Cons. Stato Sez. III, Sent., 12-05-2011, n. 2852 Passaggio ad altra amministrazione Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Ministero dell’interno ha appellato la sentenza 29 luglio 2010 n. 1833 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione prima, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dai signori A. Z., F. P. e M. C. – già dipendenti NATO transitati al Ministero dell’interno quali impiegati civili non di ruolo – inteso ad ottenere la declaratoria del loro diritto all’inclusione dell’indennità integrativa speciale nel computo del beneficio, previsto dall’art. 5 del d.P.R. n. 344 del 1983, dell’attribuzione dell’1,250% dello stipendio iniziale di assunzione nello Stato per ogni anno di servizio o frazione prestato in quell’Organismo, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

L’appellante ha premesso che in data 26 aprile 2005 gli appellati rivendicavano il diritto al beneficio anzidetto davanti al Tribunale di Brindisi, il quale però dichiarava il proprio difetto di giurisdizione; che i medesimi riassumevano il giudizio davanti al TAR Puglia; che la pronuncia di quest’ultimo si fonda sul rilievo che la disposizione in parola non escluderebbe dalla base di computo la predetta indennità, avente natura retributiva e finalità di adeguamento al costo della vita, né all’esclusione potrebbe pervenirsi in via interpretativa in assenza di sicuri indici sintomatici della rispettiva volontà del legislatore, mentre la ricostruzione seguita sarebbe in linea con la finalità perequativa perseguita dalla norma.

A sostegno dell’appello ha poi dedotto:

1.- Il TAR avrebbe dovuto dichiarare il ricorso inammissibile per tardività. La riassunzione non era infatti possibile poiché la cognizione della controversia era sempre stata devoluta ex lege al giudice amministrativo, né vi era incertezza in materia.

2.- Il ricorso era in ogni caso inammissibile per mancata indicazione dei provvedimenti impugnati. I ricorrenti non hanno infatti impugnato né contestato esplicitamente gli atti, a loro noti, con i quali è stato attribuito loro e computato il beneficio di cui trattasi. Né è idoneo a rendere ammissibili le proposte censure il generico riferimento alle contestazioni del decreto ministeriale del 30 settembre 2005 mosse con la domanda proposta nel giudizio riassunto.

3.- Il ricorso era comunque improcedibile per carenza di interesse, dal momento che l’Amministrazione, prima ancora di aver notizia del ricorso proposto davanti al Tribunale di Brindisi, aveva proceduto al riconoscimento del beneficio rivendicato con la domanda iniziale, consistente nel computo della sola voce "stipendio"; tale domanda era mutata in corso di causa e dopo numerose udienze dalla notifica dei relativi provvedimenti, sicché controparte era decaduta dalla possibilità di modificare l’originaria richiesta. Tale inammissibilità, associata alla tardività, avrebbe dovuto essere valutata dal TAR ai sensi dell’art. 59 della legge n. 69 del 2009.

4.- Nel merito, la pronuncia è illegittima, frutto di un evidente travisamento della norma correttamente applicata dall’Amministrazione. L’indennità di cui trattasi, istituita nel 1959, era una delle componenti della retribuzione ed è restata espressamente distinta dalle altre fino al 31 dicembre 2002, poiché inglobata nello stipendio tabellare solo a decorrere dal 1° gennaio 2003. Ne consegue che, non avendo il d.P.R. n. 344 del 1983 fatto cenno all’I.I.S., ma menzionato il solo stipendio, alla data del 31 dicembre 2002, di assunzione dei ricorrenti, tale voce non poteva essere inclusa nella base di computo al pari delle altre componenti del trattamento economico anch’esse aventi natura retributiva.

La sentenza è incongruente laddove richiama l’art. 2 del d.P.R. n. 310 del 1981, posto che tale articolo fa esplicito riferimento al solo "stipendio iniziale del livello retributivo". D’altra parte il cit. art. 5 del d.P.R. n. 344 del 1983 ha riguardo allo "stipendio iniziale del livello retributivo" di assunzione alle dipendenze dello Stato, ossia nella specie quello, computato, di cui alla tabella B del CCNL del 26 maggio 2004, biennio economico 20022003, vigente all’indicata data di assunzione, quindi è stata rispettata la finalità perequativa, mentre il computo anche dell’indennità integrativa speciale costituirebbe evidente disparità di trattamento rispetto al personale assunto precedentemente e che ha ottenuto l’attribuzione del beneficio calcolato sul solo stipendio tabellare. La non pertinenza dell’istituto dell’I.I.S. è pure confermata dall’art. 1 della legge istitutiva n. 359 del 1959, secondo cui l’indennità compete "ad un solo titolo".

