T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 11-05-2011, n. 680

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 31 marzo 1995 il ricorrente A.L. ha presentato al Comune di Preseglie domanda di condono edilizio ex art. 31 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (nonché ex art. 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724) relativamente a un magazzino artigianale con struttura portante in metallo, avente superficie pari a 45,26 mq e altezza compresa tra 4,10 e 5,20 metri. Il manufatto (mappali n. 2673 e 622) si trova a lato della strada provinciale n. 79, all’interno di una zona sottoposta a vincolo paesistico (fascia di 150 metri dal torrente Vrenda). Nello strumento urbanistico dell’epoca l’area era classificata come agricola.

2. Il Comune, competente per subdelega ai sensi dell’art. 8 della LR 27 maggio 1985 n. 57, ha rilasciato l’autorizzazione paesistica in sanatoria ex art. 32 della legge 47/1985 con il nullaosta del 10 dicembre 1996. Contestualmente è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria.

3. Il Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici di Brescia, su delega del direttore generale del Ministero, con decreto del 21 gennaio 1997 ha annullato l’autorizzazione paesistica esercitando il controllo di legittimità di cui all’art. 82 comma 9 del DPR 24 luglio 1977 n. 616. I profili di illegittimità imputati al provvedimento comunale sono di due tipi, da un lato la mancanza di motivazione e dall’altro l’incongrua analisi dell’impatto della costruzione abusiva. Il contrasto con il vincolo paesistico è indicato nel fatto che "una siffatta costruzione, per natura dei materiali, forma e sagoma, (è) del tutto avulsa dalla tipologia edilizia del luogo".

4. Contro il decreto di annullamento il ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 1 luglio 1997 e depositato il 7 luglio 1997. Le censure possono essere sintetizzate e riordinate come segue:

(i) omessa comunicazione di avvio del procedimento;

(ii) violazione del termine perentorio di 60 giorni stabilito dall’art. 82 comma 9 del DPR 616/1977 (la documentazione completa è stata trasmessa alla Soprintendenza ancora il 13 dicembre 1996, il decreto di annullamento è del 21 gennaio 1997, la notifica dello stesso al ricorrente è avvenuta soltanto il 6 maggio 1997);

(iii) violazione del decreto del direttore generale del 18 dicembre 1996 sulla delega di competenze ministeriali dagli uffici centrali alle soprintendenze;

(iv) invasione del merito riservato alle valutazioni degli uffici comunali;

(v) difetto di motivazione.

5. L’amministrazione statale si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

6. Sulle questioni coinvolte nella vicenda in esame si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) l’omessa comunicazione di avvio del procedimento non è idonea da sola a determinare l’annullamento dell’atto finale. Per il principio ora codificato nell’art. 21octies comma 2 secondo periodo della legge 7 agosto 1990 n. 241 deve sempre essere effettuata la prova di resistenza al fine di stabilire se e in quale misura la violazione delle garanzie procedimentali abbia privato l’amministrazione di elementi istruttori in grado di far ipotizzare una decisione diversa. Questa regola è applicabile anche al controllo di legittimità sugli atti (v. TAR Brescia Sez. I 4 ottobre 2010 n. 3726);

(b) non sussiste alcuna violazione del termine perentorio di 60 giorni stabilito dall’art. 82 comma 9 del DPR 616/1977. Il periodo di tempo concesso all’autorità statale per l’esercizio del controllo di legittimità sulle autorizzazioni paesistiche degli enti locali si deve intendere (nell’interesse del vincolo paesistico) come termine interamente dedicato all’attività di controllo in senso proprio, con esclusione degli adempimenti preparatori e successivi (v. TAR Brescia Sez. I 31 gennaio 2011 n. 195). Pertanto il dies a quo decorre dal ricevimento della documentazione completa da parte delle soprintendenze, mentre nei 60 giorni deve collocarsi soltanto il decreto di annullamento e non anche la notifica dello stesso ai comuni o ai privati;

(c) a sostegno della tesi opposta non sembra sufficiente il decreto del direttore generale del 18 dicembre 1996, con il quale sono stati delegati alle soprintendenze i poteri di autorizzazione in via surrogatoria e di annullamento previsti dall’art. 82 comma 9 del DPR 616/1977. In effetti tale decreto stabilisce (art. 2) che i relativi provvedimenti devono essere "formalmente comunicati agli interessati (…) entro il termine perentorio" previsto da una norma identificabile nell’art. 82 comma 9 del DPR 616/1977. Tuttavia nella parte in cui introduce l’obbligo di comunicazione a pena di consumazione del potere il suddetto decreto deve essere disapplicato. Un atto che ripartisce le competenze all’interno dell’amministrazione statale non può modificare la disciplina sostanziale della funzione di controllo stabilita per legge, disciplina dalla quale si può ragionevolmente desumere che la perdita del potere di controllo si collega soltanto al mancato esercizio dello stesso;

