T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 11-05-2011, n. 2623 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- A mezzo del ricorso in esame, notificato il 26 ottobre 2010 e depositato il successivo giorno 28 dello stesso mese, il sig. G.S., nella qualità di amministratore unico della società "S. s.r.l.", si duole del provvedimento del Comune di Pozzuoli, n. 37060 datato 20 ottobre 2010, recante l’ordine, ex art. 27 del d.P.R. 380 del 2001, "di demolire tutte le opere contestate come descritte in premessa" realizzate "senza il prescritto permesso di costruire e per ciò abusive" alla via Monteruscello, n. 2, del territorio comunale, sottoposto a vincolo paesaggistico "con d.m. del 12 settembre 1957".

Le opere di che trattasi sono così descritte nella premessa dell’atto: "realizzazione di un manufatto costituito da piano terra e primo piano di dimensioni circa mt. 7,00 x mt. 8,00 x h mt. 6,50 circa dal piano campagna, con scala esterna in ferro che porta dal piano terra al primo piano. Si precisa che per tali opere è stata presentata D.I.A. in data 5 agosto 2004, prot. 30779"; lo stesso ha a dichiarato presupposto sia la denuncia del comando dei vigili urbani del 15 dicembre 2004 che gli "ulteriori accertamenti eseguiti da personale tecnico da cui si evince che i lavori eseguiti non corrispondono con quelli descritti nei grafici e nella relazione tecnica asseverata allegati alla DIA innanzi menzionata, in quanto in sito non esiste più il manufatto preesistente, ma un nuovo corpo di fabbrica".

2- Parte ricorrente in primo luogo espone che:

– "il manufatto, sviluppantesi su due livelli, piani terra e primo, di 56 mq. ciascuno a piano" è stato da essa società acquistato "con atto di compravendita del 9 settembre 2004", in una al restante compendio industriale (al capannone di mq. 195 ed all’area scoperta di mq. 750) di cui lo stesso manufatto faceva parte;

– come risulta anche dall’atto notarile di compravendita, "il corpo di fabbrica in questione è stato edificato sulla scorta della licenza edilizia rilasciata dal Comune di Pozzuoli in data 8 novembre 1965, n. 110";

– nell’agosto del 2004, in qualità di promissario acquirente, aveva presentato al Comune di Pozzuoli la denuncia di inizio attività per l’esecuzione di interventi sull’immobile di che trattasi;

in sede di esecuzione dei lavori, aveva effettuato solo un illegittimo riposizionamento delle finestre, cui aveva in seguito posto riparo ripristinando lo stato dei luoghi, come accertato nella sede penale ove, a seguito di detto ripristino, ovvero dell’eliminazione dell’unico intervento difforme dalla dia, aveva ottenuto il dissequestro dell’immobile e l’archiviazione del procedimento penale;

– la preesistenza del corpo di fabbrica, avente la descritta struttura di due piani fuori terra, è confermata anche dalla scheda di "valutazione dell’immobile" redatta nel 2004 dall’Agenzia del Territorio – Ufficio provinciale di Napoli – Settore Servizi Tecnici.

2a- Ciò premesso, sempre nell’esposizione in fatto, parte ricorrente:

– stigmatizza l’errore in cui sarebbe incorso il dirigente "che, nel provvedimento qui gravato, intende demolire il corpo di fabbrica di 56 mq. a piano, in quanto lo ritiene abusivo, mentre lo stesso è stato costruito in virtù di licenza edilizia del 1965";

– afferma che la preesistenza del titolo abilitativo era stata espressamente evidenziata al Comune in data 23 marzo 2005 per tramite del proprio legale, in sede di riscontro alla nota del Comune prot. n. 3624 del 25 gennaio 2005, recante l’avviso di avvio del procedimento sanzionatorio;

– denuncia, infine, che lo stesso dirigente "ha ordinato la demolizione di tutto il corpo di fabbrica senza valutare le note di riscontro del 23.3.2005, senza considerare la presenza della concessione edilizia n. 110 del 8.11.1965, senza valutare che le uniche opere abusive erano state ripristinate".

