T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 11-05-2011, n. 291 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Riferisce in punto di fatto l’Avv. D.M. che:

con deliberazione 27 maggio 1993, n. 780, l’amministratore straordinario della U.s.l. prendeva atto delle dimissioni rassegnate dal ricorrente con decorrenza dal 5 febbraio 1994;

con sentenza n.410/93 il Consiglio di Stato riconosceva il suo diritto ad essere inquadrato come assistente coordinatore nella settima qualifica funzionale;

successivamente su istanza del dott. M. del 4 febbraio 1994, l’amministrazione sanitaria con provvedimento 24 febbraio 1994, n. 336, ricostruiva la carriera del dipendente, con l’applicazione dei contratti di lavoro del comparto sanità e dei criteri stabiliti dalla delibera di Giunta regionale 8 settembre 1987, n. 4480 e disponeva il suo reinquadramento nella posizione funzionale di collaboratore coordinatore, ottavo livello retributivo;

la delibera di reinquadramento era sottoposta a visto di legittimità della Giunta regionale, alla quale l’atto era stato inviato per il controllo a norma dell’art. 4, comma 8, della legge 30 dicembre 1991;

la Giunta regionale, nella seduta in data 11 aprile 1994, n. 1938, rilevava alcuni vizi del provvedimento, tra cui il difetto di motivazione e la contrarietà dell’atto ad alcune pronunce della Corte costituzionale, rinviando pertanto l’atto all’amministrazione per chiarimenti;

– con nota 20 maggio 1994, n. 2048, il dott. M. sollecitava l’amministrazione sanitaria a dare esecuzione all’atto di inquadramento, previo annullamento dell’atto di controllo;

– sulla base dei rilievi formulati dal competente organo regionale di controllo, l’amministratore straordinario della Usl n. 6 di Matera con deliberazione n. 1031 del 3 giugno 1994, notificata al ricorrente con nota 22 giugno 1994, n. 14545, disponeva la "revoca" del provvedimento n. 336/94 relativo al reinquadramento giuridico ed economico del dott. D.M..

Avverso tale provvedimento il dott. M. ha proposto ricorso notificato in data 7 e 8 ottobre 1994 e depositato in data 15 ottobre 1994, deducendo i seguenti motivi di ricorso:

1)eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione in relazione alla mancata evidenziazione dell’interesse pubblico alla revoca dell’atto di reinquadramento;

2)eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, atteso che le specifiche motivazioni dedotte a sostegno del provvedimento di revoca si fondano sull’inconferente richiamo della sentenza della Corte costituzionale n. 484/91 che censura scelte discrezionali di una legge regionale siciliana; violazione dell’art. 70 del D.P.R. 21 luglio 1983, n. 348, recante il primo contratto collettivo di lavoro per il comparto della sanità, nonché dell’art. 82 del D.P.R. 761/93, recante lo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali; eccesso di potere per disparità di trattamento poiché ad altro personale proveniente dal parastato, come il ricorrente, sarebbe stato riconosciuto il trattamento giuridico ed economico oggi negato al ricorrente.

Con atto depositato in data 26 ottobre 1994 si è costituita la U.S.L. n. 6 di Matera, eccependo la infondatezza del ricorso.

Con ordinanza collegiale 26 ottobre 1994, n. 677, la domanda cautelare è stata respinta.

La Regione Basilicata, pure evocata in giudizio, non si è costituita.

All’udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2010 il Collegio ha avvisato le parti, a norma dell’art. 73, comma 3. cod. proc. amm., della sussistenza di un profilo di inammissibilità del ricorso, sicché la parte ricorrente ha chiesto il rinvio della decisione, al fine di controdedurre su tale profilo.

All’udienza pubblica del 24 marzo 2011, vista l’istanza del ricorrente del 14 marzo 2011, il Collegio assegnava l’ulteriore termine di dieci giorni per la produzione di memorie.
Motivi della decisione

1.- Oggetto del presente ricorso è la delibera 3 giugno 1994, n. 1031, con la quale l’amministratore straordinario della Usl n. 6 di Matera, vista la delibera della Giunta Regionale 11 aprile 1994, n. 1938, stabiliva di "revocare a tutti gli effetti" il provvedimento n. 336/94 di reinquadramento del Dott. M. nella posizione funzionale di "collaboratore coordinatore" con i criteri di equiparazione stabiliti con delibera della Giunta Regionale n. 4480/87.

