T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 11-05-2011, n. 288 Interesse protetto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- La Società E.L. di F.A. & C. s.n.c. (d’ora in avanti: S.e.l.) riferisce in punto di fatto quanto segue.

Con note del 9 novembre 2005 e del 12 dicembre 2005 la S.e.l. inoltrava all’I.N.P.S. domanda per il ricorso alla cassa integrazione guadagni ai sensi dell’art.5 della legge 20 maggio 1975, n. 164, in quanto a causa di neve, pioggia e fango nei cantieri ove la società stava svolgendo lavori di costruzione di linee elettriche allo scoperto, l’azienda era stata costretta a sospendere l’attività lavorativa per:

due settimane (dal 3 ottobre 2005 al 15 ottobre 2005) per un totale di 256 ore non lavorate da parte di nove dipendenti presso il cantiere di Melfi;

– una settimana (dal 7 novembre 2005 al 12 novembre 2005) per un totale di 144 ore non lavorate da parte di otto dipendenti presso il cantiere di Potenza;

quattro settimane (dal 7 novembre 2005 al 3 dicembre 2005) per un totale di 1152 ore non lavorate da parte di ventuno dipendenti presso il cantiere di Melfi.

L’I.n.p.s. di Potenza con nota 9 febbraio 2006 comunicava all’odierna ricorrente che la Commissione provinciale per la Cassa integrazione guadagni aveva adottato il provvedimento di rigetto della domanda di integrazione salariale poiché era stato superato il limite delle 52 settimane negli anni precedenti.

Avverso tale provvedimento la S.e.l. proponeva ricorso al Comitato amministrativo della Gestione prestazioni temporanee, il quale con deliberazione 15 novembre 2006, n.626, si esprimeva in senso sfavorevole alla pretesa del datore di lavoro, ritenendo che le avversità atmosferiche denunziate presentavano i caratteri della normalità e prevedibilità e pertanto non potevano essere considerati eventi di forza maggiore.

2.- Con il ricorso indicato in epigrafe notificato in data 31 gennaio 2007 e depositato in data 28 febbraio 2007 la S.e.l., in punto di diritto, con un unico motivo di ricorso contesta l’operato dell’amministrazione sia perché, in prima battuta, la Commissione provinciale per la Cassa integrazione guadagni avrebbe illegittimamente omesso di applicare la previsione dell’ultimo capoverso dell’art. 6 della legge n.164/1975, il quale prevede che il limite delle 52 settimane non si applica nei casi di intervento all’integrazione salariale determinato da "eventi oggettivamente non evitabili" sia perché, in sede di decisione del ricorso amministrativo, il Comitato amministrativo della Gestione prestazioni temporanee avrebbe erroneamente ritenuto come prevedibili gli eventi atmosferici, non considerandoli quindi come causa di forza maggiore.

Di qui la ricorrente, oltre alla domanda di annullamento del provvedimento definitivo di rigetto della sua istanza, chiede la condanna dell’amministrazione intimata alla corresponsione delle somme (corrispondenti all’80% della retribuzione globale per le ore di lavoro non prestate) erogate dalla ricorrente ai propri dipendenti.

3.- L’I.n.p.s., costituitasi in giudizio, eccepisce in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione della ricorrente, in quanto, mentre in capo ai lavoratori si configurerebbe una posizione di diritto soggettivo giuridicamente tutelabile, il datore di lavoro, invece, non avrebbe alcuna posizione giuridicamente tutelabile.

Nel merito, conferma la legittimità del diniego alla corresponsione dell’integrazione salariale, non avendo la ricorrente fornito alcuna prova in ordine alla anormalità e abnormità degli eventi climatici avversi nei periodi e nelle località indicate.

4.- All’udienza pubblica del giorno 10 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1.- In via preliminare, va disattesa l’eccezione, formulata dall’I.n.p.s., di difetto di legittimazione attiva della società ricorrente.