5.- La sentenza è erronea nella parte in cui riconosce il cumulo di interessi e rivalutazione, invece vietato dall’art. 22, co. 36, della legge n. 724 del 1994, spettando al dipendente pubblico i soli interessi.

Gli appellati si sono costituiti in giudizio ed hanno svolto ampie controdeduzioni.

All’odierna udienza pubblica l’appello è stato introitato in decisione.
Motivi della decisione

Si controverte dell’applicazione in favore degli originari ricorrenti, già dipendenti della Nato assunti in data 31 dicembre 2002 presso il Ministero dell’interno quali impiegati civili non di ruolo, del beneficio economico previsto dall’art. 5 del d.P.R. 25 giugno 1983 n. 344 (recante norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 29 aprile 1983 concernente il personale dei Ministeri ed altre categorie), secondo il quale "Il servizio prestato dal personale di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, e alla legge 23 novembre 1979, n. 596, alle dipendenze degli organismi militari operanti sul territorio italiano nell’ambito della Comunità atlantica, dà titolo ad un beneficio pari all’1,25 per cento dello stipendio iniziale del livello retributivo corrispondente alla posizione giuridica in base alla quale è stato assunto alle dipendenze dello Stato, per ogni anno di servizio o frazione di anno superiore a sei mesi, con le modalità previste dall’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 1981, n. 310". Più precisamente, gli interessati rivendicavano l’inclusione dell’indennità integrativa speciale nel computo di detto beneficio.

Con la sentenza appellata in questa sede il primo giudice ha ritenuto che dello "stipendio iniziale" facesse parte l’indennità integrativa speciale quale emolumento avente natura retributiva, in assenza di sicuri indici sintomatici della volontà legislativa di optare per un’applicazione restrittiva del beneficio; ciò a maggior ragione in considerazione della finalità perequativa della norma contrattuale riportata, intesa a permettere al personale ex dipendente della NATO un transito alle dipendenze di amministrazioni statali non deteriore dal punto di visto economico.

Sennonché per "stipendio iniziale del livello retributivo corrispondente alla posizione giuridica" di assunzione nello Stato non può che intendersi lo stipendio tabellare di base appunto della posizione giuridica attribuita all’atto dell’assunzione.

Ciò in primo luogo perché il dato letterale della norma contrattuale di cui si discute non lascia spazio alla considerazione di ulteriori elementi facenti parte della retribuzione globale, dunque pur aventi indubbia natura retributiva; tanto meno v’è menzione dell’indennità integrativa speciale, ancorché da lungo tempo istituita e vigente all’atto dell’emanazione della stessa norma.

In secondo luogo, è in tal modo che la ripetuta norma contrattuale ha voluto perseguire la finalità perequativa ad essa sottesa, evidentemente tenuto anche conto che l’indennità in parola era comunque percepita separatamente dall’impiegato (e tanto fino al 1° gennaio 2003, ossia dopo l’assunzione degli originari ricorrenti, giacché l’art. 20, co. 3, del CCNL di categoria sottoscritto il 26 maggio 2004 ne ha stabilito la ricomprensione e l’assorbimento nello stipendio tabellare con tale decorrenza), sicché la sua (autonoma) inclusione nel computo del beneficio si sarebbe risolta nella sua duplice corresponsione, sia pur in quota parte, in contrasto col disposto dell’art. 1, co. 4, della legge 27 maggio 1959 n. 324, istitutiva della medesima indennità, secondo cui "’L’indennità integrativa speciale compete ad un solo titolo".

Infine, l’interpretazione seguita dal primo giudice non trova conforto neppure nell’operato richiamo alle "modalità previste dall’art. 2" del d.P.R. 9 giugno 1981 n. 310, il quale infatti riguarda l’inquadramento nei "livelli stipendiali", ossia sulla base degli importi tabellari; in particolare, in ordine all’attribuzione dell’analogo beneficio dell’1,25 per cento per ogni anno o frazione superiore a sei mesi del periodo non di ruolo in favore del personale che abbia prestato anche tale servizio, fa anch’esso riferimento allo "stipendio iniziale del livello retributivo" corrispondente alla categoria non di ruolo interessata (cfr. co. 2, lett. d).

Per le considerazioni sin qui esposte deve ritenersi fondato il quarto motivo dell’appello in esame, in quale va pertanto accolto, con assorbimento di ogni altra doglianza.

Tuttavia, la peculiarità e la novità della questione di cui si è trattato consigliano la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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