3- Tale denuncia è stata poi ripartita in più motivi di ricorso, volti a dar partito conto delle illegittimità procedurali e sostanziali in cui l’amministrazione sarebbe incorsa, in violazione e falsa applicazione delle ll. 241 del 1990 e 47 del 1985, del d.P.R. 380 del 2001 ed in eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, erroneità dei presupposti di diritto e di fatto, violazione del giusto procedimento, omessa ponderazione della situazione contemplata anche in riferimento all’archiviazione conseguita in sede penale dopo il ripristino delle finestre, indeterminatezza dell’oggetto, travisamento, omessa comparazione fra interesse pubblico e privato, ingiustizia manifesta, contraddittorietà, violazione del principio di affidamento.

A supporto delle proprie deduzioni e conclusioni la ripetuta parte ricorrente ha depositato, in una ai relativi allegati, relazione giurata del 16 novembre 2010 che afferma come, all’esito "della comparazione fra il rilievo aerofotografico del 15 luglio 2004 ed il rilievo effettuato tramite Google maps satellitare del 13 novembre 2010, del sopralluogo effettuato e delle misurazioni eseguite", emerge "con assoluta certezza che il corpo di fabbrica è rimasto inalterato sotto il profilo planovolumetrico".

4- In data 20 novembre 2010 il Comune di Pozzuoli si è costituito in giudizio a sostegno del proprio operato del quale ha sostenuto la legittimità:

– stante "il totale contrasto tra quanto eseguito e quello indicato nei grafici e nella relazione tecnica allegati alla DIA";

– avuto conto che "il manufatto oggi esistente è un nuovo corpo di fabbrica e non quello preesistente di cui alla vecchia licenza edilizia del 1965";

– poiché "tale ricostruzione non risulta mai autorizzata, né sotto il profilo urbanistico, né sotto quello ambientale".

5- Con decreto presidenziale n. 2155 del 28 ottobre 2010 e, di poi, con ordinanza collegiale n. 2300 del 24 novembre 2010 è stato concesso ingresso alla tutela cautelare invocata ex latere attoreo, nella considerazione (contenuta nel provvedimento collegiale) che, allo stato, talune doglianze attoree ed i contenuti della perizia non risultavano adeguatamente contrastati.

6- In vista dell’odierna definizione del merito, in data 30 marzo 2011, il Comune di Pozzuoli ha depositato, in una ad annessa documentazione fotografica, due relazioni formate dal tecnico comunale: l’una nel corso del procedimento amministrativo e l’altra nella qualità di ausiliario di P.G. su delega del sostituto procuratore della Repubblica procedente in sede penale.

6a- In data 29 aprile 2011 parte ricorrente ha prodotto memoria conclusionale.

7- Alla pubblica udienza del 4 maggio 2011 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione, presenti i procuratori delle parti che hanno insistito sulle rispettive conclusioni, previamente dichiarando a verbale di non opporsi ai rispettivi depositi tardivi (della documentazione da parte dell’amministrazione e della memoria da parte del ricorrente).

8- Orbene, come di seguito sarà dimostrato, la documentazione versata in atti dal Comune, come ricordato innanzi costituente testuale presupposto dell’ordine di demolizione, si appalesa idonea a sorreggere utilmente l’ordine: lo si ripete, afferente ad un intervento non corrispondente a quello descritto nella Dia "in quanto non esiste più il manufatto preesistente, ma un nuovo corpo di fabbrica", realizzato in un territorio sottoposto a vincolo paesaggistico con d. m. del 12 settembre 195 ed impartito espressamente ex art. 27 del d.P.R. 380 del 2001 che detta sanzione impone di irrogare in presenza di opere realizzate senza titoli idonei in zone vincolate.

Ed invero, a fronte di una denuncia di inizio attività ai cui sensi l’immobile abbisognava "di lavori di manutenzione ordinaria, nonché di ridistribuzione degli spazi interni per una migliore funzionalità", gli accertamenti tecnici effettuati nel novembre del 2004 e nel marzo del 2005, i secondi su delega di indagine da parte del sostituto procuratore della Repubblica procedente in sede penale:

– qualificano l’intervento come "ristrutturazione edilizia comprensiva di demolizione e ricostruzione delle pareti e dei solai con variazioni prospettiche";