Se, infatti, è vero che la cassa integrazione guadagni (sia ordinaria che straordinaria) è una forma di assicurazione sociale a favore del lavoratore per garantirlo dal rischio della perdita della retribuzione, o addirittura del posto di lavoro, occasionata da eventi afferenti all’impresa, è altresì vero che il diritto alla prestazione assicurativa non si riconnette direttamente al verificarsi dell’evento, ma è subordinato all’apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, espresso in un provvedimento, all’esito di un procedimento amministrativo attivato dal datore di lavoro.

In considerazione della natura discrezionale dell’atto, positivo o negativo, che a seguito di sua ponderazione l’Amministrazione emana, la posizione soggettiva del datore di lavoro, per legge legittimato a proporre la domanda di integrazione salariale (art. 7 della legge 20 maggio 1975, n. 164), non può che essere di interesse legittimo.

Ne consegue che il datore di lavoro, così come è legittimato a ricorrere in sede amministrativa, è, altresì, legittimato a ricorrere in sede giurisdizionale avverso il provvedimento negativo.

La S.e.l. infatti agisce nella sua qualità di datore di lavoro, palesemente interessato all’ammissione dei propri dipendenti alla integrazione salariale ordinaria, in quanto il provvedimento favorevole di integrazione salariale ha natura "latu sensu" concessoria con effetti costitutivi nel senso che, per effetto della sua adozione, si producono modificazioni sul piano del rapporto di lavoro con il sorgere del rapporto previdenziale ed il conseguente rimborso delle somme erogate dall’imprenditore ai propri dipendenti per le ore non lavorate.

2.- Nel merito, con l’unico motivo di gravame, la ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della L. 20 maggio 1975 n. 164, si duole che l’amministrazione non abbia considerato il maltempo come "evento oggettivamente non evitabile" ed abbia omesso di considerare che l’attività della S.e.l. si espletava nel settore dell’impiantistica di reti e tubazioni elettriche e telefoniche (in appalto da Enel e Telecom) "attraverso la posa di cavi" ed "esclusivamente a cielo aperto".

Riferisce, peraltro, la S.e.l., nel ricorso, di essere stata impossibilitata ad impiegare i propri dipendenti in lavori alternativi, quali le attività di amministrazione e magazzinaggio, già svolte da altri impiegati.

Di qui l’erroneità ed arbitrarietà dell’interpretazione dell’I.n.p.s., fondata sulla presunzione che per le imprese non edili l’imprenditore abbia una possibilità alternativa di impiego dei lavoratori.

La ricorrente aggiunge che, se è vero che il maltempo verificatosi nel periodo indicato nell’istanza non rivestiva il carattere della eccezionalità, è anche vero che esso non era comunque evitabile o prevedibile nella sua portata né dipendente dalla volontà dell’imprenditore.

3.- Il ricorso così come prospettato è infondato.

3.1.- La disamina della controversia involge l’interpretazione della disposizione di cui all’ultimo comma dell’art. 6 della L. 20 maggio 1975 n. 164, il quale stabilisce che le limitazioni temporali- previste nei commi 3 e 4 dello stesso articolo 6- per la fruizione dell’integrazione salariale ordinaria "non si applicano nei casi d’intervento determinato da eventi oggettivamente non evitabili".

L’integrazione salariale ordinaria per le imprese industriali è prevista all’art. 1, comma 1, n.1), della legge n. 164 del 1975, quando gli operai siano sospesi dal lavoro o effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto, nei seguenti casi:

a) per situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o agli operai;

b) ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato.

La durata dell’integrazione salariale ordinaria è disciplinata dall’art. 6 della L. 20 maggio 1975 n. 164, il quale prevede che essa: "è corrisposta fino ad un periodo massimo di 3 mesi continuativi; in casi eccezionali detto periodo può essere prorogato trimestralmente fino ad un massimo complessivo di 12 mesi".

L’art. 6 cit., ai commi 3 e 4, prevede poi che: "Qualora l’impresa abbia fruito di 12 mesi consecutivi di integrazione salariale, una nuova domanda può essere proposta per la medesima unità produttiva per la quale l’integrazione è stata concessa, quando sia trascorso un periodo di almeno 52 settimane di normale attività lavorativa.

