Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-02-2011) 10-05-2011, n. 18337 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 15 settembre 2010 il Tribunale di Bologna, in funzione di giudice del riesame, rigettava l’appello proposto, a mente dell’art. 310 c.p.p., da L.G.C. avverso il provvedimento con il quale, il GIP di quel Tribunale, in data 12.8.2010, aveva negativamente valutato la sua istanza volta alla sostituzione della custodia cautelare in carcere, applicata in suo danno il 10.4.2010 in relazione ai reati di cui all’art. 416 c.p. e di cui all’art. 12, comma 3 e 3 bis nonchè D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 8 bis, commesso dall’anno 2007 a tutt’oggi, con quella degli arresti domiciliari.

A sostegno della decisione il Tribunale, confermando analoga valutazione del giudice di prime cure, richiamava l’ordinanza genetica del presente procedimento, che ha ritenuto la sussistenza e la operatività di un gruppo organizzato di persone stabilmente dedito alla violazione della normativa di controllo dei flussi migratori di stranieri extracomunitari nel nostro Paese, con reiterazione delle condotte, per almeno un triennio, attraverso la predisposizione di rapporti fittizi di lavoro, giustificativi degli ingressi e della permanenza in Italia di cittadini bangladesi. A carico del L., imprenditore che per l’accusa, dietro corrispettivo di Euro 4500 a persona, simulava i rapporti di lavoro necessari per i predetti ingressi abusivi, l’ordinanza genetica richiamava prove documentali, intercettazioni telefoniche, le dichiarazioni accusatorie di M.U. ed il riconoscimento fotografico del L. da parte di questi, ritenuto l’organizzatore del traffico illecito.

Quanto poi, in particolare, alla istanza di sostituzione della misura cautelare in atto con altra meno severa, rilevava il tribunale che non sussisteva alcun affievolimento delle esigenze cautelari, perchè ancora breve il pre-sofferto ed insufficienti le documentazioni esibite dall’indagato a riprova che egli avrebbe richiesto soltanto tre assunzioni e non già undici, in realtà riferibili per almeno sette casi ad un suo omonimo residente a (OMISSIS) ed indagato per condotte simili a quelle contestategli.

A tale proposito osservava il Tribunale che le tre domande ammesse dal L. si riferiscono a quelle proposte all’ufficio immigrazione di Crotone, mentre gli atti di indagine hanno riguardato gli uffici immigrazione di tutta Italia; che la riferibilità delle altre domande di assunzione all’omonimo del ricorrente è smentita dal fatto che questi ha operato nel 2003 e non nel 2007, come contestato all’appellante; che certamente riferibile all’indagato è la richiesta di un’assunzione presentata all’ufficio immigrazione di Roma; che le condotte del L. si protraggono ben oltre il 2007;

che tanto è provato dai contatti telefonici tra L. e l’ U. registrati nel 2009 e dal ritrovamento in capo all’ U. di un assegno non bancato, certamente destinato al L. che ne era beneficiario. Quanto alle esigenze cautelari osservava il tribunale che esse permanevano in termini di gravità; che il presofferto era breve rispetto alla gravità della sanzione edittale prevista e che, infine, gli arresti domiciliari sono caratterizzati da una saltuarietà dei controlli incompatibile con la gravità delle esigenze cautelari ed inidonei, pertanto, ad allontanare l’odierno appellante dall’ambiente in cui è maturata la condotta.

2. Ricorre per l’annullamento dell’impugnata ordinanza il L., con l’assistenza del suo difensore di fiducia, illustrando due motivi di impugnazione.

2.1 Lamenta col primo di essi la difesa ricorrente difetto di motivazione in relazione agli artt. 273 e 293 c.p.p., comma 2, lett. c), in particolare deducendo che:

– intento della difesa è quello di dimostrare che il numero delle richieste di manodopera extracomunitaria è pari a quattro e non a undici e ciò al fine di mettere in evidenza, altresì, una più attenuata gravità della condotta criminosa addebitatagli ed una ridotta rilevanza delle correlate esigenze cautelari;

– il Tribunale ha confutato gli argomenti difensivi mantenendo ferma la sua valutazione di gravità indiziaria relativa ad undici richieste di assunzione, ivi comprese le sette sicuramente avanzate all’ufficio immigrazione di Varese, assolutamente non riferibili al ricorrente;

