Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-04-2011) 10-05-2011, n. 18070

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto, tra gli altri, da B.F. e C.F. avverso la sentenza del GIP del Tribunale di Genova in data 21-7-2005 che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato i predetti alla pena ritenuta di giustizia in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti, ritenuta per il C. la continuazione tra detti reati ed i fatti di cui alla sentenza della Corte di Appello di Genova del 23-11-01 irr. l’8-01-02, la Corte di Appello di Genova, con sentenza in data 7-5-2008, confermava la decisione di 1^ grado per la B. e, su concorde richiesta delle parti in quanto alla misura della pena con espressa rinuncia agli altri motivi di gravame per il C., riduceva la pena a costui nei termini di cui a detta richiesta, confermando nel resto.

Avverso tale decisione i predetti imputati hanno proposta ricorso per cassazione, deducendo a rispettivi motivi di gravame:

B.:

1) inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali, costituenti unico elemento d1accusa, trattandosi di fatti commessi oltre i sei mesi dalla iscrizione della notizia di reato e che, allo scadere del termine per le indagini preliminari, non risulta fosse stata fatta alcuna richiesta di proroga, con la conseguenza che gli atti di indagine, tra cui dette intercettazioni, compiuti dopo la scadenza semestrale, dovevano ritenersi inutilizzabili;

2) Insussistenza di prova d’accusa e difetto di motivazione al riguardo;

3) Difetto dell’elemento soggettivo del reato grattandosi di mera connivenza rispetto alla condotta dolosa del coimputato S. nel reato di furto aggravato dei tergicristalli di un’autovettura;

C.:

1) Violazione degli artt. 157 e ss. c.p. e art. 129 c.p.p. per denegata declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione, apparendo evidente la sussistenza dell’attenuate di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5;

2) Mancanza di motivazione e violazione dell’art. 129 c.p.p. in ordine alla denegata assoluzione dal reato di cui al capo 49), avendo gli acquirenti della droga ( P. e Q.) esplicitamente escluso che a cedere loro la sostanza fosse stato l’imputato.

I ricorso vanno dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza dei motivi addotti. Consegue la condanna del ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma equitativamente determinare in Euro MILLE/00= alla cassa delle ammende.

Ed invero, quanto alla B., la manifesta infondatezza dei motivi sub 1) risulta motivatamente e correttamente rappresentata a fol. 7 dell’impugnata sentenza circa le ragioni di piena utilizzabilità delle disposte intercettazioni ambientali, stante l’inequivoca portata interpretativa dell’art. 270 c.p.p., comma 1 in relazione a fatti per cui e obbligatorio l’arresto in flagranza di reato (come nella spade per il capo 20), benchè detti mezzi di prova fossero stati disposti per l’accertamento di reati in materia di stupefacenti. Di qui la corretta utilizzabilità di dette intercettazioni per la repressione del reato di furto pluriaggravato.

Ciò posto è altrettanto palese l’insussistenza di violazioni di cui all’art. 271 c.p.p.. Del pari manifestamente infondati i motivi sub 2) e 3) del ricorse, stante la motivata, corretta e logica risposta motivazionale offerta dai giudici della Corte territoriale genovese anche con puntuale richiamo all’altrettanta esaustiva, corretta e logica motivazione offerta in merito al reato sub capo 20) dal giudice di 1^ grado in punto di comprovata, consapevole e volontaria responsabilità dell’imputata, diretta interessata al furto dei tergicristalli, rispetto al coimputato S., autore materiale del fatto. Palese l’inammissibilità del ricorso proposto dal C., posto che i motivi di gravame si pongono in netto contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità in tema di art. 599 c.p.p., comma 4, avuto riguardo alla esaustiva, corretta e puntuale risposta motivazionale offerta nell’impugnata sentenza ai foll. 13-14 in merito alla inconfigurabilità dell’ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2.

Al riguardo va ribadito il principio di diritto in tema di c.d.

"patteggiamento in appello" secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità.

In siffatti ipotesi, infatti, il giudice di appello, nell’accogliere (come nella specie) la richiesta avanzata ex art. 599 c.p.p., comma 4, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per talune delle cause previste ex art. 129 c.p.p., ivi comprese cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità della prova, in quanto, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di impugnazione, la cognizione del giudice deve limitarsi ai motivi non rinunciati (cfr., tra le altre ed in termini, Cass. pen. Sez. 6, 4-9-2003 n. 35108, Zarduni).

Tanto vale a rappresentare la manifesta infondatezza di entrambi i motivi di ricorso proposti dal C..
P.Q.M.

DICHIARA inammissibili i ricorsi e CONDANNA i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro MILLE/00= in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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