– dopo aver dato atto che dalla documentazione fotografica e grafica allegata alla Dia non si ricavava "lo stato di fatto del piano terra" presentato in pianta come "interamente tompagnato", chiariscono come invece "dalle xerocopie delle planimetrie catastali si ricava che il piano terra è totalmente scoperto (a mò di porticato), senza alcuna tompagnatura perimetrale e senza indicazione dell’altezza interna";

– dettagliano le singole lavorazioni intervenute e non previste nella Dia, fra cui, per quanto più rilevano: un aumento della superficie utile al primo piano pari a mq. 3 con conseguente aumento di volumetria; l’aumento della superficie utile al piano terra, pari a 56 mq, con conseguente aumento di volumetria (per effetto della chiusura del porticato); varie variazioni prospettiche con spostamenti dei vani finestre.

Da qui (e dalla altra serie di interventi che per brevità si omettono) la ripetuta conclusione, avvalorata dalla documentazione fotografica allegata all’accertamento realizzato per conto della Procura della Repubblica, che "in sito non esiste più il manufatto preesistente, ma un nuovo corpo di fabbrica", peraltro realizzato "senza il deposito dei calcoli statici, così come previsto dagli artt. 93 e 94 del T.U. n. 30 del 2001".

9- Parte ricorrente già nell’atto introduttivo del giudizio e, di poi, in seno alla memoria conclusionale, si oppone a siffatte conclusioni ed alle conseguenze sazionatorie (demolizione) che ne scaturiscono con una serie di assunti che non possono trovare ingresso per i motivi di seguito elencati, abbisognando l’intervento realizzato del permesso di costruire, ovvero di una Dia pesante, alternativa ad esso ex art. 22, comma 3, del d.P.R. 380 del 2001, nonché, aggiungasi, della previa autorizzazione paesaggistica.

9a- In primo luogo, i "verbali con i quali i tecnici comunali od agenti di polizia municipale accertano abusi edilizi sono atti dotati di fede privilegiata nel senso che fanno fede dei fatti accertati fino a querela di falso" (Cons. Stato, sezione quinta, 3 novembre 2010, n. 7770, Tar Campania, questa sesta sezione, 28 aprile 2011, n. 2381; 30 marzo 2011, n. 1856; Tar Liguria, Genova, sez. I, 28 gennaio 2011, n. 169), a ciò aggiungendosi che, nella fattispecie che ne occupa, il secondo verbale, contenente le affermazioni in fatto sopra virgolettate, è stato redatto dal tecnico quale delegato di indagini ex art. 370 c.p.p.

9b- Dalle fotografie allegate allo stesso verbale risulta visivo che si è in presenza di una ricostruzione totale dell’intero immobile, ancora allo stato grezzo e con impalcature esterne ancora in sito all’atto della redazione del verbale.

9c- Al contrario, la documentazione fotografica depositata ex latere attoreo in allegato alla memoria conclusionale, è relativa al solo primo piano, del quale solo mostra il "prima" ed il "dopo", né può esser fatto utile leva sui rilievi aerofotografici versati in atti, dai quali non è dato ricavare la totale chiusura del piano terra.

9d- Ciò fermo, le stesse perizie di parte attorea ammettono in ogni caso che si è reso necessario un intervento più consistente del tipo "cuci e scuci" delle tompagnature esterne, oltre che difformità legate "allo spostamento ed al lieve allargamento di alcune finestre".

9e- L’indicazione nel contratto di acquisto che lo stesso interessava, per quanto qui rileva, "un corpo di fabbrica sviluppantesi su due livelli, piani terra e primo, della superficie di 56 mq. ciascuno, il cui primo piano era adibito ad abitazione del custode" non ha quella forza probante che parte ricorrente intende assegnargli, posto che non è in discussione l’esistenza della superficie al piano terra, ma la sua preesistenza come volume chiuso e, in ogni caso, la sua legittima preesistenza.

9f- Alle stesse conclusioni si perviene rispetto alla scheda di "Valutazione immobile" redatta dall’Agenzia del territorio nella premessa che "con elaborato DOCFA n. 17092 del 29.6.2004 è stata predisposta la soppressione dell’unità del foglio 6, part. 162 e la costituzione delle unità in oggetto, con causale divisione".