2.- Al fine di un corretto inquadramento giuridico della questione, osserva preliminarmente il Collegio che l’atto impugnato, a prescindere dalla terminologia utilizzata dall’amministrazione, non configura un vero e proprio atto di revoca, bensì un mero ritiro di un atto inefficace.

Il potere di revoca, infatti, presuppone l’efficacia dell’atto da rimuovere, avendo esso effetti dispositivi sull’atto originariamente adottato per sopravvenute ragioni di interesse pubblico ovvero a causa del mutamento della situazione di fatto o a causa della nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. Al sussistere di ragioni di interesse pubblico dunque l’amministrazione può ritenere opportuno rimuovere ex nunc a partire da un certa data gli effetti esplicati legittimamente da un atto amministrativo sino a tale data. Poiché la revoca determina la cessazione definitiva dell’efficacia di un provvedimento amministrativo, essa può incidere sfavorevolmente su situazioni di vantaggio attribuite dall’atto da rimuovere e pertanto l’esercizio del potere di revoca implica una ponderazione rigorosa da parte dell’amministrazione attraverso una precisa motivazione degli interessi in gioco, quelli pubblici e quelli del privato inciso.

Viceversa, il potere di ritiro incide su un atto che non è mai divenuto efficace, per non avere superato il vaglio da parte del competente organo di controllo o comunque più genericamente per non aver superato positivamente la fase integrativa dell’efficacia.

La inefficacia originaria dell’atto da ritirare (e quindi la sua mancata incidenza su situazioni giuridiche consolidate) non richiede (a differenza della revoca che invece incide su atti amministrativi produttivi di effetti) né la verifica dell’interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione né la valutazione dell’incidenza esterna dell’atto originario, in relazione a posizioni giuridiche o all’affidamento dei soggetti coinvolti.

Ciò premesso, l’atto impugnato va qualificato non come revoca, ma come atto di mero ritiro della delibera di reinquadramento n. 336/94, la quale non è mai divenuta efficace, poiché la Giunta regionale, alla quale l’atto era stato inviato per il controllo a norma dell’art. 4, comma 8, della legge 30 dicembre 1991, nella seduta in data 11 aprile 1994, n. 1938, rilevava il difetto di motivazione del provvedimento, non risultando chiara l’interpretazione data dalla US.L. della delibera di G.R. n. 4480/87 in virtù della quale essa intendeva attribuire il nuovo inquadramento al dott. M.. L’organo di controllo, pertanto, chiedeva chiarimenti all’ente, esprimendo, altresì, la necessità di tener conto dell’orientamento della Corte costituzionale, in particolare nella sentenza n. 484/91.

La U.s.l., quindi, con il provvedimento impugnato recepiva in toto i rilievi formulati dall’organo di controllo e disponeva perciò (non la revoca, bensì) il ritiro della delibera di reinquadramento n. 336/94.

3.Il descritto inquadramento giuridico della sequenza procedimentale comporta che il ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile.

3.1.- E’ infondato il primo motivo di ricorso con il quale il ricorrente, muovendo dall’erroneo presupposto che la U.S.L. con l’atto di autotutela impugnato avesse implicitamente riconosciuto l’efficacia e l’idoneità della delibera n. 336/94 a produrre effetti costitutivi nei suoi confronti, indipendentemente dal controllo preventivo regionale, lamenta il difetto di motivazione per non avere l’amministrazione sanitaria evidenziato l’interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell’atto in comparazione con l’interesse del destinatario dell’atto al rispetto della posizione soggettiva acquisita in forza dell’atto di reinquadramento.

La giurisprudenza amministrativa ha infatti affermato, in linea con quanto sopra precisato, in un’ipotesi come quella che ci occupa, che il riesame di un atto non divenuto efficace per non aver superato il visto del competente organo tutorio per richiesta di chiarimenti alla p.a. controllata (Consiglio Stato, sez. V, 3 febbraio 2000, n. 599), non costituisce revoca, bensì mero ritiro.

Dunque, il ritiro o la rimozione di un atto mai divenuto efficace non soggiace al regime dei provvedimenti espressione di autotutela decisoria (quali la revoca per sopravvenute esigenze di interesse pubblico o per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario e l’annullamento d’ufficio di atti illegittimi) e soggetti all’obbligo di motivazione in ordine alla sussistenza del relativo interesse pubblico concreto e attuale.

