T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 11-05-2011, n. 2621Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- A mezzo dell’atto introduttivo del ricorso, notificato il 5 novembre 2009 e depositato il successivo giorno 27 dello stesso mese, la sig. ra M.K. si duole, in una agli atti presupposti, di due distinte ordinanze, entrambe emesse il 7 settembre 2009, rispettivamente, sub n. 94 e sub n. 95, con le quali viene ingiunta la demolizione delle diverse opere realizzate abusivamente, quali negli atti stessi indicate.

Il gravame è affidato ad otto mezzo di impugnazione volti a denunciare plurime violazioni di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili. Di essi sarà dato conto in appresso.

2- Con atto recante motivi aggiunti, notificato il 6 dicembre 2010 e depositato il 4 gennaio 2011, la medesima ricorrente ha impugnato, in una al presupposto verbale di accertamento di inottemperanza n. 33 del 12 novembre 2010, l’atto del 12 novembre 2010, cui tramite si è fatto luogo alla dichiarazione della mancata ottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 95 del 7 settembre 2009 e si è disposta la notifica dell’atto, avvenuta il successivo giorno 17 dello stesso mese, a che esso, "costituendo titolo per l’immissione nel possesso dell’opera abusiva realizzata e dell’area di sedime, sia trascritto nei registri immobiliari".

Nella prospettazione attorea, detti atti sopravvenuti -illegittimi in via derivata dall’illegittimità dell’ordinanza n. 95 del 2009 cui solo si riferiscono- sono anche viziati in via autonoma: in quanto la responsabilità degli abusi non era ascrivibile alla K., ma al suo dante causa; poiché ella non avrebbe potuto comunque ottemperare stante il sequestro giudiziario in atto; poiché non indicati i criteri per la determinazione della superficie totale da acquisirsi.

3- Il Comune di Procida, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

4- Con ordinanza collegiale n. 149 del 25 gennaio 2011 si è concesso solo parziale ingresso alla tutela cautelare invocata in seno all’atto recante motivi aggiunti (cancellata dal ruolo delle "sospensive" su istanza della parte ricorrente quella già richiesta per sospendere l’efficacia dei due provvedimenti impugnati tramite l’atto introduttivo del giudizio).

5- Ciò premesso, può proseguirsi partendosi dalla definizione dell’impugnativa proposta a mezzo dell’atto introduttivo del giudizio avverso le due distinte ordinanze suo tramite gravate.

La prima di esse, n. 94 del 7 settembre 2009, ordina di ripristinare lo stato dei luoghi rispetto alle seguenti opere, realizzate senza titolo alla via De Gasperi, n. 6, foglio 13, particella 684, del territorio cittadino e così descritte: "trasformazione al primo piano dell’abitazione di un vano porta in un vano finestra del locale w.c.; chiusura, mediante apposizione di una piccola porta in legno, di un sottoscala ricavandone un piccolo ripostiglio della superficie di circa mq. 1,80; messa in opera, su suolo demaniale, di un palo di ferro a sezione quadrata avente un’altezza di circa mt. 2,20 sul quale è installato un citofono".

La seconda, n. 95 sempre del 7 settembre 2009, ingiunge invece la demolizione delle seguenti opere, realizzate sulla limitrofa particella 685 e consistenti in:

"1) una baracca di legno ad uso deposito attrezzi agricoli, della superficie di mq. 3,75,…. poggiante su di un massetto di calcestruzzo con superficie complessiva di mq. 10,00…;

– 2) a poca distanza dalla baracca, di una pergola in legno occupante una superficie di mq. 13,50, il cui calpestio è costituito da pietra lavica e malta cementizia;

– 3) in uno spazio del giardino prospiciente il fronte mare, di un gazebo in legno occupante anch’esso una superficie di mq. 13,50".

5a- Il dispositivo della prima ordinanza, dopo aver impartito l’ordine, avverte che "in caso di inottemperanza si procederà nei modi e nei termini di cui al d.P.R. n. 380 del 2001 e d.l.vo n. 42 del 2004, previo rigetto dell’istanza di condono edilizio prot. n. 2986 del 1 marzo 1995".

5b- In seno alla seconda l’avvertimento è esteso "all’acquisizione di diritto, gratuita, al patrimonio disponibile del Comune di Procida, degli immobili descritti in narrativa, dell’area di sedime e della superficie di mq. 370 da stralciare dalla particella 685 del foglio 13 previo rigetto dell’istanza di condono edilizio prot. n. 2986 del 1 marzo 1995".

6- Orbene, l’impugnativa dei cennati atti è fondata in riferimento alla "pergola" di cui al punto 2) dell’ordinanza n. 95.

