Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-02-2011) 10-05-2011, n. 18314

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.B. è stato chiamato davanti al GUP del Tribunale di Macerata, per l’udienza preliminare, quale imputato del delitto di tentato omicidio aggravato (artt. 56, 575, art. 577 c.p., comma 1, n. 3 e comma 2), commesso il (OMISSIS) in danno della moglie B. F..

All’udienza del 29.6.2007 il P.M. e la difesa delle parti civili chiedevano che fosse espletata una nuova perizia psichiatrica; la difesa dell’imputato chiedeva l’ammissione al giudizio abbreviato, condizionato all’esame del prof. A.F. (che aveva già eseguito perizia psichiatrica sull’imputato, concludendo per l’incapacità di intendere e di volere dello stesso al momento del fatto) esclusivamente con riguardo alla pericolosità sociale del C..

All’udienza del 22.10.2007 il GUP disponeva procedersi al giudizio abbreviato, così come condizionato dal richiedente, e disponeva nuova perizia psichiatrica nei confronti dell’imputato, conferendo il relativo incarico, nell’udienza del 19.11.2007, al prof. P. M..

La difesa dell’imputato, in data 27.11.2007, proponeva ricorso per cassazione avverso il provvedimento che aveva disposto una nuova perizia psichiatrica, ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione con ordinanza del 4.6.2008.

All’udienza del 13.6.2008 si svolgeva l’esame del perito prof. P., che aveva concluso riconoscendo all’imputato il vizio parziale di mente.

All’udienza del 3.10.2008, veniva esaminato anche il perito prof. F., in relazione alla permanenza della pericolosità sociale del C..

Con sentenza in data 8.1.2009 il GUP dichiarava C.B. colpevole del delitto ascrittogli, esclusa la premeditazione, e ritenute le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante di cui all’art. 577 c.p., comma 2, riconosciuto il vizio parziale di mente, lo condannava, con la diminuente del rito, alla pena di anni 8 di reclusione, applicando all’imputato la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di tre anni, ritenendo che a seguito delle pronunce della Corte Costituzionale non era più precluso al giudice di adottare un’altra fra le misure di sicurezza previste dalla legge, anche non detentiva, allorchè in concreto ravvisi l’inidoneità della misura del ricovero in casa di cura e custodia o in ospedale psichiatrico.

Avverso la sentenza del GUP del Tribunale di Macerata proponevano appello il Procuratore Generale e la difesa dell’imputato.

La difesa dell’imputato, preliminarmente, eccepiva la nullità dell’ordinanza con la quale si era dato ingresso a nuova perizia psichiatrica. Nel merito si doleva del mancato proscioglimento dell’imputato per aver egli agito in stato di totale incapacità di intendere e di volere. Lamentava altresì la mancata declaratoria di prevalenza delle attenuanti sull’aggravante di aver commesso il fatto contro il coniuge.

La Corte d’appello di Ancona, con sentenza in data 9.3.2010, in parziale riforma della suddetta sentenza del GUP del Tribunale di Macerata appellata dall’imputato e dal Procuratore Generale, dichiarata l’equivalenza anche della diminuente di cui all’art. 89 c.p. con l’aggravante contestata, rideterminava la pena in anni 9 e mesi 4 di reclusione e sostituiva la misura di sicurezza della libertà vigilata con quella della casa di cura e custodia per la durata di un anno. La Corte d’appello, nella prima parte della sentenza, nel riportare gli esiti delle indagini e le risultanze del giudizio di primo grado, riassumeva anche i contenuti delle due perizie psichiatriche eseguite sulla persona dell’imputato.

Respingeva l’eccezione di nullità dell’ordinanza del GUP con la quale era stata disposta una nuova perizia psichiatrica, rilevando che il GUP aveva agito ai sensi dell’art. 441 c.p.p., comma 5, richiamando la decisione della Corte di Cassazione che aveva dichiarata inammissibile l’impugnazione per abnormità avverso l’ordinanza in questione e citando la sentenza n. 35247/2005 della Cassazione che aveva ritenuto non abnorme, nel giudizio abbreviato, la decisione del GUP che disponga anche d’ufficio gli elementi necessari alla decisione. Sulla capacità d’intendere e di volere dell’imputato, riteneva attendibili le conclusioni della perizia del prof. P., dopo aver analizzato sia la predetta perizia sia quella del prof. F. nonchè le conclusioni sul punto del primo giudice e quelle delle parti.