– richiama a riprova dell’assunto difensivo il ricorrente il disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, in forza del quale le domande di assunzione possono essere rivolte agli uffici della provincia di residenza del luogo in cui ha sede l’impresa, ovvero del luogo ove deve svolgersi la prestazione lavorativa;

– da tale norma rinviene con certezza, pertanto, che giammai può il ricorrente, residente a Crotone, con ditte operative a Crotone e – Roma, aver avanzato richieste di assunzione a Varese, ove invece risiede il suo omonimo L.G. (le richieste del ricorrente sono infatti a nome di L.G.C.);

– mai le richieste presentate a Varese sono state comunicate all’ufficio omologo del luogo di residenza del ricorrente ovvero del luogo ove operano le sue ditte, comunicazione anch’essa imposta dall’art. 22 citato;

– soltanto quattro e non undici domande di assunzione sono verosimilmente riferibili al ricorrente ed in tali termini va valutata la sua condotta criminosa e la chiamata in correità del M.U.;

– a carico del L. vengono opposti altre due circostanze accusatone: un assegno bancario non negoziato, appunto per questo privo di rilevanza giuridica e penale ed un preteso incontro a Roma con l’ U. da questi affermato;

– allegata al ricorso v’è la certificazione della compagnia telefonica di riferimento, la quale attesta che i giorni in cui il L. viene indicato come presente a Roma, il suo cellulare agganciava le celle di Rocca di Neto, in provincia di Crotone;

– anche le intercettazioni telefoniche si appalesano dimostrative di tale ultimo assunto atteso il loro senso logico.

2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente difetto di motivazione in ordine agli artt. 274 e 275 c.p.p., comma 3, sul rilievo che la gravità delle esigenze cautelari sono state affermate senza alcuna considerazione dello stato di incensuratezza del ricorrente, che dal 2007 non sono state registrate altre domande di assunzione e che palesemente illegittima è la motivazione utilizzata per negare la sostituzione della misura cautelare, là dove fa riferimento alla difficoltà di controllo dell’arrestato domiciliare.

3. Il ricorso è fondato nel suo secondo motivo di doglianza, dappochè palese il difetto di motivazione con riferimento alle cautelari.

Ed invero il Tribunale ha motivato sul punto evocando la gravità della condotta e la inidoneità della diversa misura ad assicurarne le finalità attesa la saltuarietà dei controlli che la caratterizzano.

Per un verso pertanto, si fa riferimento ad una condotta che, nel corso del processo, si sta e di molto ridimensionando, sia perchè il verosimile numero delle persone extracomunitarie interessate da fittizi rapporti di lavoro non è di undici, bensì di quattro (sul punto alle efficaci osservazioni difensive riferibili alla omonimia di due imprenditori, l’uno calabrese e l’altro lombardo, nulla dice l’ordinanza) circostanza questa che ridimensiona, proporzionalmente la gravità della condotta, sia perchè è incontestabile l’ulteriore circostanza che l’indagato, la cui incensuratezza merita comunque una considerazione ancorchè nella necessaria logica di bilanciamento di valutazioni necessariamente contrastanti, dal 2007 non ha reiterato condotte sospette. Per altro verso poi si appalesa illegittimo il richiamo alla idoneità della più attenuata misura pure invocata dall’indagato con l’argomento innanzi riportato.

In tema di applicazione di misure cautelari personali, infatti, la custodia in carcere non può essere disposta sulla base del rilievo che la difficoltà del continuo controllo richiesto dalla misura degli arresti domiciliari rende questi ultimi insufficienti. Ciò in quanto tale motivazione non risponde al requisito della specificità imposto dall’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), facendosi in tal modo carico all’indagato di un problema organizzativo e di efficienza estraneo agli elementi da considerare nella valutazione (Cass., Sez. 4^, 02/02/1996, n. 367; Cass., Sez. 4^, 05/07/2007, n. 34284).

4. L’ordinanza, peraltro priva della sottoscrizione del presidente del collegio omissione per la quale si rimanda a Cass., Sez. 6^, 09/12/2009, n. 49886, va pertanto annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bologna perchè si rivedano le motivazioni del rigetto alla luce della verosimile minore gravità della condotta (quattro e non undici rapporti fittizi) della personalità del ricorrente e della reale qualità delle esigenze cautelari collegabili al fatto ed alla condotta imputabile al ricorrente.

La cancelleria provvedere all’adempimento previsto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di Bologna. Dispone trasmettersi copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 ter disp. att. c.p.p.., comma 1.

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