Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-01-2011) 10-05-2011, n. 18269

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che, in riforma della sentenza del Tribunale di Catania, ha prosciolto dall’accusa di violenza privata in concorso M.S., N.L. e P.A. per intervenuta prescrizione del reato ricorre la difesa dei due imputati, con distinti ricorsi, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo a motivo: M. S.;

a) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta da atti del processo. Deduce il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe errato nel pronunciare la sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato invece che l’assoluzione dal reato. Emerge con evidenza dalle dichiarazioni della parte lesa V.A., di cui al verbale di udienza del 23.10.2007 (pag. 20, 21, 24 e 71) in allegato, che non aveva ricevuto alcuna pressione dal M.. b) Violazione dell’art.606 co 1 lett. b) ed e) c.p.p. La Corte di merito ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di violenza privata anche se, di quest’ultima fattispecie, a parere del ricorrente,non era stato individuato l’elemento della minaccia. Il M., pertanto, doveva essere assolto nel merito.

N.L.:

a) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) per mancata valutazione del motivo di appello con il quale si chiedeva la riqualificazione del reato in esercizio arbitrario delle proprie ragioni. La Corte territoriale in merito si è limitata ad un generico quanto improprio richiamo alla sentenza di prime cure. Il materiale probatorio, però, dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che la persona offesa non percepì la minaccia come proveniente dal N..

La Corte non ha tratto le logiche deduzioni dall’aver eliminato l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 con il conseguente venir meno della ricostruzione della vicenda compiuta dal giudice di prime cure. Più giusto sarebbe stato assolvere il N. per la sua assoluta estraneità ai fatti, determinata dal venire meno, con l’eliminazione dell’aggravante, dell’azione collettiva dei tre imputati.

P.A.:

a) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) per erronea applicazione della legge penale avendo la Corte di merito dichiarato la prescrizione del reato mentre avrebbe dovuto pronunciarsi nel merito, sulle deduzioni dell’appellanti, escludendo il requisito della minaccia.
Motivi della decisione

2. I ricorsi sono manifestamente infondati.

2.1 E’ giurisprudenza costante, ripetuta ed articolata di questa Corte di legittimità, che si sviluppa tra due pronunce delle Sezioni Unite, la n. 1653 del 1992 (dep. 22/02/1993 – Rv. 192471) e la n. 35490 del 2009 Ud. (dep. 15/09/2009 Rv. 244275), quella che ritiene che la sentenza del giudice di merito che applichi una causa di estinzione del reato non può essere sindacata in sede di legittimità sotto il profilo della carenza e della contraddittorietà della motivazione, giacchè l’eventuale annullamento della sentenza, con conseguente rinvio al giudice di merito, determinerebbe una prosecuzione del giudizio incompatibile con l’immediata applicazione delle cause estintive; unico potere riconoscibile alla Corte in tal caso è quello di esaminare, ai fini dell’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, se ricorrano i presupposti per l’applicazione di una delle cause di assoluzione piena, ma l’indagine circa l’evidenza della prova di innocenza deve essere condotta sulla base della stessa sentenza impugnata. N. 1653 del 1993 Rv. 192471 Rv. 195893. 2.2 Pertanto, in presenza di una dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione l’ambito del controllo di legittimità sulla giustificazione della decisione è circoscritto alla evidenza delle condizioni di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2, secondo un criterio che attiene alla constatazione piuttosto che all’apprezzamento ( Rv.

242959).

Nel caso in esame, la sentenza di primo grado che si è conclusa con l’affermazione di responsabilità penale per il reato di violenza privata e la relativa condanna esclude l’evidenza dei presupposti dell’assoluzione nel merito. I ricorsi, pertanto, devono essere dichiarati inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, le parti private che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille, ciascuno, alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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