T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 11-05-2011, n. 4106 Giustizia amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Consob, con delibera del 25 ottobre 2010, ha applicato nei confronti del Prof. A.B. le seguenti sanzioni:

sanzione amministrativa pecuniaria, ai sensi dell’art. 187 ter d.lgs. 58/1998, di Euro 400.000,00;

sanzione amministrativa accessoria, ai sensi dell’art. 187 quater, co. 1, d.lgs. 58/1998, per un periodo di quattro mesi.

Di talché, l’interessato ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione dell’art. 187 ter d.lgs. 58/1998. Violazione degli artt. 180 e 182 d.lgs. 58/1998. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità nei presupposti. Errata valutazione della provenienza e della veridicità delle notizie. Carenza di istruttoria. Difetto di motivazione. Contraddittorietà e insufficienza nella motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta.

Violazione dell’art. 187 ter d.lgs. 58/1998. Violazione dell’art. 1 l. 689/1981. Violazione dell’art. 3 l. 241/1990. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti.

Violazione dell’art. 9 l. 689/1981. In via subordinata, questione di legittimità costituzionale dell’art. 187 ter d.lgs. 58/1998, in combinato disposto con l’art. 185 d.lgs. 58/1998, per violazione degli artt. 3, 24, 25 e 97 Cost.

Violazione dell’art. 187 tra d.lgs. 58/1998. Violazione dell’art. 3 l. 689/1981. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Eccesso di potere per errore nei presupposti.

In via gradata, ove non fossero accolti i motivi volti ad accertare l’illegittimità dell’an del provvedimento sanzionatorio, il ricorrente ha proposto i seguenti motivi volti ad accertare l’illegittimità del provvedimento impugnato in ordine al quantum della sanzione ed al riconoscimento del beneficio del pagamento in misura ridotta.

Violazione dell’art. 11 l. 689/1981. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità.

Violazione dell’art. 187 septies d.lgs. 58/1998. Violazione dell’art. 16 l. 689/1981.

Il ricorrente ha altresì chiesto la condanna dell’amministrazione resistente al pagamento del danno all’immagine subito per effetto della illegittimità dell’atto impugnato, da quantificarsi in via equitativa.

La Consob ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, prospettando l’illegittimità costituzionale di alcune norme del codice del processo amministrativo e, in particolare, degli artt. 133, co. 1, lett. l), 134, co. 1, lett. c), 135, co. 1, lett. c), 4, co. 1, nn. 19 e 35 dell’allegato 4 d.lgs. 104/2010 e l’eventuale illegittimità costituzionale dell’art. 44 l. 69/2009.

In particolare, le norme che attribuiscono la cognitio delle controversie per cui è causa al giudice amministrativo violerebbero gli artt. 76, 103, primo comma, 113, primo comma, 111, secondo, settimo e ottavo comma, 3, 25 e 102, secondo comma, Cost.

Nel merito, con ampia ed articolata memoria, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

Le parti hanno depositato altre memorie a sostegno delle rispettive ragioni.

All’udienza pubblica del 20 aprile 2011, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. Il Collegio – sia pure rilevando che la Corte d’Appello di Torino, Sezione I Civile, con ordinanza pronunciata all’udienza del 25 marzo 2011, ha proposto la questione di legittimità costituzionale in relazione eventualmente all’art. 44 l. 69/2009 nonché agli artt. 133, co. 1, lett. l), 135, co. 1, lett. c), 134, co. 1, lett. c), d.lgs. 104/2010, nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva amministrativa le controversie relative alle sanzioni amministrative irrogate dalla Consob, ed ancora dell’art. 4, co. 1, n. 19 dell’allegato n. 4 d.lgs. 104/2010, nella parte in cui abroga l’art. 187 septies, co. 4, d.lgs. 58/1998, in quanto apparentemente confliggenti con gli artt. 3, 76, 103, co. 1, 113, co. 1, 111, co. 2, 7, 8 Cost. – ritiene che la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla Consob sia in parte manifestamente infondata, con riferimento all’art. 133, co. 1, lett. l), ed all’art. 4, co. 1, n. 19 dell’allegato 4 d.lgs. 104/2010, ed in parte irrilevante ai fini della decisione della controversia, con riferimento all’art. 135, co. 1, lett. c), ovvero allo stato irrilevante, con riferimento all’art. 134, co. 1, lett. c).

2.1 L’art. 44 l. 69/2009 – recante la delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo – ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele.

I decreti legislativi, ai sensi del secondo comma, oltre che ai principi e criteri direttivi di cui all’art. 20, co. 3, l. 59/1997 in quanto applicabili, avrebbero dovuto attenersi, tra gli altri, ai seguenti principi e criteri direttivi:

o assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo;

o disciplinare le azioni e le funzioni del giudice riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni.

L’art. 76 della Costituzione stabilisce che l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

Il Collegio rileva in via preliminare che il sindacato di costituzionalità sulla delega legislativa si esplica attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l’uno relativo alle norme che determinano l’oggetto, i principi ed i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano e si individuano le ragioni e le finalità poste a fondamento della legge di delegazione; l’altro, relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi della delega (ex multis: Corte Costituzionale nn. 112/2008; 170/2007; 54/2007; 280/2004; 199/2003).

Inoltre, quando la delega abbia ad oggetto il riassetto di norme preesistenti, questa finalità giustifica l’introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente soltanto se siano stabiliti principi e criteri direttivi volti a definire in tal senso l’oggetto della delega ed a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato (cfr. Corte Costituzionale nn. 170/2007; 239/2003; 354/1998).

In altri termini, la delega avente ad oggetto il riassetto di norme preesistenti postula l’introduzione di norme nuove rispetto al precedente sistema legislativo a condizione però che siano stabiliti principi e criteri direttivi volti a definire in tal senso l’oggetto della delega ed a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato.

Nel caso di specie, non sussiste dubbio che, come espressamente indicato nella rubrica del’art. 44 l. 69/2009, la delega al Governo sia stata conferita per il "riassetto" della disciplina del processo amministrativo, sicché la stessa certamente postula la possibilità che il legislatore delegato introduca soluzioni innovative rispetto al sistema legislativo previgente.

Tra i principi fissati dal legislatore delegante, come rilevato, è previsto, da un lato, quello di assicurare la concentrazione della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, dall’altro, la disciplina delle funzioni del giudice ed in tale ottica è stato, tra gli altri, individuato il criterio di riordinare le norme vigenti sulla giurisdizione amministrativa, anche rispetto ad altre giurisdizione.

Pertanto, occorre ritenere che siano stati stabiliti principi e criteri direttivi aventi senz’altro ad oggetto anche la possibilità di innovare le materie di giurisdizione amministrativa esclusiva, attraverso l’ampliamento delle "particolari materie" in cui, ai sensi dell’art. 103 Cost., il giudice amministrativo ha giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione anche dei diritti soggettivi, atteso che, diversamente opinando, non si comprende in cosa potrebbe consistere il riordino delle norme vigenti di cui alla legge delega, nonché idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato in quanto la facoltà per il legislatore delegato di prevedere nuove materie in giurisdizione esclusiva richiede che tale previsione debba essere funzionale al perseguimento di uno o più principi stabiliti dal legislatore delegante.

Nel caso di specie, non può rinvenirsi alcun eccesso di delega e, quindi, alcun contrasto con l’art. 76 Cost. in quanto il legislatore delegato, con l’art. 133, co. 1, lett. l), del codice del processo amministrativo, nell’estendere la giurisdizione amministrativa esclusiva alle controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati anche dalla Consob – per la quale Autorità, nel regime previgente, ai sensi degli artt. 195 e 187 septies d.lgs. 58/1998, erano devolute alla giurisdizione ordinaria – ha evidentemente voluto radicare la giurisdizione amministrativa esclusiva in ragione della stretta connessione tra potere di vigilanza, costituente già servizio pubblico nei settori di cui all’art. 33 d.lgs. 80/1998, e potere sanzionatorio.

Di talché, la previsione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tale materia è finalizzata proprio alla realizzazione della concentrazione della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, che costituisce uno dei principi espressamente indicati dalla legge delega.

2.2 Parimenti, si rivela manifestamente infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale con riferimento alle altre norma costituzionali in tema di riparto di giurisdizione.

Il diritto soggettivo è la fondamentale posizione di vantaggio attribuita ad un soggetto dall’ordinamento in ordine ad un bene della vita e consistente nell’attribuzione al medesimo di una forza concretantesi nella disponibilità di strumenti vari – quali facoltà, pretese, poteri – atti a realizzare in modo pieno e diretto l’interesse al bene, mentre l’interesse legittimo è la posizione di vantaggio attribuita ad un soggetto dall’ordinamento in ordine ad un bene oggetto di potere amministrativo e consistente nell’attribuzione al medesimo di poteri atti ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione della pretesa all’utilità.

Gli artt. 103 e 113 Cost. – nel fondare sulla natura della posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio il criterio del riparto di giurisdizione nelle controversie concernenti atti della pubblica amministrazione – pongono il diritto soggettivo e l’interesse legittimo su un piano di assoluta parità, per cui l’interesse legittimo, che al pari del diritto soggettivo è una posizione sostanziale, riceve dall’ordinamento una protezione ugualmente intensa, anche se con modalità per certi aspetti differenti. La previsione di cui all’art. 24 Cost., inoltre, come anche evidenziato dalla sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, garantisce alle situazioni soggettive devolute alla giurisdizione amministrativa piena ed effettiva tutela, implicando che il loro giudice "naturale" sia munito di adeguati poteri.

Le due posizioni soggettive, la cui sostanzialità è data dal rapporto con un bene della vita, che il titolare mira a conseguire o conservare, preso in considerazione dall’ordinamento e perciò protetto (c.d. lato interno), si differenziano nel c.d. lato esterno, ossia nel rapporto con gli altri soggetti dell’ordinamento.

In particolare, mentre il diritto soggettivo traduce il rapporto con altri soggetti, ivi compresa eventualmente l’amministrazione pubblica, posti su un piano di parità giuridica e, quindi, disciplinato da norme privatistiche, l’interesse legittimo, in quanto in esso il bene della vita cui si aspira è oggetto di potere amministrativo, si caratterizza per essere la posizione in cui versa il destinatario di un atto, o il soggetto che comunque riveste una posizione differenziata e di qualificato interesse rispetto ad un atto autoritativo emanato da una pubblica amministrazione nell’esercizio del potere pubblico o, anche prima dell’adozione dell’atto, il soggetto che entra in un rapporto giuridicamente qualificato con l’esercizio della funzione amministrativa.

L’interesse legittimo, insomma, è una situazione ontologicamente collegata all’esercizio autoritativo ed unilaterale del potere amministrativo, sicché, in presenza di un’attività amministrativa, l’individuazione della natura della posizione giuridica contrapposta postula la verifica della presenza o meno di un potere pubblico nell’esercizio del quale l’amministrazione agisce o dovrebbe agire, dovendosi concludere per la posizione di interesse legittimo quando la matrice dell’agere amministrativo è l’esercizio della relativa funzione con moduli autoritativi, e cioè l’attività procedimentalizzata finalizzata alla tutela di un interesse della collettività, per la posizione di diritto soggettivo quando l’amministrazione, ancorché per la realizzazione di fini pubblici, non agisce in via autoritativa ma con atti paritetici, di diritto privato, alla stregua di un qualunque altro soggetto dell’ordinamento.

La giurisdizione generale di legittimità, nell’ambito della quale vengono in rilievo posizioni di interesse legittimo, è pertanto contrassegnata dalla circostanza che le controversie attengono a fattispecie in cui pubblica amministrazione agisce in via autoritativa, nell’esercizio del potere pubblico ad esso attribuito dalla norma e per la realizzazione del fine collettivo in vista del quale il potere le è stato attribuito, e, nei confronti della relativa attività provvedimentale, è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo.

L’art. 7, co. 1, del codice del processo amministrativo, nel prevedere la possibile devoluzione al giudice amministrativo di materie in giurisdizione esclusiva, specifica che la devoluzione ope legis alla giurisdizione amministrativa delle controversie nelle quali si faccia riferimento di diritti soggettivi può riguardare particolari materie concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere posti in essere da pubbliche amministrazioni.

Tale disposizione recepisce le indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale, in particolare con le sentenze 6 luglio 2004 n. 204, 11 maggio 2006 n. 191, 27 aprile 2007, n. 140 e, più di recente, con sentenza 5 febbraio 2010, n. 35, sulla questione dei limiti che il legislatore ordinario deve rispettare nel disciplinare, ampliandola, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La Corte Costituzionale ha tra l’altro evidenziato come debba escludersi che dalla Costituzione non si desumano i confini entro i quali il legislatore ordinario, esercitando il potere discrezionale suo proprio, deve contenere i suoi interventi volti a ridistribuire le funzioni giurisdizionali tra i due ordini di giudici.

In particolare, ha rilevato che il vigente art. 103, primo comma, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali "la tutela nei confronti della pubblica amministrazione" investe "anche" diritti soggettivi: un potere, quindi, del quale può dirsi, al negativo, che non è né assoluto né incondizionato, e del quale, in positivo, va detto che deve considerare la natura delle situazioni soggettive coinvolte, e non fondarsi esclusivamente sul dato, oggettivo, delle materie.

Tale necessario collegamento delle "materie" assoggettabili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con la natura delle situazioni soggettive – e cioè con il parametro adottato dal Costituente come ordinario discrimine tra le giurisdizioni ordinaria ed amministrativa – è espresso dall’art. 103 laddove statuisce che quelle materie devono essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità: e cioè devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo.

Il legislatore ordinario, pertanto, ben può ampliare l’area della giurisdizione esclusiva purché lo faccia con riguardo a materie (in tal senso, particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazioneautorità, la giurisdizione generale di legittimità, per cui, da un lato, è escluso che la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo (il quale davvero assumerebbe le sembianze di giudice "della" pubblica amministrazione: con violazione degli artt. 25 e 102, secondo comma, Cost.), dall’altro lato, è escluso che sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo.

In definitiva, il supremo giudice delle leggi ha escluso che la giurisdizione esclusiva possa radicarsi sul dato, puramente oggettivo, della mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio o del normale coinvolgimento nelle controversie di un generico pubblico interesse, mentre può estendersi solo a controversie nelle quali la pubblica amministrazione esercita – sia pure mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici – un pubblico potere.

Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, sussistono tutti i presupposti affinché la materia delle controversie relative ai provvedimenti sanzionatori applicati dalla Consob potesse essere devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Infatti, si tratta di una "particolare" materia caratterizzata dall’esercizio di pubblici poteri.

Il Collegio, anzi, ritiene che, a differenza di quanto prospettato dall’amministrazione resistente, la posizione giuridica dedotta in giudizio dalla ricorrente abbia natura di interesse legittimo e non di diritto soggettivo e che, quindi, la controversia rientrerebbe comunque nella giurisdizione amministrativa generale di legittimità, dovendosi nutrire invece dubbi sulla compatibilità costituzionale della precedente norma attributiva della giurisdizione in materia al giudice ordinario.

In proposito, occorre in primo luogo considerare che, sino all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, le controversie relative ai provvedimenti sanzionatori irrogati dalle Autorità amministrative indipendenti erano attribuite alla giurisdizione amministrativa nella loro totalità, ad eccezione di quelle concernenti la Consob e la Banca d’Italia, devolute alla giurisdizione amministrativa con l’entrata in vigore del d.lgs. 104/2010.

Inoltre, il procedimento in esito al quale l’Autorità procedente infligge la sanzione amministrativa pecuniaria è caratterizzato dalla c.d. discrezionalità tecnica, vale a dire che postula l’accertamento di un fatto complesso, id est il compimento dell’illecito, sulla base di parametri tecnici non certi ma opinabili, per cui costituisce senz’altro esercizio autoritativo di un pubblico potere, a fronte del quale come detto sussiste la posizione di interesse legittimo, perché la sanzione è irrogata all’esito dell’accertamento dell’illecito amministrativo e, quindi, dell’esercizio del potere di vigilanza (nella fattispecie in esame, la Consob ha accertato la violazione dell’art. 187 ter d.lgs. 58/1998).

Peraltro, la sanzione non è quantificata "a monte", ma deve essere determinata "a valle", tanto che il citato art. 187 ter punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro centomila a euro venticinque milioni chiunque, tramite mezzi di informazione, compreso internet o ogni altro mezzo, diffonde informazioni, voci o notizie false o fuorvianti che forniscano o siano suscettibili di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari, sicché, nello stabilirne la misura, l’Autorità compie una ponderazione di interessi pubblici e privati, finalizzata alla scelta della sanzione quantitativamente più proporzionata, che costituisce esercizio di discrezionalità amministrativa.

Infatti, ai sensi dell’art. 11 l. 689/1981, nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche, vale a dire che l’Autorità amministrativa procedente deve effettuare una valutazione ed una ponderazione non solo degli interessi pubblici, evidentemente afferenti alla gravità della violazione ed all’opera svolta dall’agente per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione, ma anche agli interessi privati, connessi soprattutto alle condizioni economiche del trasgressore.

In definitiva, il Collegio ritiene che, in ragione della natura soggettivamente ed oggettivamente amministrativa degli atti sanzionatori e, quindi, del loro carattere provvedimentale, sia da escludere in radice un problema di compatibilità costituzionale della norma.

2.3 Sulla base di tutto quanto esposto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 133, co. 1, lett. l), del c.p.a. e dell’art. 4, co. 1, n. 19 dell’allegato 4 al d.lgs. 104/2010 (che ha abrogato gli artt. 187 septies, commi da 4 a 8, e 195, commi da 4 a 8, d.lgs. 58/1998) si rivela manifestamente infondata.

2.4 Il Collegio fa presente che, in relazione all’art. 135, co. 1, lett. c), del c.p.a., che ha devoluto alla competenza inderogabile del TAR Lazio, Sede di Roma, le controversie di cui all’art. 133, co. 1, lett. l), la questione di legittimità costituzionale è irrilevante ai fini della decisione della controversia in quanto la stessa rientrerebbe comunque nella competenza di questo Tribunale, ai sensi dell’art. 13 del c.p.a., avendo la Consob sede a Roma.

2.5 In relazione all’art. 134, lett. c), del c.p.a., che ha attribuito al giudice amministrativo giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie applicate dalle Autorità amministrative indipendenti, la questione di legittimità costituzionale, allo stato, è irrilevante in quanto le censure avverso la quantificazione della sanzione pecuniaria sono state proposte in via gradata.

3. Il Collegio, peraltro, ritiene che, sia pur non rientrando la fattispecie in un’ipotesi di sospensione necessaria ai sensi dell’art. 295 c.p.c., sia opportuno sospendere il processo in quanto nei confronti del ricorrente pende un procedimento penale in ordine al reato di cui all’art. 185 d.lgs. 58/1998 (manipolazione del mercato) sulla medesima vicenda che ha dato luogo all’accertamento dell’illecito amministrativo ed all’applicazione della conseguente sanzione ai sensi dell’art. 187 ter d.lgs. 58/1998 (manipolazione del mercato).

Infatti, la maggior parte delle censure dedotte con il presente ricorso attengono al travisamento dei fatti posti a base dell’illecito, sicché la definizione del giudizio potrebbe portare ad un conflitto di giudicati, laddove l’obiettivo della normativa sulla sospensione del giudizio è proprio quello di evitare tali contrasti.

Né la sospensione del processo per la "pregiudiziale penale" può ritenersi impedita dall’art. 187 duodecies d.lgs. 58/1998, secondo cui il procedimento amministrativo di accertamento ed il procedimento di opposizione di cui all’art. 187 septies non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento dipende la relativa definizione e ciò in quanto l’art. 187 septies, nella parte in cui prevede il procedimento di opposizione, è stato abrogato dall’art. 4, co. 1, n. 19 dell’allegato 4 al d.lgs. 104/2010 e analoga preclusione alla sospensione non è stata disposta con riferimento all’art. 133, co. 1, lett. l), c.p.a. che come ampiamente richiamato, devolve alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie della specie.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

riservata al definitivo ogni ulteriore pronuncia in rito, nel merito e sulle spese, così provvede:

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 133, co. 1, lett. l), del c.p.a. e dell’art. 4, co. 1, n. 19 dell’allegato 4 al d.lgs. 104/2010;

dichiara irrilevante ai fini della presente controversia la questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, co. 1, lett. c), d.lgs. 104/2010;

sospende il processo per la "pregiudiziale penale".

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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