T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 11-05-2011, n. 292

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- La signora M.F. con provvedimento 30 giugno 1987, n. 37033/00/01/2, riceveva in via definitiva per la sua Ditta individuale "F." le agevolazioni previste dalla normativa sull’incentivazione delle iniziative industriali nel Mezzogiorno con l’erogazione di un contributo di lire 122.202.000 per l’ampliamento di uno stabilimento industriale destinato alla produzione di gonne.

Con decreto del direttore generale n. 00/RP/4753 del 22 luglio 1994, il Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato, sulla base del controllo effettuato in data 25 ottobre 1990, dal quale è emerso il licenziamento di tutto il personale da parte della ditta e la successiva trasformazione dell’impianto ad attività commerciale, riduceva di lire 63.322.000 il contributo concesso alla ricorrente, chiedendo la restituzione della somma di lire 58.880.000 (quale differenza tra l’importo erogato e l’importo spettante).

Avverso tale provvedimento la signora M.F. ha proposto ricorso notificato in data 21 ottobre 1994 successivamente depositato in data 8 novembre 1994, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, deducendo i seguenti motivi di doglianza:

i) il provvedimento sarebbe fondato su presupposti non veritieri, atteso che la continuazione della produzione non sarebbe mai stata interrotta se non per poche settimane né alcuna rilevanza potrebbe attribuirsi al licenziamento dei dipendenti, per i quali in data 7 aprile 1988 la ricorrente avrebbe provveduto a richiesta di riassunzione con istanza inoltrata all’ufficio di collocamento di Lauria, atteso che l’obbligo assunto con il contratto di concessione del contributo impone di assicurare il funzionamento dell’impianto e di mantenere un numero adeguato di dipendenti

riassunti dopo pochi mesi;

ii) la riduzione non sarebbe sorretta da alcuna motivazione in ordine al criterio adottato per determinare la somma da rimborsarsi né in ordine al fondamento normativo del potere attribuito al Ministero di apportare tale decurtazione.

In data 10 novembre 1994 si è costituito per resistere al ricorso il Ministero dell’Industria del Commercio e dell’artigianato (oggi Ministero dello Sviluppo economico).

2.- Per resistere al ricorso si è costituito il Ministero intimato, il quale con memoria depositata in data 22 giugno 2010 eccepisce l’infondatezza del ricorso, affermando che: i) le circostanze poste a fondamento del provvedimento risultavano comprovate dalla scheda di controllo redatta in data 5 novembre 1990; ii) la riduzione del contributo costituiva un effetto del mancato rispetto delle prescrizioni contenute nell’art.4 del provvedimento di concessione e dell’art. 35 del D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (richiamato nelle premesse del provvedimento) di approvazione del T.U. delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno.

3.Con ordinanza collegiale 23 novembre 1994, n.734, sono stati disposti incombenti istruttori e successivamente con ordinanza collegiale 22 marzo 1995, n.124, la domanda cautelare è stata respinta.

4.- Con atto depositato in data 4 novembre 2010 la ricorrente ha conferito procura al nuovo difensore Avv. Eduardo Giuliani in sostituzione del deceduto Avv. Gianfranco Giuliani, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

5.- All’udienza pubblica del 2 dicembre 2010 il Collegio ha avvisato le parti a norma dell’art. 73, comma 3, del codice del processo amministrativo, in ordine alla possibilità di porre a fondamento della decisione il difetto di giurisdizione, la parte ricorrente ha chiesto, tuttavia, il rinvio della decisione, per poter controdedurre sulla questione.

6.- La difesa erariale con memoria 11 febbraio 2011 ha eccepito il difetto di giurisdizione.

7.- All’udienza pubblica del giorno 24 marzo 2011, dopo la discussione, nella quale l’avvocato di parte ricorrente ha convenuto per la sussistenza del difetto di giurisdizione, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1.- Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.

1.1.- In materia di richiesta di restituzione di contributi già versati, la giurisprudenza amministrativa è concorde nel ritenere che il beneficiario di erogazioni pubbliche è titolare di un diritto soggettivo in tutti i casi in cui il potere pubblico si oppone alla completa espansione del diritto già riconosciuto, o negando la concreta erogazione della pubblica sovvenzione concessa, ovvero richiedendo la restituzione, in tutto o in parte, di quanto già versato, in conseguenza di un preteso inadempimento del beneficiario stesso agli obblighi imposti per legge o dallo stesso provvedimento concessivo. Di conseguenza spetta al il giudice ordinario conoscere in merito al rapporto instaurato (cfr. ex multis: T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 09 ottobre 2009, n. 9849; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 02 marzo 2010, n. 3218).