L’integrazione salariale relativa a più periodi non consecutivi non può superare complessivamente la durata di 12 mesi in un biennio".

Infine, l’art. 6 cit. al comma 5, esclude, infine, l’applicabilità delle disposizioni di cui al terzo e quarto comma "nei casi d’intervento determinato da eventi oggettivamente non evitabili".

Ciò premesso, il provvedimento impugnato ha negato all’impresa odierna ricorrente la fruizione dell’integrazione salariale per il mancato rispetto del limite temporale imposto dall’art. 6, comma 3, della legge n. 164 del 1975 e per l’impossibilità di considerare le avversità atmosferiche denunziate quali eventi di forza maggiore ovvero quali eventi oggettivamente non evitabili, tali da giustificare la deroga all’applicazione del limite temporale imposto dal legislatore per l’accoglimento di una nuova domanda di integrazione salariale.

In altre parole, l’amministrazione ha ritenuto che la pioggia, la neve e il fango non potessero essere considerati "eventi oggettivamente non evitabili".

3.2.Ad avviso del Collegio, l’amministrazione ha correttamente escluso gli eventi atmosferici denunziati nel novero di quegli eventi oggettivamente non evitabili, posto che il presupposto della inevitabilità va valutato in relazione alla estraneità di tali accadimenti dalla sfera di controllo e di prevedibilità dell’imprenditore.

Tale interpretazione dell’amministrazione previdenziale si conforma alla giurisprudenza civile di legittimità, che ha ritenuto che l’ "evento oggettivamente non evitabile", cui si riferisce il legislatore nella legge n.164 del 1975, coincida con la forza maggiore, intesa come fatto estraneo ed indipendente rispetto a qualunque intervento del datore di lavoro (Cassazione civile, sez. un., 20 giugno 1987, n. 5456, ma anche Cass. sentenze n. 862 e n. 864 del 1985, con riferimento all’interpretazione dell’art. 12 della L. 20 maggio 1975 n. 164, il quale, con espressione identica a quella prevista dall’art. 6, ult. comma, della medesima legge, stabilisce che il contributo addizionale previsto a carico delle imprese usufruenti per i propri dipendenti del trattamento di integrazione salariale non si applica nei casi d’intervento determinato da "eventi oggettivamente non evitabili").

3.3.- Chiarita la nozione di "evento oggettivamente non evitabile" quale "forza maggiore", occorre aggiungere che un’interpretazione logica e coordinata della legge n.164 del 1975 non consente di condividere la tesi prospettata dalla ricorrente, secondo la quale il maltempo costituirebbe sempre un evento oggettivamente non evitabile, tale da giustificare l’integrazione salariale di cui all’ultimo comma dell’art. 6 citato.

Se infatti uno dei presupposti per l’ammissione al beneficio dell’integrazione salariale ordinaria previsti dall’art. 1, n. 1) della legge n. 164 del 1975 è quello del verificarsi di eventi transitori "non imputabili all’imprenditore o agli operai", la deroga all’applicazione dei sopra citati limiti temporali per la fruizione dell’integrazione salariale prevista in caso di "evento oggettivamente non evitabile" deve logicamente fondarsi su presupposti diversi da quello della mera non imputabilità dell’evento in capo all’imprenditore.

Ne consegue che, mentre per la concessione del trattamento d’integrazione salariale ordinaria è sufficiente che l’imprenditore provi di aver usato l’ordinaria diligenza onde evitare la temporanea situazione aziendale comportante la sospensione del lavoro, al fine di avvalersi della deroga legislativa per l’applicazione limiti temporali imposti per la fruizione del beneficio in questione l’imprenditore deve provare, invece, che la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro siano state determinate da un evento costituente forza maggiore.