Ed invero, rispetto ad essa è rimasta incontestata l’affermazione attorea in ordine alla sua ricomprensione nell’istanza di condono acquisita al protocollo del Comune di Procida in data 1 marzo 1995, sub n. 2986.

La stessa (ricomprensione) si trae dalla parte dispositiva del provvedimento medesimo, che, dopo aver ingiunto la demolizione delle tre opere in esso indicate, avverte che, in difetto, si sarebbe provveduto "nei modi e termini di cui al d.P.R. 380 del 2001…., previo rigetto dell’istanza di condono edilizio del 1 marzo 1995, n. 2986".

Istanza di condono nel cui seno, per come asserito inequivocamente dalla stessa parte ricorrente, è inserito il solo pergolato e non anche le restanti opere.

Ne deriva la fondatezza del primo mezzo di impugnazione, recante per l’appunto la denuncia che la demolizione del pergolato è stata ordinata illegittimamente, stante la pendenza della domanda di condono ed ancorchè gli stessi agenti accertatori avessero rilevato che "per quanto riguarda il pergolato, lo stesso compare nel rilievo fotografico allegato all’istanza di condono edilizio".

In presenza di siffatta circostanza non può infatti che farsi applicazione della consolidata giurisprudenza ai cui sensi l’amministrazione non poteva sottrarsi all’obbligo di definire la domanda di condono edilizio prima di emanare provvedimenti sanzionatori (ancorchè nelle atipiche forme qui avutesi); ed invero "i provvedimenti repressivi adottati in pendenza di istanza di condono sono illegittimi perché in contrasto con l’art. 38 legge 47/1985 il cui disposto impone all’amministrazione di astenersi, sino alla definizione del procedimento attivato per il rilascio della concessione in sanatoria, da ogni iniziativa repressiva che vanificherebbe a priori il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria" (cfr., ex multis, risalendo nel tempo, Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza 26 agosto 2010, n. 1723, sezione settima, 15 gennaio 2010, n. 241, sezione quarta, 1 settembre 2009, n. 4855 e sezione seconda, n. 8190 del 21 settembre 2006).

7- Rinviando al prosieguo (in sede di definizione dei motivi aggiunti, al cui interno è inserita l’apposita censura) quanto ne deriva rispetto all’acquisizione dell’area di sedime e della restante area indicata dall’amministrazione, alle stesse conclusioni non può pervenirsi rispetto al coacervo delle altre opere contestate.

Ciò per una serie di ragioni concomitanti.

In primo luogo ed in via generale con quanto ne consegue in tema di titoli necessari per la loro esecuzione, l’incidere di tutte le opere indicate nei due provvedimenti su di un territorio assoggettato a vincolo paesaggistico, come a trarsi non solo dai contenuti dei provvedimenti, ma dalle stesse doglianze attoree, a parte poi la messa in opera di una di esse (del palo) su suolo demaniale, come rimasto incontrastato.

7a- Di poi, per quanto in particolare afferisce a quelle ricomprese nell’ordinanza n. 94, il loro incidere su parti -tutte esterne, a quanto è stato dato comprendere- del manufatto per il quale pende l’istanza di condono, con conseguente impossibilità di intervenire senza far ricorso alla speciale procedura prevista dall’art. 35 della l. n. 47 del 1985. Procedura (qui non avutasi ed invece) a seguirsi rigidamente anche per quanto attiene alle modalità di presentazione dell’istanza, sia al fine di conferire certezze in ordine allo stato dei luoghi che ad evitarsi postumi (tentativi di) disconoscimenti della circostanza che, come previsto dalla legge, l’esecuzione delle opere, pur se autorizzate, avviene sotto la propria responsabilità, ovverosia nella piena consapevolezza -resa esplicita dal ricorso espresso alla procedura ex art. 35 cit.- che, sebbene interventi di natura eminentemente conservativa possono essere ammessi, si sta agendo assumendo espressamente a proprio carico rischi e pericoli connessi, cosicché se il condono verrà negato si dovrà demolire anche le migliorie apportate (cfr., fra le ultime, Tar Campania, questa sezione sesta, sentenza n. 1855 del 30 marzo 2011).

