Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-01-2011) 10-05-2011, n. 18322

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ordinanza n. 132/2010, pronunciata il 3.2.2010 il Tribunale di Sorveglianza di Catania respingeva l’appello proposto da E. G. avverso l’ordinanza 28.9.2009 con la quale il magistrato di sorveglianza di Catania aveva disatteso la sua istanza di revoca anticipata della misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 3, misura in corso perchè applicatagli, dallo stesso magistrato di sorveglianza con provvedimento 12.11.2007, in forza della sentenza 17.7.1998 della Corte d’Appello di Catania che aveva condannato l’ E. alla pena di anni 12 di reclusione per il reato di cui all’art. 416 bis commesso nel (OMISSIS).

Il tribunale di sorveglianza riteneva, condividendo il giudizio del magistrato di sorveglianza, che l’ E. dovesse essere ancora considerato persona pericolosa. Argomentava che ciò era dimostrato non solo dai gravi reati per i quali era stato condannato con la sentenza che aveva comminato la misura di sicurezza, ma anche dai precedenti in materia di contrabbando e violazione delle norme a tutela delle acque, dai procedimenti pendenti per i reati di rapina ed estorsioni varie, perpetrate con l’aggravante dell’aver commesso il fatto facendo parte dell’associazione mafiosa denominata "Santapaola"; episodi questi che, per quanto risalenti nel tempo, visto che era rimasto detenuto per oltre 10 anni sino al 2004, erano, comunque, dimostrativi della sua notevole inclinazione al delitto.

Riprova della ritenuta pericolosità era, poi, il fatto che, dopo essere stato sottoposto alla misura di sicurezza, il 10 agosto 2008 era stato colto a bordo di una autovettura, nell’area portuale di Catania assieme a due pregiudicati, S.A. e C. C., in violazione delle prescrizioni imposte e dimostrando di non voler intraprendere una condotta di vita positivamente orientata.

La permanenza della pericolosità sociale del prevenuto era altresì desumibile dal contenuto della relazione dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna dalla quale si evinceva la mancanza di revisione critica del vissuto deviante.

1.2.- Propone ricorso per Cassazione il difensore di E. G. adducendo: omessa motivazione, illogicità, travisamento, violazione di legge. Lamenta il ricorrente che il Tribunale abbia genericamente fondato la sua decisione sui precedenti penali ed i carichi pendenti del soggetto e sulla relazione dell’UEPE, della quale ha travisato il contenuto, posto che in essa mai è stata ipotizzata la attuale pericolosità dell’ E.. Il giudizio del tribunale è apodittico e stride con l’indagine scientifica ed individualizzata richiesta dalla norma, ma non valutata dal collegio, e con le risultanze processuali sulla sicura emenda del prevenuto. In particolare vi è stata omessa motivazione circa la malattia terminale dalla quale è affetto l’ E., sul lavoro che egli svolge, sull’eccellente condotta che il medesimo ha tenuto, nonchè, in generale sugli effettivi progressi dallo stesso compiuti nell’adeguamento ai valori della legalità. 1.2.- Con motivo aggiunto, atto depositato l’11 marzo 2010, il ricorrente lamenta l’omessa motivazione, l’illogicità della stessa ed il travisamento dei documenti che il tribunale di sorveglianza aveva a disposizione. Sostiene infatti che la relazione di servizio della polizia, afferente alla presunta violazione da parte del ricorrente delle prescrizioni imposte con la misura di sicurezza in atto, non era presente agli atti del procedimento del magistrato di sorveglianza e la circostanza aveva costituito specifico motivo di appello perchè in primo grado, sul punto, la difesa non aveva avuto modo di interloquire. In proposito il Tribunale afferma inesattamente che la relazione fosse a disposizione senza motivare.

1.3.- Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità in quanto i motivi a sostegno dell’impugnazione non denunziano vizi di legittimità ma si risolvono in censure in fatto del provvedimento.
Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo il ricorrente si duole che il giudizio relativo alla perdurante pericolosità sociale del prevenuto sia argomentato in maniera apodittica e che il tribunale di sorveglianza abbia omesso di prendere in considerazione tutte le circostanze, di segno contrario rispetto al perdurare della pericolosità, specificamente indicate dalla difesa nell’atto di appello, laddove, invece il provvedimento impugnato risulta sostenuto da motivazione congrua ed adeguata.

Correttamente il tribunale richiama i gravi reati per i quali l’ E. era stato condannato con la sentenza che aveva comminato la misura di sicurezza, i precedenti in materia di contrabbando e violazione delle norme a tutela delle acque, i procedimenti pendenti per i reati di rapina ed estorsioni varie, perpetrate con l’aggravante dell’aver commesso il fatto facendo parte dell’associazione mafiosa denominata "Santapaola", il contenuto della relazione dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna.

Riguardo a questa deve, poi essere sottolineato che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, in essa gli operatori non devono esprimere giudizi sulla pericolosità sociale ma solo riferire sulle condotte di vita socio-familiare del soggetto, sul suo atteggiamento nei confronti del reato e su quanto rilevato in termini resipiscenza e di mutate abitudini di vita, al fine di fornire elementi di valutazione ai magistrati ai quali, soli, è demandato il giudizio circa la sussistenza della pericolosità sociale. Dalle riscontrate circostanze, dunque, il tribunale di sorveglianza induce, in aderenza alle disposizioni normative, artt. 203, 208 e 133 c.p., l’attualità della sussistenza della pericolosità sociale, intesa quale giudizio prognostico in ordine alla possibilità di reiterazione di comportamenti contra legem (Cass. Sez. 1, sent. 14.10.2010 n. 40808, Rv. 248440; Cass. Sez. 1, sent. 22.12.1993, n. 5643 Rv. 196549).

1.2.- .Quanto al secondo motivo aggiunto esso, al pari del primo, è infondato. In tema di applicazione delle misure di sicurezza, posto che la pericolosità sociale deve essere sempre accertata nella sua attualità, il giudizio del tribunale di sorveglianza in sede di appello si svolge attraverso il vaglio completo di tutte le emergenze sia devolute che sopravvenute pertanto la relazione di polizia, che il ricorrente assume non essere stata presente negli atti vagliati dal magistrato di sorveglianza, era comunque presente nel fascicolo del tribunale il quale, giustamente ne ha tenuto conto e la ha, correttamente, considerata significativa nell’ambito degli altri elementi indicativi del perdurare della pericolosità sociale all’uopo vagliati, senza che dinnanzi ad esso tribunale sia stato precluso alla difesa di contro dedurre sul punto e di esporre le sue argomentazioni.

Per le ragioni sopraesposte il ricorso è infondato e deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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