(d) l’omessa o ritardata notifica rileva invece sul piano dell’affidamento del privato che intraprenda nuove opere dopo un lungo periodo di attesa. Nel caso del condono edilizio potrebbe quindi realizzarsi il presupposto di cui all’art. 35 comma 13 della legge 47/1985 per il completamento dei lavori dopo l’acquisizione del nullaosta comunale ai sensi dell’art. 32 della medesima legge (nel senso che l’autore dell’abuso è certamente tenuto ad aspettare l’esito del controllo della soprintendenza sull’autorizzazione paesistica in sanatoria, ma, se la comunicazione dell’esito di tale controllo ritarda gravemente, l’esecuzione di opere di completamento del fabbricato abusivo non potrebbe a quel punto essere considerata un intervento abusivo);

(e) il fatto che il decreto del direttore generale del 18 dicembre 1996 deleghi alle soprintendenze il potere di annullamento sulle autorizzazioni paesistiche ordinarie (ossia quelle rilasciate all’epoca in base all’art. 7 della legge 29 giugno 1939 n. 1497) non implica che dalla delega sia escluso il corrispondente potere sulle autorizzazioni paesistiche in sanatoria rilasciate tramite nullaosta ai sensi dell’art. 32 della legge 47/1985. Al contrario, poiché le valutazioni paesistiche non possono essere diverse a seconda che intervengano prima o dopo la realizzazione dell’opera (gli interventi edilizi abusivi non beneficiano di un trattamento privilegiato sotto questo profilo), si deve ritenere che le soprintendenze siano state investite anche del potere da esercitare nella procedura di condono edilizio;

(f) le osservazioni formulate nel decreto di annullamento, astrattamente considerate, non configurano sconfinamento nel merito né usurpazione del potere subdelegato ai comuni. L’autorità statale nell’esercitare il controllo di legittimità può avvalersi di tutte le figure dell’eccesso di potere, il che consente un esame prossimo al merito delle valutazioni svolte dagli enti locali. Se quindi rimane vietata la riformulazione del giudizio finale circa la compatibilità delle opere con il vincolo paesistico, è invece ammissibile un ampio spettro di censure non meramente formali, dalla corretta interpretazione del vincolo al travisamento delle caratteristiche del nuovo manufatto, dalla rilettura delle condizioni attuali dei luoghi all’eventuale andamento iperbolico dell’impatto di un ulteriore edificio su un’area già trasformata (v. TAR Brescia Sez. I 9 aprile 2010 n. 1531);

(g) residua quindi il difetto di motivazione, che ha in questa vicenda un duplice risvolto: è la censura che la Soprintendenza ha rivolto al nullaosta comunale ma è anche la censura che il ricorrente rivolge alla Soprintendenza;

(h) sotto il primo profilo si può ritenere che il nullaosta comunale, benché sintetico, sia adeguatamente motivato in relazione alla griglia di criteri prevista dalle direttive della Regione (v. DGR 8 aprile 1986 n. 4/7697; DGR 19 dicembre 1986 n. 4/16521; DGR 24 dicembre 1992 n. 5/30976);

(i) sotto il secondo profilo, il decreto di annullamento non considera adeguatamente la reale collocazione dell’edificio abusivo, molto più vicina alla strada provinciale che al torrente (v. rilievo aerofotogrammetrico – doc. 3 del ricorrente). Se dunque è vero che l’area ha destinazione agricola e si apre su un torrente, in concreto i caratteri dei luoghi sono certamente diversi da quelli originari. Ne consegue che da un lato le esigenze di tutela del paesaggio propriamente riferite al torrente (v. punto 12 della DGR 24 dicembre 1992 n. 5/30976) si riducono in proporzione alla distanza dallo stesso, e dall’altro la presenza della strada provinciale introduce un punto di riferimento non naturalistico. Nel complesso non appare quindi irragionevole che il Comune abbia concluso per la compatibilità del fabbricato con il vincolo paesistico. Oltretutto, come precisato dal ricorrente nella memoria dell’11 febbraio 2011, la struttura risulta mimetizzata tra gli alberi, il che ne riduce l’impatto sul territorio;

(j) occorre infine considerare che il Comune dispone di strumenti idonei a ridimensionare l’estraneità al contesto agricolo di un manufatto (regolarizzato) adibito a magazzino o deposito. In particolare la disciplina urbanistica può graduare le destinazioni praticabili, circoscrivendole a quelle attinenti o complementari all’attività agricola. Questo tipo di valutazioni, benché possano avere applicazioni anche nel giudizio di compatibilità paesistica, sono tuttavia intrinsecamente urbanistiche, e quindi in primo luogo affidate agli uffici comunali. Dunque il richiamo alla tipologia edilizia locale contenuto nel decreto di annullamento non è del tutto appropriato, in quanto non considera gli adattamenti che possono essere imposti attraverso la regolamentazione delle destinazioni d’uso.

7. In conclusione il ricorso deve essere accolto per quanto esposto sopra al punto 6 lett. (h)(i)(j), con il conseguente annullamento del decreto impugnato e il consolidamento dell’autorizzazione paesistica in sanatoria. Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso come precisato in motivazione. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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