Ciò in quanto, come già chiarito, l’inefficacia originaria dell’atto rimosso non impone alla pubblica amministrazione di valutare l’incidenza esterna delle sue precedenti statuizioni, in relazione all’affidamento eventualmente ingenerato nei terzi ed alla concreta valenza di detto interesse. (cfr. anche: Consiglio Stato, sez. IV, 15 maggio 2000, n. 2724; Consiglio Stato, sez. V, 10 agosto 2000, n. 4405).

Nella fattispecie, nella fase integrativa dell’efficacia del procedimento amministrativo, l’organo di controllo ha chiesto chiarimenti e ha riscontrato alcuni profili di illegittimità dell’atto di reinquadramento del ricorrente e ciò ha impedito che l’atto divenisse efficace. Di conseguenza, la delibera di inquadramento n. 336/94 non aveva esplicato alcun effetto costitutivo nei confronti del ricorrente, in quanto non aveva superato positivamente il vaglio dell’organo di controllo.

Pertanto, l’adozione dell’atto impugnato, qualificabile come atto di mero ritiro (come già anticipato sopra, sub 2) e non come atto di revoca, non necessitava alcuna ponderazione da parte dell’amministrazione in ordine all’opportunità di rimuovere l’ inquadramento tenendo conto dell’interesse pubblico e dell’interesse del soggetto inciso.

E ciò tanto più che la U.s.l., con la delibera impugnata, si è limitata a recepire tutti i rilievi formulati dall’organo di controllo, senza compiere alcuna nuova considerazione della situazione di fatto.

3.2.- Il ricorso è invece inammissibile con riferimento al prospettato rilievo di illegittimità dell’atto di ritiro, relativo alla circostanza che la delibera di reinquadramento non avrebbe costituito una tipologia di atto da sottoporre a controllo della Regione a norma dell’art. 4, comma 8, della legge 30 dicembre 1991, n. 418.

Invero, tale doglianza avrebbe dovuto essere fatta valere attraverso un’impugnazione tempestiva diretta sia contro l’atto di reinquadramento n. 336/94 (nella parte in cui disponeva il rinvio all’organo di controllo) sia contro la stessa delibera di controllo (adottata dalla Giunta regionale in data 11 aprile 1994, n. 1938), che impediva l’esplicarsi dell’efficacia dell’atto di inquadramento nell’ottava qualifica funzionale.

3.3.- Sono parimenti inammissibili le doglianze contenute nel secondo motivo di ricorso, con le quali la parte ricorrente contesta, nella sostanza, le ragioni poste alla base dell’atto negativo di controllo, che hanno indotto la U.s.l. a ritirare il provvedimento di inquadramento del dott. M. nella ottava qualifica funzionale.

L’Avv. M. prospetta l’illegittimità dell’atto impugnato sotto i seguenti ulteriori profili: a) inconferenza del richiamo della sentenza della Corte costituzionale n. 484/91; b) violazione dell’art. 70 del D.P.R. 21 luglio 1983, n. 348, recante il primo contratto collettivo di lavoro per il comparto della sanità, nonché dell’art. 82 del D.P.R. 761/93, recante lo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali; c) eccesso di potere per disparità di trattamento poiché ad altro personale proveniente dal parastato, come il ricorrente, sarebbe stato riconosciuto il trattamento giuridico ed economico negato al ricorrente.

La inammissibilità di tali doglianze, proposte contro l’atto di ritiromeramente esecutivo dell’atto negativo di controllo- della U.s.l. discende dalla omessa impugnazione, nel prescritto termine decadenziale, dell’ atto presupposto adottato dall’organo regionale di controllo (seduta di Giunta regionale 11 aprile 1994, n. 1938) dal quale consegue la lesione immediata e diretta della posizione soggettiva dell’interessato.

Infatti la U.s.l., con l’atto impugnato, non fa altro che adeguarsi alla delibera negativa di controllo, con cui erano rilevati alcuni vizi di legittimità del provvedimento di inquadramento, quali il difetto di motivazione ed era determinata l’inefficacia del provvedimento di inquadramento nell’ottava qualifica funzionale.

4.- Alla luce delle considerazioni svolte il ricorso è in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile.

5.- Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara inammissibile.

Condanna la parte ricorrente al pagamento di Euro 1000, 00 (mille/00) a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre oltre Iva, Cpa come per legge, in favore dell’amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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