T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 11-05-2011, n. 259 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

intimato;
Svolgimento del processo

In data 15.10.2003 i ricorrenti presentavano al Comune resistente due istanze di condono edilizio ai sensi dell’art. 32 L. n. 326/2003 e della L.R. n. 18/2004, denunciando di aver costruito sul terreno foglio di mappa n. 107, particella n. 362, sito nella Località AgnaLe Piane del Comune di Matera, un alloggio per prima abitazione, avente una superficie di 70,80 mq. ed un’altezza di 2,80 m. (il ricorrente Sig. P.C.A.), ed un deposito per uso agricolo, avente una superficie di 70,80 mq. ed un’altezza di 4,30 m. alla gronda (il ricorrente Sig. P.T.A.): con l’istanza i ricorrenti specificavano che tali opere edilizie abusive necessitavano soltanto di rifiniture interne, pavimenti, impianti ed infissi esterni.

Con provvedimento prot. n. 8473 del 31.10.2007 (notificato ad entrambi i ricorrenti il 6.11.2007) il Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Matera respingeva formalmente la predetta istanza di condono edilizio, in quanto:

1) i muri di tompagno delle costruzioni abusive non erano stati completamente realizzati, come previsto dall’art. 31, comma 2, L. n. 47/1985;

2) dalla documentazione allegata alle due istanze di sanatoria presentate non apparivano "definite e distintamente individuate le superfici e la consistenza delle opere riguardanti i due abusi denunciati", "tale da giustificare la presentazione di due domande di condono edilizio", "rappresentati invece da un unico manufatto edilizio comunque incompleto e quindi non ultimato ai sensi dell’art. 31, comma 2, L. n. 47/1985";

3) l’art. 32, comma 27, lett. d), L. n. 326/2003 impediva la condonabilità e/o sanatoria delle predette opere edilizie abusive, da un lato perchè l’immobile di cui è causa ricadeva nell’area "soggetta a vincolo di tutela del Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano, istituito con Leggi regionali n. 11/1990 e n. 28/1994"; dall’altro lato perche tali opere edilizie abusive erano difformi dalla legislazione urbanistica e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici e/o paesistici vigenti alla data del 31.3.2003, che non consentivano l’edificazione.;

4) con specifico riferimento all’alloggio per prima abitazione, avente una superficie di 70,80 mq. ed un’altezza di 2,80 m. (denunciato dal ricorrente Sig. P.C.A.), veniva rilevato che non era stato "realizzato il solaio di copertura a quota 2,80 m.";

5) con specifico riferimento al deposito per uso agricolo, avente una superficie di 70,80 mq. ed un’altezza di 4,30 m. alla gronda (denunciato dal ricorrente Sig. P.T.A.), veniva rilevato che in occasione di un sopralluogo, effettuato il 23.11.1994 da un Tecnico comunale e da un Vigile urbano, era stato accertato che l’altezza del fabbricato in commento era di 4,50 m. e non di 4,30 m., come dichiarato nella domanda di condono.

Tale diniego è stato impugnato con il presente ricorso (notificato il 5/7.1.2008), deducendo la violazione dell’art. 31, comma 2, L. n. 47/1985, dell’art. 32, comma 27, lett. d), L. n. 326/2003, della L.R. n. 18/2004, l’eccesso di potere per perplessità dell’azione amministrativa, malgoverno dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione e contraddittorietà (è stato allegato al ricorso anche un nulla osta paesistica, rilasciato il 5.11.1998 dal Soprintendente per i Beni Ambientali ed Architettonici di Matera, per la realizzazione nel medesimo terreno foglio di mappa n. 107, particella n. 362, di una struttura metallica con copertura autoportante: ma tale costruzione abusiva non è quella, oggetto della presente controversia).

Con Ordinanze nn. 167 e 169 del 5.6.2008 (notificate ai ricorrenti il 13.6.2008) il Dirigente del Settore Urbanistica del Comune resistente ai sensi dell’art. 31 DPR n. 380/2001 ingiungeva ai ricorrenti la demolizione con il conseguente ripristino dello stato dei luoghi, entro e non oltre 90 giorni dalla notifica di tali Ordinanze (con l’espressa avvertenza che, in caso di inottemperanza, sarebbero state attivate "le procedure previste per legge"), rispettivamente del predetto alloggio per prima abitazione, avente una superficie di 70,80 mq. ed un’altezza di 2,80 m., e del suddetto deposito per uso agricolo, avente una superficie di 70,80 mq. ed un’altezza di 4,30 m.;

Le Ordinanze di demolizione sono state impugnate con atto di motivi aggiunti (notificato il 16.9.2008), deducendo le stesse censure, già articolate con il ricorso principale;

si è costituito in giudizio il Comune resistente, il quale ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.

All’Udienza Pubblica del 7.4.2011 il ricorso in epigrafe passava in decisione.
Motivi della decisione

Sia il ricorso principale che l’atto di motivi aggiunti risultano infondati e pertanto vanno respinti.

Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti hanno dedotto la violazione dell’art. 31, comma 2, L. n. 47/1985, in quanto le opere edilizie abusive realizzate risultavano sfornite soltanto degli infissi esterni.

La censura risulta destituita di fondamento in fatto, in quanto dai 7 rilievi fotografici, depositati in giudizio dal Comune di Matera, risulta che i muri di tompagno delle costruzioni abusive di cui è causa non erano stati completamente realizzati

Al riguardo va richiamato il prevalente e condivisibile orientamento giurisprudenziale (cfr. C.d.S. Sez. V Sent. n. 627 del 6.7.1992; TAR Reggio Calabria Sent. n. 1955 del 9.12.2002), secondo cui l’art. 31, comma 2, L. n. 47/1985, nella parte in cui statuisce che "si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura", va interpretato nel senso che vi deve essere continuità tra i muri perimetrali e la copertura e devono essere state realizzate tutte le parti strutturali essenziali, come le fondazioni, le strutture portanti, i solai e le tamponature esterne, che determinano l’isolamento dell’immobile dalle intemperie e definiscono la volumetria dell’intero immobile.

Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti hanno dedotto la violazione dell’art. 32, comma 27, lett. d), L. n. 326/2003 e della L.R. n. 18/2004, in quanto: 1) l’art. 32, comma 27, lett. d), L. n. 326/2003 va interpretato nel senso che i vincoli indicati da tale norma sono solo quelli che gravano direttamente sul manufatto abusivamente realizzato e non anche quelli imposti sull’area in cui sorge il fabbricato abusivo, tenuto conto: a) del tenore letterale di tale norma (opere abusive, "realizzate su immobili soggetti a vincoli"); b) della circostanza che la norma in commento e l’unica disposizione dell’art. 32 L. n. 326/2003, dove, riferendosi ai vincoli, viene impiegato il termine "immobile", anzicchè quello di area; c) dell’ulteriore circostanza che all’inizio il comma 27 dell’art. 32 L. n. 326/2003 fa salvi gli artt. 32 e 33 L. n. 47/1985, che fa presumere che la norma in esame si pone in rapporto di specialità rispetto ai predetti artt. 32 e 33 L. n. 47/1985, "differenziandosene proprio per la diversa localizzazione del vincolo"; 2) la L.R. n. 18/2004 non aveva integrato il suddetto art. 32, comma 27, lett. d), L. n. 326/2003.

Tale interpretazione dell’art. 32, comma 27, lett. d), L. n. 326/2003 non può assolutamente ritenersi condivisibile, in quanto il termine "immobili", contenuto nella lett. d) del comma 27 dell’art. 32 L. n. 326/2003, non si riferisce soltanto agli edifici vincolati, ma è anche un sinonimo di area, poiché diversamente la norma in commento impedirebbe la sanatoria soltanto degli abusi commessi sugli edifici vincolati dal punto di vista storicoartistico e non anche quella degli abusi commessi sulle aree vincolate dal punto di vista paesaggistico ambientale e costituirebbe una duplicazione dell’altro caso di insuscettibilità di sanatoria, previsto dalla successiva lett. e) dello stesso art. 32, comma 27, lett. d), L. n. 326/2003. Inoltre, va sottolineato che ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2, comma 1, lett. c), e 3, comma 1, lett. d), L.R. n. 18/2004 "non possono formare oggetto di sanatoria le opere abusive, rientranti tra le tipologie di cui all’Allegato n. 1 del D.L. n. 269/2003 conv. nella L. n. 326/2003, che siano state eseguite su immobili sottoposti a vincoli di tutela ex D.lg.vo n. 42/2004 e siano difformi a dalla legislazione urbanistica e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici e/o paesistici vigenti alla data del 31.3.2003".

Pertanto, dalla combinata lettura dei commi 26 e 27 dell’art. 32 L. n. 326/2003 e dal rinvio alle ipotesi di esclusione di sanatoria, previste dagli artt. 32 e 33 L. n. 47/1985 (come sostituiti dalla medesima L. n. 326/2003), si desume il principio che nelle zone vincolate sono sanabili esclusivamente le tipologie di abuso, riconducibili ai nn. 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 alla L. n. 326/2003 (precisamente manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, previo parere favorevole dell’Autorità preposta al vincolo), mentre le altre tipologie di abuso nelle aree vincolate sono sanabili, a condizione che: a) le opere sono state realizzate prima dell’imposizione del vincolo; b) siano sostanzialmente conformi agli strumenti urbanistici; c) le difformità consistano esclusivamente in quelle analiticamente indicate dall’art. 32 L. n. 47/1985 e successive modificazioni ed integrazioni.

A quanto sopra consegue la reiezione del ricorso in esame.

Ai sensi degli artt. 91 e 92, comma 2, C.P.C. i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna i ricorrenti al pagamento in favore del Comune di Matera delle spese di giudizio, che vengono liquidate in complessivi 2.000,00 Euro, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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