In difetto, invero, senza che qui si rinvengano ragioni per una diversa conclusione, la Sezione è ferma nel sostenere che "in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente" (cfr. Tar Campania, Napoli, questa sesta sezione, ex multis, sentenze 30 marzo 2011, n. 1855; 3 dicembre 2010, n. 26788; 5 maggio 2010, n. 2811, 10 febbraio 2010, n. 847 e 28 gennaio 2010, n. 423; negli stessi sensi: sezione seconda, 7 novembre 2008, n. 19372; Cass. penale, sezione terza, 24 ottobre 2008, n. 45070), sicchè non può ammettersi "la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive" (Tar Campania, sempre questa sesta sezione, cfr. ancora 5 maggio 2010, n. 2811 cit. e 9 marzo 2006, n. 2834; e cfr. anche, negli stessi sensi, Tar Campania, Salerno, sez. II, 3 marzo 2011, n. 379), con conseguente "obbligo del Comune di ordinarne la demolizione" (così in particolare le ultime della Sezione sopraindicate, ai cui più ampi contenuti argomentativi può per brevità rinviarsi).

7b- Infine, quanto al deposito e dal gazebo di cui all’ordinanza n. 95, alla luce della sicura trasformazione del territorio da essi operata, stante le loro dimensioni e caratteristiche costruttive, e non potendo gli stessi essere qualificati come "opere meramente manutentive e/o volumi tecnici pertinenziali", ma "interventi di nuova costruzione" abbisognevoli del permesso di costruire (o di dia pesante, nelle condizioni, qui non date, di cui all’art. 22, comma 2, lettere b e c, del d.P.R. 380 del 2001) oltre che dell’autorizzazione paesaggistica.

Ed invero, la qualificazione indicata dalla ricorrente è da escludersi alla luce della pacifica autonomia funzionale già in atto (non solo potenziale) delle opere: non destinate a contenere impianti strettamente e direttamente serventi la costruzione principale e non allocabili al suo interno (così, fra le ultime, Tar Campania, Napoli, questa sesta sezione, sentenze n. 2383 del 28 aprile 2011; n. 1973 del 14 aprile 2010; sezione quarta, 9 settembre 2009, n. 4903).

Il che -la descritta autonomia- integra anche la violazione della normativa urbanistico/edilizia denunciata dall’amministrazione: necessità, nella zona costiera sulla quale le opere insistono, "di un lotto minimo di mq. 10000, inesistente nel caso di specie", come non contestato dalla ricorrente che fa invece leva sulla asserita (ma dal Collegio non riconosciuta) loro natura manutentiva e/o pertinenziale, che escluderebbero l’applicazione della previsione nei loro confronti.

8- Le argomentazioni e conclusioni di cui innanzi impongono la reiezione dei mezzi di impugnazione a seguire il primo.

Ed invero, a fronte di esse non può:

– predicarsi l’indifferenza urbanistica delle opere, realizzabili a mezzo di dia (secondo mezzo);

– sostenersi la non applicabilità della normativa urbanistica in esito alle dimensioni del lotto minimo, ovvero, stante l’accoglimento del primo motivo di ricorso, denunciarsi utilmente l’atipicità del provvedimento per quanto reca l’avvertenza che, in caso di inottemperanza, si sarebbe provveduto a rigettare l’istanza di condono (terzo mezzo);

– farsi leva sulla mancata comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento, per consolidata giurisprudenza non dovuto nelle fattispecie di cui anche qui trattasi (quarto mezzo);

– incidendo le opere abusive sul territorio vincolato, sostenersi che avrebbe dovuto farsi luogo ad una sanzione diversa dalla demolizione, previa adeguata istruttoria in ordine all’entità del pregiudizio al paesaggio ed anche all’eventuale sanabilità delle opere contestate (sesto, settimo ed ottavo mezzo).

In tali sensi la consolidata giurisprudenza della Sezione formatasi su casi similari, alle cui più ampie argomentazioni può per brevità rinviarsi (cfr., sui singoli punti di cui innanzi, fra le ultime, sentenze n. 2382 del 28 aprile 2011 e n. 1855 del 30 marzo 2011, contenenti nel loro seno richiami alla conforme giurisprudenza anche del giudice di appello).

9- In definitiva, come anticipato, l’impugnativa proposta tramite l’atto introduttivo del giudizio è fondata per la sola parte (primo mezzo) che si occupa del pergolato ricompreso nell’istanza di condono.

Ne consegue il suo accoglimento in detti limiti.

10- L’impugnativa degli atti di accertamento ed acquisizione al patrimonio comunale delle opere di cui all’ordinanza n. 95/2009 proposta tramite motivi aggiunti è fondata anch’essa, in via derivata, per la sola parte volta a denunciare che gli stessi si occupano anche del pergolato, come innanzi ricompreso nella domanda di condono tuttora pendente.

Tale conclusione rende immediatamente fondata in parte qua nei sensi di cui appresso anche la denuncia di mancata indicazione dei criteri per la determinazione della superficie da acquisirsi in aggiunta agli immobili ed alla relativa area di sedime.

Ed invero, ferma la legittimità degli atti ricognitivi dell’acquisizione "gratuita di diritto" al patrimonio del Comune degli immobili (deposito e gazebo) e della relativa area di sedime rispetto ai quali si è innanzi ritenuta legittimamente irrogata la sanzione demolitoria e rispetto ai quali non è necessaria alcuna specificazione o indicazione di criteri stante l’inequivoco disposto in tali sensi dell’art 31, comma 3, del d.P.R. 380 del 2001, deve invece annullarsi la restante parte (di cui sia all’avvertenza resa nel provvedimento n. 95 che agli atti acquisitivi succedutisi) relativa all’acquisizione della ulteriore "superficie di mq. 370,00" riferita complessivamente ed indistintamente a tutte e tre le opere nello stesso indicate: ossia anche al pergolato, la cui demolizione, come più volte ripetuto, era ed è allo stato preclusa dalla pendenza dell’istanza di condono.

10a- Detto annullamento va ancora disposto in quanto, a differenza di quanto accade per gli immobili e per la relativa area di sedime, l’individuazione della ulteriore area da acquisirsi, quale "necessaria… alla realizzazione di opere analoghe…." all’interno del limite massimo indicato, "non superiore a 10 volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita", è connotata da evidenti margini di discrezionalità che impongono, come validamente per questa parte denunciato, una specificazione dei criteri seguiti per la loro determinazione.

11- Sono invece infondate le restanti due denunce autonome proposte in seno ai motivi aggiunti, di cui ci si sta occupando.

11a- Quanto alla prima, a differenza di quanto con essa sostenuto, "l’ordine di demolizione deve essere rivolto nei confronti di chi abbia la disponibilità dell’opera, indipendentemente dal fatto che l’abbia concretamente realizzata, cosa che potrebbe rilevare sotto il profilo della responsabilità penale, ma non ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione"(Cons. Stato, sezione quarta, sentenza 12 aprile 2011 n. 2266) e, quindi, di quanto ne consegue in termini di acquisizione del bene rispetto alla quale i relativi atti sono da ritenersi legittimamente disposti nei confronti del proprietario "ove non risulti in modo inequivocabile la sua completa estraneità al compimento dell’opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offerti dall’ordinamento" (Tar Campania, Napoli, sezione settima, 3 novembre 2009, n. 6808).

.Estraneità qui non data, avuto conto che la ricorrente K. è non solo la proprietaria, ma anche l’esecutrice degli abusi, fatto salvo il solo preesistente ripetuto pergolato. Il che, peraltro, significa che la doglianza è infondata in punto di fatto, prima ancora che in punto di diritto.

11b- Quanto alla seconda, poiché sempre a differenza di quanto con essa sostenuto, "la circostanza che l’immobile abusivamente realizzato sia sottoposto a sequestro penale non osta all’adozione dell’ordine di demolizione, dal momento che è possibile motivatamente domandare all’autorità giudiziaria il dissequestro dell’immobile proprio al fine di ottemperare al predetto ordine. Pertanto è legittima l’ingiunzione a demolire emessa in pendenza di sequestro penale sul manufatto abusivo, dal momento che è onere del responsabile motivatamente domandare all’autorità giudiziaria il dissequestro dell’immobile e, pertanto, qualora il soggetto obbligato neppure dimostri di aver richiesto il dissequestro del bene allo scopo di demolirlo, non può successivamente far valere il fatto del sequestro quale causa di forza maggiore impeditiva della demolizione" (Tar Campania, Napoli, sez. IV, 13 gennaio 2011, n. 84).

12- In definitiva, traendo le fila, in parziale accoglimento nei sensi fin qui descritti delle doglianze attoree:

12a- l’ordinanza n. 95 del 7 maggio 2009 va annullata nella parte che, nel suo seno, si occupa del pergolato e nella parte recante l’avvertenza che, in caso di inottemperanza, si sarebbe provveduto all’acquisizione anche "della superficie di mq. 370.00";

12 b) gli atti impugnati tramite motivi aggiunti vanno annullati anch’essi per la sola parte riferita all’acquisizione della anzidetta superficie.

12c- Per quanto attiene alle restanti parti dei sopraccennati atti e per quanto attiene all’ordinanza n. 94 del 7 maggio 2009, l’impugnativa va respinta.

13- Le spese di giudizio possono essere compensate in ragione delle composite conclusioni raggiunte.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto con motivi aggiunti, lo accoglie in parte qua, nei sensi e limiti specificati in motivazione, e per l’effetto annulla, sempre in parte qua nei sopraindicati sensi e limiti, l’ordinanza n. 95 del 7 maggio 2009 e gli atti impugnati tramite motivi aggiunti, fatti salvi quelli ulteriori.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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