Nello stabilire il trattamento sanzionatone escludeva che l’imputato avesse agito con dolo d’impeto; passava in rassegna le modalità dell’azione e il comportamento dell’imputato dopo la commissione del fatto; precisava in quale fortunosa occasione era stata scoperta la donna, gettata dall’imputato in un cassonetto dei rifiuti; metteva in evidenza la gravità del fatto e i gravissimi danni anche psicologici subiti dalla parte lesa; concludeva che le attenuanti generiche e quella del vizio parziale di mente non potevano essere dichiarate prevalenti sull’aggravante contestata.

Infine, in riforma della sentenza del primo giudice, applicava la misura di sicurezza detentiva del ricovero in casa di cura e custodia per un periodo non inferiore a un anno, ritenendo che non rilevava nella fattispecie il dictum della Corte Costituzionale (sentenza n. 253 del 2003) che concerneva la diversa fattispecie del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario in caso di proscioglimento per infermità psichica.

Avverso la suddetta sentenza della Corte d’appello di Ancona hanno proposto ricorso i difensori dell’imputato, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.

Con un primo motivo hanno dedotto un vizio di motivazione della sentenza, per contraddittorietà e manifesta illogicità, con riguardo alla capacità d’intendere e di volere al momento del fatto.

Le critiche della sentenza impugnata alla perizia del prof. F., secondo i ricorrenti, non erano fondate ed erano insussistenti le presunte contraddizioni rilevate nell’elaborato del predetto perito.

La suddetta perizia, che nella parte motiva non si discostava dalle osservazioni contenute nella perizia del prof. P., doveva essere preferita nelle sue conclusioni a quest’ultima, essendo stato dimostrato che l’imputato era totalmente incapace d’intendere e di volere al momento del fatto.

Con un secondo motivo i ricorrenti hanno dedotto un vizio di motivazione della sentenza, per contraddittorietà e manifesta illogicità, con riguardo al giudizio di comparazione tra le riconosciute circostanze attenuanti e la circostanza aggravante.

La Corte non aveva tenuto conto delle considerazioni del prof P., che aveva sottolineato la compromissione delle funzioni volitive e cognitive dell’imputato al momento del fatto, e aveva attribuito all’imputato, per negargli la prevalenza delle attenuanti sull’aggravante, di aver agito con premeditazione, senza considerare che tale aggravante era stata esclusa dal primo giudice.

Contraddittoriamente aveva anche affermato a pagina 18 della sentenza che l’imputato si trovava in condizioni psichiche "non atte a far venir meno, neppure in parte, la capacità d’intendere e di volere".

Con un terzo motivo i ricorrenti hanno sostenuto che la Corte d’appello, nell’accogliere l’impugnazione del Procuratore Generale, aveva sostituito la misura di sicurezza della libertà vigilata con quella del ricovero in casa di cura e custodia con una motivazione del tutto carente e senza tener conto della sentenza n. 208/2009 della Corte Costituzionale, nella quale era stato stabilito il principio che il trattamento riservato al totale infermo di mente può essere esteso anche al seminfermo.

Con un quarto motivo hanno eccepito la nullità ex art. 178 c.p., lett. c), dell’ordinanza del 22.10.2007 nella parte in cui aveva disposto una nuova perizia psichiatrica.

L’eccezione, proposta con i motivi d’appello, era stata rigettata dalla Corte territoriale con il solo richiamo al giudicato della pronuncia della Cassazione che aveva ritenuto inammissibile il ricorso.

Il giudice, con l’impugnata ordinanza, aveva ammesso la nuova perizia sub specie di controprova richiesta dal Pubblico Ministero, senza che lo stesso Pubblico Ministero avesse chiesto la perizia in controprova, avendola chiesta ancor prima che la difesa formalizzasse la richiesta di rito abbreviato condizionato. Il Giudice aveva, quindi, disposto d’ufficio la suddetta prova nelle more del processo, senza attendere, come avrebbe dovuto, il termine della discussione.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono tutti infondati, ad eccezione del terzo motivo sopra indicato, dal cui accoglimento consegue un parziale annullamento della sentenza impugnata.

La Corte d’appello ha esaminato con cura le divergenti conclusioni dei periti sulla capacità d’intendere e di volere dell’imputato e, con congrua motivazione, immune da vizi logici giuridici, ha aderito alle conclusioni a cui è giunto il prof. P., il quale ha ritenuto solo grandemente scemata la capacità d’intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto.

Le conclusioni della Corte territoriale sul punto, essendo adeguatamente motivate, sono insindacabili in questa sede di legittimità.

Anche con riguardo alla comparazione tra le attenuanti e l’aggravante, il giudizio di equivalenza della Corte d’appello appare adeguatamente motivato, poichè ha preso in considerazione il complesso delle risultanze, e il suddetto giudizio di equivalenza risulta sorretto da argomenti scevri da difetti logici e dalle denunciate contraddizioni.

