Cons. Stato Sez. VI, Sent., 11-05-2011, n. 2791 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Viene in decisione l’appello dalla signora M. R. per ottenere la riforma della sentenza del T.a.r. per la Lombardia, di estremi indicati in epigrafe, che, in primo grado, ha respinto il ricorso dalla stessa proposto avverso il decreto della Questura di Pavia, in data 20 ottobre 2009, di rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

La Questura di Pavia ha respinto l’istanza in quanto il permesso di soggiorno di cui la ricorrente ha chiesto il rinnovo le era stato rilasciato in ottemperanza ad un’ordinanza di sospensione del T.a.r. Lombardia, Milano, sezione I, n. 1712 del 24 giugno 2004, nell’ambito del giudizio avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento del Prefetto di Pavia del 27 maggio 2003, di diniego dell’istanza di emersione di lavoro irregolare.

La domanda di sospensione era stata accolta "fino all’esito del giudizio civile" promosso dalla ricorrente medesima per l’accertamento dell’esistenza del rapporto di lavoro irregolare.

Poiché il giudizio civile si è concluso con la sentenza del Tribunale di Pavia, Sezione Lavoro, n. 178/2005, che ha escluso l’esistenza del rapporto di lavoro, anche il ricorso innanzi al T.a.r. si è concluso con il rigetto del gravame (sentenza n. 5740 del 5 novembre 2008).

Da ciò l’impugnato diniego, avendo la Questura di Pavia ritenuto che dovesse riprendere efficacia il provvedimento di diniego di emersione del 27 maggio 2003, con conseguente annullamento del permesso di soggiorno nel frattempo rilasciato e diniego dell’istanza volta ad ottenere il rinnovo di tale permesso.

2. Il percorso motivazionale della Questura di Pavia è stato condiviso dal T.a.r. che ha respinto il ricorso proposto dalla ricorrente.

3. Avverso tale decisione la signora R. M. ha proposto appello lamentando la mancata applicazione al proprio caso della previsione contenuta nel’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998 che, in relazione al rinnovo del permesso di soggiorno, consente di valorizzare le sopravvenienze.

Secondo l’appellante, in particolare, la Questura avrebbe dovuto valorizzare l’attuale condizione socioeconomia della ricorrente, titolare di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato e di un regolare contratto di lavoro a tempo indeterminato.

4. L’appello merita accoglimento.

5. In primo luogo, occorre evidenziare che non è del tutto corrisponde alla realtà dei fatti l’affermazione (su cui si fonda sia il provvedimento impugnato sia la sentenza di primo grado) secondo cui il permesso di soggiorno di cui la ricorrente ha chiesto il rinnovo sarebbe stato rilasciato in esecuzione dell’ordinanza cautelare del T.a.r. Lombardia n. 1712 del 24 giugno 2004, successivamente venuta meno per effetto del rigetto del ricorso.

Dagli atti risulta, infatti, che soltanto il permesso di soggiorno del 18 agosto 2004 è stato rilasciato alla ricorrente per dare esecuzione all’ordinanza del T.a.r. Lombardia n. 1712/2004.

In data 27 aprile 2005, la Questura di Pavia ha rilasciato alla ricorrente un nuovo permesso di soggiorno (diverso rispetto a quello rilasciato il 18 agosto 2004) che è stato rinnovato in data 6 ottobre 2006, successivamente, quindi, rispetto alla sentenza del Tribunale del Lavoro di Pavia che aveva accertata l’inesistenza del rapporto di lavoro subordinato indicato nell’originaria istanza di regolarizzazione.

Tale permesso di soggiorno, in quanto diverso rispetto a quello rilasciato in esecuzione dell’ordinanza cautelare del T.a.r. (e rinnovato dopo la conclusione del giudizio civile), non può ritenersi automaticamente caducato in dipendenza dell’esito del giudizio civile o del primo giudizio amministrativo instaurato innanzi al T.a.r.

Dell’esistenza di tale provvedimento l’Amministrazione avrebbe dovuto dare quanto meno conto nella motivazione del provvedimento impugnato, spiegando quanto meno le ragioni che, a suo avviso, determinavano il superamento della valutazione che in precedenza aveva condotto al rilascio del permesso di soggiorno.

6. L’appello è inoltre fondato nella misura in cui denuncia il difetto di motivazione e di istruttoria per non avere l’Amministrazione tenuta in alcuna considerazione le circostanze sopravvenute nel periodo successivo rispetto alla prima istanza di permesso di soggiorno.

Ai sensi dell’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286, infatti, "il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili".

In base a tale norma, quindi, l’Amministrazione, prima di respingere la richiesta di rinnovo di permesso di soggiorno avrebbe dovuto valutare se non fossero nel frattempo interventi nuovi elementi che ne consentirebbero il rilascio.

Nel caso di specie, tali circostanze sopravvenute sono specificamente dedotte dalla ricorrente che afferma di essere ormai titolare di un contratto di lavoro regolarmente registrato, di uno stipendio mensile di 1290 euro lordi e di una attestazione di idoneità abitativa rilasciata dall’INPS. La ricorrente non risulta in oltre essere stata destinataria di condanne penale, né emergono altri elementi di pericolosità per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale.

La mancata valutazione di tutte queste circostanze conferma, alla luce della previsione di cui all’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998, la sussistenza del vizio di difetto di motivazione e di istruttoria.

7. Il ricorso deve, quindi, essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza apellata va annullato il provvedimento impugnato in primo grado.

8. Non merita invece accoglimento la domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente, che risulta del tutto generica, non avendo questa allegato nessun pregiudizio concretamente derivante dal provvedimento impugnato.

9. Sussistono i presupposti per compensare le spese del doppio grado di giudizi, considerata la complessità della vicenda, anche alla luce dell’evoluzione dei fatti e dei numerosi provvedimenti amministrativi e giudiziari sopravvenuti nel tempo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata annulla il provvedimento impugnato in primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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