Cass. civ. Sez. I, Sent., 05-09-2011, n. 18178 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del Tribunale di La Spezia in data 4 dicembre 2005 veniva dichiarato il fallimento della ditta Officine Meccaniche e Fonderie Mordenti di Sauro e Lido Mordenti & C. s.n.c., nonchè quello personale dei soci Mo.Ma., Mo.Bi., Mo.Li., Mo.Gu. e Mo.Gi..

In data 22 marzo 1996 M.E. presentava al medesimo Tribunale istanza di insinuazione al passivo per un credito derivante da attività lavorativa, pari a L. 12.401.630, di cui L. 10.536.183 a titolo di tir, equivalente ad un totale di Euro 6.404,94 oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Con ricorso depositato il 16.1.2008 il M., assumendo di avere subito un danno patrimoniale e non patrimoniale per la eccessiva durata della summenzionata procedura concorsuale, tuttora pendente, chiedeva alla Corte d’Appello di Torino la condanna dello Stato Italiano al pagamento di un’equa riparazione per violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Con decreto in data 8 luglio 2008 la Corte adita ha rigettato il ricorso proposto dal M., osservando:

che il fallimento appariva di non comune complessità, evidenziata sia dal numero delle istanze di insinuazione (315), dall’entità dello stato passivo (circa 20 milioni di Euro), dalla necessità di alienare n. 15 immobili – alcuni dei quali con destinazione industriale e di notevoli dimensioni, previo condono degli abusi edilizi – nonchè di liquidare partecipazioni societarie; sia dalla presentazione di due proposte di concordato rimaste senza esito, e dall’affitto di azienda, caldeggiato da autorità pubbliche e dagli stessi sindacati dei lavoratori dipendenti per salvaguardare la continuità produttiva;

che nel corso della procedura erano stati effettuati quattro riparti parziali, cosicchè il credito privilegiato del M. era stato in gran parte soddisfatto in tempi ragionevoli entro i primi sei armi di procedura.

Avverso tale decreto M.E. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi illustrati con memoria. Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso. Alla udienza del 12 maggio 2011 il Procuratore Generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
Motivi della decisione

Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente, denunciando la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6 della CEDU, deduce la violazione dei parametri consolidati nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo per avere il giudice a quo escluso che la durata di undici anni e tre mesi, compresa tra la insinuazione al passivo del credito, in data 22 marzo 1996, e la soddisfazione integrale del suo credito di lavoro, in data 5 giugno 2007, integrasse un ritardo irragionevole. Il ricorso è fondato nei limiti di cui appresso.

Il giudice di merito, valutando ragionevole un periodo di 11 anni per la conclusione di un processo fallimentare, non si è attenuto ai principi enunciati a più riprese da questa Corte, secondo cui la durata di una procedura concorsuale particolarmente complessa – quale senza dubbio appare, nella specie, il fallimento della s.n.c. Officine Meccaniche e Fonderie Mordenti di Sauro e Lido Mordenti, per le ragioni analiticamente enunciate dalla Corte d’Appello di Torino – non deve protrarsi per oltre sette anni (cass. n. 136 del 2011; cass. n. 24294 del 2010; cass. nn. 22508, 22509, 22510 del 2010).

Il decreto impugnato deve essere quindi cassato.

In assenza della necessità di ulteriori accertamenti di merito, l’equo indennizzo del danno non patrimoniale, conseguito alla violazione per anni quattro e mesi tre del termine ragionevole, può essere liquidato in questa sede ( art. 384 c.p.c., comma 2) in Euro 3.500,00, di cui Euro 750,00 per ognuno dei primi tre anni ed Euro 1000,00 annui per il ritardo successivo, oltre interessi legali dalla domanda. Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00), con gli interessi legali dalla domanda, nonchè al pagamento delle spese del giudizio di merito e di legittimità, liquidate rispettivamente per il primo in Euro 873,00 (ottocentosettantatre/00), di cui Euro 378,00 per diritti ed Euro 445,00 per onorari, e per il giudizio di legittimità in Euro 700,00 (settecento/00), di cui Euro 600,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

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