In particolare, non risulta che la Corte, descrivendo il comportamento tenuto dall’imputato nella commissione del delitto, gli abbia attribuito di aver agito con premeditazione, poichè si è limitata a descrivere comportamenti serbati dall’imputato, oggettivamente emersi dalle indagini e che non risultano contestati dal ricorrente.

E non appare neppure sussistente la contraddizione che il ricorrente ha creduto di rilevare a pagina 18 della sentenza impugnata (il secondo giudice avrebbe affermato che l’imputato si trovava in condizioni psichiche non atte a far venir meno, neppure in parte, la capacità d’intendere e di volere), poichè nella suddetta pagina si è invece affermato – dopo aver concluso che rilevante è intensa doveva essere ritenuta la capacità criminale dimostrata dal C. – che "… tenuto conto dell’accertato stato di seminfermità mentale che trova causa in una burrasca emozionale quasi al limite della ricorrenza di uno stato emotivo transeunte ed episodico, non atto a far venir meno, neppure in parte, la capacità di intendere e di volere …", e quindi la Corte territoriale non ha sostenuto che C. era in condizioni psichiche non atte a far venir meno, neppure in parte, la capacità d’intendere e di volere, ma ha invece correttamente affermato che lo stato emotivo e passionale non è atto a far venir meno, neppure in parte, la capacità d’intendere e di volere.

Non è stata commessa alcuna nullità da parte del GUP nel disporre una nuova perizia psichiatrica sulla persona dell’imputato, anche a prescindere dal fatto se l’abbia disposta su richiesta del P.M. e della parte civile o d’ufficio, poichè secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di giudizio abbreviato, il potere integrativo istruttorio del giudice previsto dall’art. 441 cod. proc. pen., comma 5, è esercitabile anche nel momento stesso in cui viene disposto il giudizio abbreviato, difettando una qualunque previsione in senso contrario e considerato che, sulla base degli atti, il giudice può sin dal primo momento valutare la necessità di acquisire ulteriori elementi necessari alla decisione (V. sez. 6 sent. N. 36236 del 7.7.2004, Rv. 229810 e sez. 5 sent. N. 21693 del 18.2.2009, Rv.

244638).

Merita invece accoglimento il terzo motivo del ricorso, in quanto, per effetto di ripetute decisioni della Corte Costituzionale, da ultimo la sentenza n. 208 del 9.7.2009, risulta ormai presente nella disciplina sulle misure di sicurezza il principio secondo il quale si deve escludere l’automatismo che impone al giudice di disporre comunque la misura detentiva, anche quando una misura meno drastica, e in particolare una misura più elastica e non segregante come la libertà vigilata, accompagnata da prescrizioni stabilite dal giudice medesimo, si riveli capace, in concreto, di soddisfare contemporaneamente le esigenze di cura e tutela della persona interessata e di controllo della sua pericolosità sociale.

Tale principio, dettato in relazione alla misura del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, vale anche, per quanto espressamente stabilito dalla menzionata sentenza della Corte Costituzionale, per l’assegnazione ad una casa di cura e di custodia, che è, a sua volta, misura di sicurezza detentiva e quindi segregante ( art. 215 cod. pen., comma 2, n. 2), sicchè ad essa ben si attagliano le conclusioni circa la violazione del principio di ragionevolezza e del diritto alla salute svolte, in particolare, nella sentenza n. 253 del 2003. Secondo la Corte Costituzionale, differenze significative non possono ravvisarsi nella circostanza che la misura di cui all’art. 222 cod. pen. presuppone che il soggetto interessato risulti gravemente infermo di mente, e quindi non sia penalmente responsabile. Come rilevato in dottrina e in giurisprudenza, vi è una sostanziale identità concettuale tra vizio totale e vizio parziale di mente, il cui unico elemento differenziatore consiste nella diversa incidenza quantitativa esercitata sulla capacità d’intendere e di volere, capacità esclusa nell’ipotesi di cui all’art. 88 cod. pen., soltanto diminuita – ma comunque grandemente scemata – nell’ipotesi di cui all’art. 89 cod. pen.. La Corte d’appello ha sul punto modificato la decisione del primo giudice, ritenendo che nel caso di specie non fosse consentita l’applicazione della misura di sicurezza non detentiva della libertà vigilata, senza però tener conto dei recenti interventi in materia della Corte Costituzionale.

Il giudice del rinvio, nell’emettere un nuovo giudizio sul punto, dovrà tener conto del riportato intervento della Corte Costituzionale, e pertanto non dovrà sentirsi obbligato ad applicare a C.B. la misura di sicurezza detentiva del ricovero in casa di cura e custodia.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione della misura di sicurezza e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte d’appello di Perugia. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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