Da esso si trae che l’unità qui in discorso è costituita "da un piccolo edificio a pianta quadrata, di due piani fuori terra…; il piano terra è costituito da un unico ambiente utilizzabile come laboratorio, mentre il piano primo è destinato ad uffici".

Il che, anche qui, non comprova la chiusura del piano terra (avuto anche conto dell’uso del condizionale per dichiararne l’uso) fermo che la c. detta procedura Docfa, prevista dal d.m. 19 aprile 1994 n. 701, ha a valere ai fini del classamento degli immobili per la determinazione delle imposte e si fonda sull’apporto partecipativo del privato e cioè sulle dichiarazioni del caso che, egli, rende, senza che queste (o, addirittura, l’interpretazione che ne viene offerta) possano essere imputate all’amministrazione pubblica e invocate a comprova in procedimenti aventi diversa natura avuto al riguardo conto che, ai sensi dell’art. 2 del decreto, "le dichiarazioni, di cui al comma 1, ad eccezione di quelle finalizzate ai procedimenti amministrativi iniziati d’ufficio, sono sottoscritte da uno dei soggetti che ha la titolarità di diritti reali sui beni denunciati e dal tecnico redattore degli atti grafici di cui sia prevista l’allegazione e contengono dati e notizie tali da consentire l’iscrizione in catasto con attribuzione di rendita catastale, senza visita di sopralluogo".

9g- Del resto, parte ricorrente, che pur fa risalire la legittima esistenza del manufatto nella consistenza ripetuta, alla concessione edilizia n. 110 del 8 novembre 1965, non ha assolto all’onere, su di essa gravante, di replicare alla contestazione precisa dell’amministrazione sulla difformità anche rispetto a detta concessione, come sarebbe stato possibile mediante produzione -o anche semplice, ma espresso richiamo alla circostanza, che avrebbe potuto attivare i poteri istruttori del Tribunale- della (alla) documentazione all’epoca prodotta per conseguire il titolo e sulla cui scorta lo stesso venne rilasciato.

9h- Né, infine, può assumere rilievo "la circostanza fondamentale" sulla quale insiste la parte ricorrente, ovvero l’asserita valutazione fatta delle opere realizzate in sede penale, ove il relativo procedimento sarebbe stato archiviato, ancorchè in presenza della relazione predisposta dal tecnico accertatore di cui innanzi tenuto conto dell’avvenuto ripristino dei vani luce, unico intervento difforme dalla dia.

Sul punto, va in primo luogo precisato come in atti non sia stato versato alcun decreto di archiviazione del procedimento penale, ma solo di "dissequestro e restituzione delle opere" all’esito del ripristino del "riposizionamento delle finestre".

Ciò chiarito, va comunque ribadita l’autonomia tra i profili penali e quelli amministrativi (Tar Campania, questa sesta sezione, n. 1977 del 7 aprile 2011) e va precisato come questo giudice non sia affatto vincolato alle "valutazioni" effettuate nella sede penale, potendosi solo parlare di vincoli rispetto all’accertamento dei fatti consacrati da una pronuncia penale divenuta cosa giudicata.

Il che, nella fattispecie in ogni caso non sarebbe dato, posto che "il decreto di impromuovibilità dell’azione penale (adottato ai sensi dell’art. 408 e ss. c.p.p.) non impedisce che lo stesso fatto venga diversamente definito, valutato e qualificato dal giudice civile, stante il principio dell’indipendenza delle azioni penale e civile introdotto con la riforma del rito penale, poiché, a differenza della sentenza, la quale presuppone un processo, il provvedimento di archiviazione ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo a preclusioni di alcun genere, nè ha gli effetti caratteristici della cosa giudicata" (Cass. civile, sez. III, 21 ottobre 2005, n. 20355).

10- Le precisazioni e valutazioni fin qui compiute appaiono al Collegio del tutto sufficienti a consentire di riannodare le fila per concludere, come già anticipato innanzi (punto 9) per la legittimità dell’intervento sanzionatorio, quale disposto dall’amministrazione nelle condizioni date, ovvero nell’accertata ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 27 d.P.R. 380 del 2001, di cui è stata fatta corretta applicazione.

