Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-02-2011) 10-05-2011, n. 18275

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorsi proposti nell’interesse di P.A., V. M. e B.R. sono inammissibili per manifesta infondatezza e perchè coinvolgono questioni di fatto, tendendo ad una mera rilettura delle risultanze processuali vagliate dalla Corte di appello di Roma con solidi e coerenti percorsi argomentativi.

Essi deducono, in sostanza, vizi rapportabili alla motivazione dei provvedimento impugnato, mentre è noto che la mancanza o manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento stesso e l’indagine di legittimità è necessariamente circoscritta a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo svolto dal giudice di merito.

Esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto già vagliati e posti a fondamento della decisione impugnata, non potendo integrare il vizio di legittimità soltanto una diversa ricostruzione delle risultanze processuali, magari prospettata in maniera più utile per il ricorrente.

Vanno, ora, esaminati partitamente i singoli ricorsi.

Il ricorso del P. contesta la ricostruzione dei fatti, in particolare l’addebito di "avere consegnato l’assegno alla Br." e di averlo ritenuto colpevole del delitto di ricettazione continuato, mentre, "a tutto voler concedere al P. può essere contestato il possesso di un assegno".

Al riguardo va osservato che le posizioni dei tre odierni ricorrenti sono state esaminate dalla Corte romana nell’ambito di una complessa vicenda che ha visto coinvolti numerosi altri imputati e che è stata definita con plurime dichiarazioni di prescrizione dei reati, residuando a carico di P., V. e B. "solo i fatti di ricettazione di cui al capo C)", concernente un giro di assegni bancari oggetto di furto.

Ciò posto – e le osservazioni che seguono sono attinenti anche agli altri due ricorrenti – va rilevato che la Corte territoriale ha ricostruito, con motivazione insindacabile in sede di legittimità, il complesso snodarsi dell’attività criminosa contestata, che ha visto impegnati, non per un singolo movimento di un assegno ma per una più vasta movimentazione, tutti e tre i ricorrenti, in una situazione dettagliatamente descritta dalla sentenza impugnata.

Pertanto le doglianze del P. si dimostrano – come detto – mere contestazioni in fatto prive di consistenza (v. ad esempio la sentenza a pag. 10: "nella disponibilità del P. venivano rinvenuti vari assegni di illecita provenienza").

Il ricorso del V. è anche generico: si limita a sollevare un’eccezione di giudicato, che nella sua esposizione del tutto sintetica non consente a questa Corte di procedere ad una valutazione di dati concreti se non ad un preteso collegamento con la posizione di un altro imputato; nonchè a dolersi del trattamento sanzionatorio, che la sentenza impugnata ha per altro ridimensionato ("così anche accogliendosi il motivo di appello gradato proposto nell’interesse del B. e del V."), ispirandosi correttamente ai criteri indicati dall’art. 133 c.p..

Il ricorso del B. contiene un’eccezione di rito, attinente ad una pretesa lesione del diritto di difesa per mancata notificazione delle date di udienza davanti alla Corte di appello. Sul punto è sufficiente osservare, in relazione alle generiche doglianze del ricorrente, come l’accesso alle carte processuali, consentito al giudice di legittimità in tema di rilievi di rito, riveli che all’udienza del 18 aprile 2007 l’avv. Giraldi era presente ("Avv. Giraldi di fid. presente") ed ebbe cognizione del rinvio alla successiva udienza.

Quanto al denunciato vizio di motivazione, malgrado l’estesa e dettagliata esposizione, nessun difetto argomentativo è dato rilevare, atteso che la Corte di merito ha dato rilievo alla duplice chiamata di correità e alla "singolarità della presenza del B. a significativi appuntamenti concernenti le suindicate pseudo-operazioni immobiliari".

A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – determinata da profili di colpa emergenti dai ricorsi (v. Corte Cost. sent. 186/2000) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00 (mille) ciascuno.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di Euro 1.000,00 ciascuno.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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