E’ ormai "ius receptum" che il destinatario di sovvenzioni pubbliche può vantare nei confronti dell’Autorità concedente sia una posizione di interesse legittimo sia una posizione di diritto soggettivo.

La prima sussiste quando l’Amministrazione eserciti il potere di annullare provvedimenti concessori per vizi di legittimità a norma dell’art. 21 nonies legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero di revocarli a norma dell’art. 21 quinquies della medesima legge per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

Il privato vanta invece un posizione di diritto soggettivo, in relazione alla concreta erogazione delle somme di denaro, oggetto del finanziamento, ed alla conservazione degli importi già concessi.

Nella specie, oggetto del presente ricorso è la contestazione del provvedimento con il quale (decreto del direttore generale n. 00/RP/4753 del 22 luglio 1994) il Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato, sulla base del controllo effettuato in data 25 ottobre 1990, dal quale emergeva il licenziamento di tutto il personale, nonché la trasformazione dell’impianto ad attività commerciale, riduceva di lire 63.322.000 il contributo concesso alla ricorrente, chiedendo la restituzione della somma di lire 58.880.000 (quale differenza tra l’importo erogato e l’importo spettante).

Il provvedimento di concessione del contributo disponeva un" occupazione di 18 unità in normale esercizio (art. 2 del provvedimento di concessione) e imponeva, tra le prescrizioni da rispettare:

a) "non distogliere dall’uso previsto per un periodo di almeno cinque anni dalla data in funzione dell’impianto i macchinari e le attrezzature ammessi alle agevolazioni senza esplicita autorizzazione da parte dell’ente concedente" (art. 4b del provvedimento di concessione);

b) "non destinare le opere edilizie oggetto delle agevolazioni ad usi diversi da quelli previsti per un periodo almeno di dieci anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto senza esplicita autorizzazione dell’ente concedente" (art. 4c del provvedimento di concessione).

Il successivo articolo 5 del provvedimento di concessione prevedeva che "in caso di infrazione agli obblighi di cui alle lettere b) e c) del precedente articolo, l’operatore è tenuto alla restituzione proquota del contributo in conto capitale, maggiorata di interessi nella misura indicata al successivo art.6".

Tale ultimo articolo, oltre a prevedere la misura degli interessi per l’ipotesi di recupero parziale o totale di somme erogate, riservava all’ente concedente "il più ampio potere di verifica e di accertamento…in ordine alla stretta pertinenza ed indispensabilità per la specifica attività industriale degli investimenti oggetto delle agevolazioni disposte".

Così delineato il "petitum" sostanziale del presente giudizio, concernente la decurtazione della sovvenzione sulla base dell’asserito inadempimento da parte del destinatario dei contributi agli impegni a suo tempo assunti con il contratto di concessione, la giurisdizione non può che spettare al giudice ordinario, anche perché il recupero del contributo da parte dell’amministrazione costituisce attività dovuta, scevra da qualsiasi rivalutazione dell’originario interesse pubblico, esercitato a fronte dell’asserito inadempimento da parte del beneficiario alle specifiche prescrizioni alle quali era subordinata l’erogazione del contributo.

2.- In ragione di tutte le considerazioni svolte, il ricorso in esame va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, il che comporta la rimessione davanti al giudice ordinario, innanzi al quale il giudizio potrà proseguire in base al principio della translatio iudicii (Cassazione civile, sez. un., 22 febbraio 2007, n. 4109; Corte Costituzionale 12 marzo 2007, n.77), recepito dal legislatore e disciplinato dall’art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69 ed ora codificato nel codice del processo amministrativo all’art. 11, il quale consente che, allorquando il giudice amministrativo declini la propria giurisdizione, affermando quella di altro giudice, "ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato".

3.Sussistono gravi ed eccezionali ragione che cosentono l’integrale compensazione delle spese di giudizio, in considerazione della non agevole individuazione del criterio discretivo di riparto della giurisdizione nella materia in questione.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione e per l’effetto rimette le parti davanti al Giudice ordinario.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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