11- Ed invero, le stesse (precisazioni e valutazioni) sostanziano le ragioni delle necessitata reiezione dei singoli mezzi di impugnazione proposti, risultando del tutto sufficienti a negare ingresso alle denunce di:

– omessa ponderazione della situazione contemplata, nell’assunto della preesistenza del piano terra e del primo piano "nelle identiche condizioni", e quindi di disapplicazione, da parte dell’amministrazione, della concessione edilizia n. 110 del 1965 (primo mezzo);

– mancata valutazione della circostanza che si era in presenza di realizzazione di opere modeste non valutabili in termini di superfici e di volumi, eseguite in conformità alla Dia, del tutto sufficiente alla bisogna (secondo mezzo);

– carenza descrittiva dei presupposti giustificativi della sanzione, irrogata in assenza di lavori edili abusivi, come comprovato dai provvedimenti assunti nella sede penale (terzo mezzo);

– violazione dell’art. 34 del d.P.R. 380 del 2001, in presenza di lavorazioni solo parzialmente difformi dalla Dia (riposizionamento delle finestre) essendosi il Comune limitato "ad affermare che esiste un nuovo manufatto, senza indicare gli ulteriori accertamenti dai quali si sarebbe rilevata la modifica del manufatto, allorquando, in questa sede, si è ampiamente provato che il corpo di fabbrica, di mq. 56 a piano, è rimasto inalterato"; (quarto mezzo);

– indeterminatezza dell’oggetto, in assenza di lavori di trasformazione del corpo di fabbrica (quinto mezzo);

– omessa valutazione delle osservazioni formulate in seno al procedimento e sopravvenienza del provvedimento a distanza di sei anni dalla contestazione, in dispregio dell’affidamento ingenerato e dell’indicazione delle ragioni che si frapponevano al mantenimento ed alla conservazione dell’immobile, di cui al sesto, settimo ed ottavo mezzo, cui è agevole replicare rinviando alla giurisprudenza del giudice amministrativo di primo e di secondo grado, che -in presenza delle condizioni di fatto e di diritto similari a quelle qui date- nega ingresso a siffatte denunce, assumendo, per quanto in particolare al preteso affidamento, la doverosità della sanzione, non evitabile non potendo ammettersi "l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare" (cfr., per tutte, fra le ultime, Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza n. 2383 del 28 aprile 2011 che richiama, nel suo seno, Cons. Stato, sezione quinta, sentenza 7 aprile 2011, n. 2159; Cons. Stato, sempre sezione quinta, 11 gennaio 2011. n. 79; Cons. Stato, sezione quarta, 31 agosto 2010, n. 3955; Tar Lazio, Roma, sezione prima, 5 gennaio 2011, n. 15; Tar Lazio, Roma, sezione seconda, 6 dicembre 2010, n. 35404; Tar Campania, sezione ottava, 5 gennaio 2011, n. 4; Tar Puglia, Lecce, sezione terza, 9 febbraio 2011, n. 240).

Peraltro – è il caso di aggiungere non ignorando il Collegio l’esistenza di pronunce che, a fronte di situazioni peculiari, risalenti molto indietro negli anni e connotate dall’inerzia dell’amministrazione, hanno diversamente concluso- alcun affidamento può dirsi maturato nella fattispecie data, avuto conto che, ancorchè detto profilo non sia stato fatto oggetto di puntuale disamina in questa sede non essendo stato evocato da nessuna delle parti, dalla documentazione depositata si trae che "in data 1^ ottobre 2004 il dirigente sospendeva la pratica a tutti gli effetti…." (così in seno alla relazione del tecnico del 23 novembre 2004, n. 2105).

E si trae anche che parte ricorrente ha partecipato al procedimento, del cui avvio era stato edotta, senza che possa sostenersi che l’amministrazione non abbia valutato le osservazioni nel suo seno formulate, posto che la considerazione dell’esistenza di "ulteriori accertamenti", rispetto a quelli eseguiti nel dicembre del 2004, segue nella parte motiva l’indicazione dell’inoltro dell’avviso; il che si appalesa del tutto sufficiente alla bisogna, senza necessità di una reiezione espressa e testuale dei loro contenuti, stante la esternata conclusione del procedimento.

12- In definitiva, il ricorso è infondato e va, siccome tale, respinto.

12a- Alla luce di alcuni tratti peculiari della vicenda sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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