazione amministrativa versata in atti.

Tale censura, che potrebbe in linea di principio essere ricondotta alla carenza di motivazione su aspetti decisivi sottoposti all’attenzione del giudicante, non risulta fondata. La lettura della seconda pagina del provvedimento impugnano impone, infatti, di rilevare che il Tribunale ha preso in esame i chiarimenti forniti dal Comune e ha concluso che essi "non (hanno) risolto il problema urbanistico degli immobili" in esame e che deve giungersi ad una conferma del giudizio circa la sussistenza del "fumus" di reato.

Una volta escluso, alla luce dei successivi passaggi motivazionali dell’ordinanza impugnata, che si sia in presenza di una motivazione solo apparente o manifestamente illogica ed escluso che si versi in ipotesi di radicale carenza della motivazione, alla Corte non resta che respingere il ricorso, non essendo consentito in questa sede operare un controllo sulla fondatezza dell’ipotesi di accusa e del giudizio di merito operato dal tribunale del riesame.

Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e la ricorrente condannata, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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