Seguendo, invece, il ragionamento della ricorrente, secondo il quale il legislatore all’art. 6, ultimo comma della L. n. 164 del 1975, avrebbe inteso riferirsi ad ogni evento estraneo all’organizzazione e alle scelte imprenditoriali e indipendente dalla volontà dell’imprenditore, con impossibilità di reazione e di prevedibilità dello stesso, si finirebbe, invero, con l’ancorare la concessione della proroga o del rinnovo della richiesta dell’integrazione salariale agli stessi presupposti previsti per la prima richiesta di concessione dell’integrazione salariale. Il che si tradurrebbe in una "interpretatio abrogans" delle disposizioni contenute nei commi 3 e 4 dell’art. 6 della legge n.164 del 1975 recanti i limiti di durata per la concessione dell’integrazione salariale.

3.4.- Alla luce di tale interpretazione della norma e della giurisprudenziale formatasi sulla nozione di "evento oggettivamente non evitabile" contenuta nella legge n. 164 del 1975, alla quale il Collegio ritiene di non doversi discostare, le intemperie che giustificano la deroga ai limiti temporali per la concessione della integrazione salariale ordinaria, devono necessariamente rivestire i caratteri della natura eccezionale ed esorbitante in considerazione sia dell’entità sia della normale prevedibilità in relazione al periodo delle precipitazioni.

Fermo restando l’imprescindibile onere del datore di lavoro di dimostrare la natura esorbitante ed eccezionale degli eventi atmosferici, l’imprenditore è tenuto, peraltro, a provare l’incidenza degli stessi sulle prestazioni lavorative in relazione all’organizzazione e al tipo di attività espletata dall’impresa.

3.5.- Orbene, nella fattispecie, coerentemente ai principi sopra affermati il provvedimento impugnato ha correttamente fondato il rigetto sulla circostanza che le avversità atmosferiche denunziate presentavano i caratteri della normalità e della prevedibilità e che pertanto non potevano essere considerate quali eventi di forza maggiore.

D’altra parte, l’impresa ricorrente si è limitata ad affermare che la sua attività era prevalentemente svolta "a cielo aperto", senza tuttavia fornire all’amministrazione, neanche in sede di ricorso amministrativo, alcun principio di prova in ordine alla natura eccezionale degli eventi atmosferici.

3.6.- Con ulteriore argomentazione la società ricorrente ha contestato l’ interpretazione dell’ I.N.P.S., ove fondata sul diverso trattamento da accordare, in caso di maltempo, alle imprese industriali rispetto alle imprese edili.

Come risulta dagli atti dell’istruttoria del procedimento e come pure ribadito in giudizio dall’amministrazione intimata, il diniego è fondato sulla considerazione del diverso regime, anche contributivo, del settore industria rispetto a quello edile, in quanto nel primo gli eventi metereologici non possono essere considerati "ex se" come oggettivamente non evitabili.

Tale motivazione, a parere del Collegio, non riveste i denunziati caratteri dell’arbitrarietà, tenuto conto della peculiarità dell’attività delle imprese edili rispetto a quelle industriali, per le quali, come sopra evidenziato, è sempre necessario un accertamento in concreto in ordine alla portata dell’evento atmosferico e alla sua incidenza sull’organizzazione dell’attività lavorativa dell’impresa.

In conclusione, alla luce di tutte le considerazioni sopra svolte, nella specie, è mancata da parte dell’istante la dimostrazione, nel procedimento amministrativo, della natura eccezionale degli eventi atmosferici, il che ha costituito una circostanza sufficiente a determinare il rigetto dell’istanza di ammissione all’integrazione salariale in deroga ai limiti temporali previsti dalla legge, in quanto è stato impedito all’amministrazione di valutare le modalità del verificarsi degli eventi atmosferici denunziati (neve, pioggia, fango) e quindi la loro entità e della lori incidenza sia rispetto alla concreta organizzazione dell’impresa, con un giudizio implicante accertamenti e valutazioni di fatto, precluso in questa sede al giudice amministrativo.

4.Le superiori considerazioni comportano il rigetto del ricorso.

5.- In ragione delle non agevole interpretazione della normativa relativa alla questione trattata, le spese di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *