T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 11-05-2011, n. 4097 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Parte ricorrente impugna la determinazione dirigenziale del Comune di Roma n. 218 del 20.3.2006, con cui è stata respinta l’istanza prot. n. 8581, inviata tramite raccomandata il 14 aprile 1995 e acquisita al protocollo del Comune di Roma il 3 giugno 1995, rivolta a ottenere il condono dell’abuso edilizio realizzato nell’immobile di Via delle Cerquete 88, consistente nella realizzazione di un’unità immobiliare residenziale di mq. 126,30 (terzo piano).

2. L’Amministrazione si è costituita in giudizio, resistendo al ricorso.

3. Il ricorso è stato chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 5 maggio 2011, e quindi trattenuto in decisione.

4. La domanda di condono edilizio è stata inviata al Comune di Roma con la raccomandata A.R. n. 6150 del 14 aprile 1995, e quindi ben oltre il termine di scadenza del 31 marzo 1995, fissato dall’art. 39, comma 4 della L. n. 724/94.

5. Parte ricorrente sostiene (in sintesi):

– che la volontà di avvalersi della sanatoria si ricava dalla completezza documentale dell’istanza, dall’avvenuto tempestivo versamento dell’oblazione e degli oneri accessori dovuti, oltre che dall’avvenuto deposito della documentazione necessaria per l’accatastamento;

– che quindi si è formato il silenzio assenso ex art. 39, comma 4, della L. n. 724/94;

– che il provvedimento di rigetto è immotivatamente tardivo e non tiene conto della sussistenza dei presupposti per la formazione del silenzioassenso;

– che in applicazione del principio di conservazione l’istanza avrebbe dovuto essere considerata, in subordine, ai fini della successiva sanatoria di cui alla L. n. 326/2003;

– che comunque il tardivo provvedimento ha precluso ai ricorrenti la possibilità di regolarizzare la propria posizione mediante il successivo condono del 2003.

6. Il ricorso è infondato.

6.1 Il termine di presentazione della domanda di condono edilizio ha infatti carattere perentorio (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 4 dicembre 2008, n. 1558), trattandosi di un istituto a carattere eccezionale (a differenza della sanatoria ex art. 36 T.U. edilizia, che prevede termini la cui perentorietà è controversa in giurisprudenza): dato, questo, che trova conferma nel tenore letterale della disposizione dell’art. 39, comma 4 della L. n. 724/94 (come modificato dall’art. 14, d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. in l. 22 marzo 1995, n. 85), il quale contiene l’inciso "a pena di decadenza".

La medesima disposizione prevede che entro il termine di decadenza debbano essere effettuate sia la presentazione della domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria sia la presentazione della prova del pagamento dell’oblazione, con ciò escludendo che quest’ultimo adempimento possa surrogare il primo. Ciò è comprensibile alla luce del fatto che l’istanza di parte, completa dei requisiti previsti, ha il carattere di esplicita, formale e inequivoca manifestazione di volontà idonea ad attivare il procedimento in questione su basi di ragionevole certezza giuridica.

Né il termine decadenziale può essere eluso con il riferimento ad altre considerazioni, come le difficoltà derivanti dall’inadempimento di collaboratori e di terzi, trattandosi di profili inidonei allo scopo, alla stregua dei criteri comunemente ricevuti, secondo i quali questo tipo di termine non può essere prorogato, sospeso o interrotto se non nei casi eccezionali espressamente previsti dalla legge (cfr.Cassazione civile, sez. un., 26 luglio 2006, n. 17002).

In assenza di una formale e tempestiva attivazione del procedimento nel termine di decadenza, sono quindi irrilevanti le altre considerazioni di parte ricorrente sulla sussistenza degli altri presupposti di legge.

6.2 Quanto alla questione dell’omessa possibilità di fruizione del "terzo condono" (di cui alla L. n. 326/2003), è sufficiente osservare che:

– il terzo condono edilizio, al pari dei precedenti, riveste carattere eccezionale e pertanto presuppone in linea di principio la presentazione di un’autonoma istanza;

– anche la diversa posizione rinvenibile in giurisprudenza si riferisce al caso in cui l’istante non abbia ragione di credere che la propria domanda, presentata in vigenza delle norme pregresse, possa essere rigettata (cfr. TAR Sicilia – Catania, sez. I, 16 gennaio 2007, n. 71; 8 maggio 2006, n. 694): il che peraltro non è nel caso in esame, attesa la palese tardività della prima domanda;

– in altri termini, è corretto ritenere, alla stregua della bilateralità del canone della buona fede e della diligenza nel rapporto tra cittadino e P.A., che in questo caso l’omessa presentazione della nuova domanda di condono non sia imputabile alla P.A., perché, ancorché la pronuncia di quest’ultima sia intervenuta tardivamente, il ricorrente era ben a conoscenza ab initio dell’evidente e pacifica tardività della prima domanda;

– questo tipo di vicenda è stata comunque disciplinata, con riferimento al rapporto tra "primo" e "secondo" condono, dall’art. 39, l. 23 dicembre 1994 n. 724, il cui art. 10 – bis (aggiunto dall’art. 2, comma 37, l. 23 dicembre 1996 n. 662 e oggetto di precisazione con l’art. 10, d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, conv. con modificazioni con l. 28 febbraio 1997 n. 30) previde che coloro i quali fossero stati destinatari, successivamente al 31 marzo 1995, di un provvedimento di diniego di condono riferito a domande relative al condono di cui alla l. n. 47 del 1985, presentate entro il previsto termine del 30 giugno 1987, avrebbero potuto chiedere una nuova determinazione dell’amministrazione sulla base delle disposizioni di cui alla l. n. 724 del 1994, con obbligo di presentazione della domanda entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della l. n. 662 del 1996; ciò, quand’anche la notifica del provvedimento di diniego fosse intervenuta in momento successivo a detta entrata in vigore (cfr.T.A.R. Lazio Latina, 18 ottobre 2004, n. 992);

– questo criterio, giudicato non irragionevole dalla Corte costituzionale (ord. 10 maggio 1972, n. 174), presuppone la necessità di una seconda domanda nel caso in cui la prima sia stata tempestiva, e quindi -a fortiori – in quello in cui la prima domanda non sia stata tempestiva (come nella specie);

– detto criterio è analogicamente estensibile al caso di specie (che attiene ai rapporti tra il "secondo" e il " terzo" condono), dato che, come ritenuto dalla Corte costituzionale, la richiesta di sanatoria edilizia può rinvenire la propria giustificazione anche in un semplice interesse alla regolarizzazione o alla certezza dei rapporti da parte di chiunque sia interessato al conseguimento della sanatoria, indipendentemente dalla presenza o dalla possibilità di avere un diverso titolo abilitativo dell’opera, anche per escludere rischi di procedimenti in corso o futuri.

7. Il ricorso deve conclusivamente essere respinto.

8. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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