Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-12-2010) 10-05-2011, n. 18321 Reato continuato e concorso formale

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con ordinanza in data 28 maggio 2010 il Tribunale di Potenza- Sezione Riesame respingeva la richiesta di riesame proposta da G.G. avverso l’ordinanza del GIP di del Tribunale di Lagonegro che, in data 12 maggio 2010, aveva applicato nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati: a) di cui all’art. 416 c.p.; b) di cui agli artt. 81, 319, 319 ter c.p. e art. 321 c.p.; c) di cui agli artt. 110, 628, commi 1, e 3, n. 1, art. 61 c.p., n. 5; d) di cui all’art. 81 cpv., artt. 110, 582, 583, comma 1, n. 1, art. 585 c.p., in relazione all’art. 576 n. 1, art. 61 c.p., n. 2; e) di cui all’art. 81 cpv, artt. 110, 628, commi 1 e 3, n. 1, art. 61 c.p., n. 5; f) di cui agli artt. 110, 575, art. 576 c.p., n. 1.

La misura cautelare era stata emessa dal GIP a seguito delle nuove indagini della Procura della Repubblica di Lagonegro scaturite dalle dichiarazioni rese da M.P., all’epoca dei fatti reato contestati Brigadiere dei Carabinieri in servizio presso la Stazione di Lauria, a seguito del processo conclusosi, in secondo grado, con sentenza di condanna all’ergastolo per i delitti di rapina, violazione di domicilio e lesioni, posti in essere in danno dei coniugi P.- B. e dei delitti di rapina, violazione di domicilio ed omicidio commessi in danno dei coniugi C.- R.. Il quadro emerso dalle suddette indagini si compendia , secondo il tribunale, in un quadro indiziario nell’ambito del quale emerge che la G., all’interno di una struttura a carattere associativo da lei diretta e della quale erano partecipi il marito dell’imputata C.A., M.N. e V. N. e M.P., previa individuazione di persone anziane e benestanti, prive di prossimi congiunti, da un lato poneva in essere atti tesi a carpire la loro fiducia, dall’altro, con il supporto dei sodali, operava al fine di far percepire agli anziani stessi di trovarsi in pericolo e di avere, quindi, necessità di compagnia ed assistenza. A ciò seguiva la sua pronta offerta di assistenza alle vittime designate che, qualora accettata, portava poi all’allontanamento di queste dai parenti e la loro induzione al compimento di atti di liberalità e di disposizione patrimoniale in favore dell’imputata.

L’esistenza della associazione a delinquere ed il modus operandi della G. e dei partecipi era evidenziato dalle propalazioni di M.P., riscontrate ai sensi dell’art. 192 c.p.p., comma 3, dalle numerose dichiarazioni testimoniali di vari soggetti, dalle intercettazioni telefoniche e dall’altro materiale investigativo in atti, oltre che dalla sentenza della Corte di assise di Potenza pronunciata nei confronti del M..

Il modo di operare della G. era riscontrato da diverse vicende, puntualmente ed analiticamente esaminate dai giudici di merito, tra esse quella concernente P.R., anziano benestante al quale la G. aveva offerto la propria assistenza agli inizi del 2001. In relazione a tali fatti, per quanto ormai coperti da prescrizione rileva il Tribunale, come da essi emerga che la G., abbia, con ruolo primario, partecipato all’ideazione ed alla commissione dei diversi reati di truffa, falso e altri, al fine di appropriarsi del suo patrimonio finchè l’anziano era in vita, reati poi reiterati dopo il decesso del P., con la predisposizione e l’uso di testamenti olografi apocrifi e di una scrittura privata risultata falsa. Analoghe modalità operative erano state, poi, poste in essere nei confronti di tre anziani germani, P.A., P.L. e P.G. nel 2003/2004 con la fattiva complicità di R.E., allora maresciallo dei Carabinieri della stazione di Rivello.

Osserva il tribunale che, per quanto i reati di truffa posti in essere nei confronti dei germani P. fossero stati ritenuti estinti per prescrizione, in relazione agli stessi doveva ritenersi la sussistenza di un grave quadro indiziario a carico della G. e del R.E. in ordine ai reati di cui agli art. 81, 319, 319 ter e art. 321 c.p., contestati al capo F) della originaria rubrica, e consistiti nell’avere la G. dato denaro ed altre utilità, quali un telefono cellulare, al maresciallo R. perchè compisse atti contrari al proprio dovere d’ufficio nel corso delle truffe perpetrate in danno dei fratelli P..

Rileva, quindi, che riguardo alla vicende della rapina, commessa il 14 ottobre 2004 ai danni di due anziani coniugi P.N. e B.A. all’interno della loro abitazione in contrada Rotale di Rivello, e dell’altra rapina, commessa il (OMISSIS), a seguito della quale perirono i coniugi C.D. e R.M., i gravi indizi di colpevolezza in capo alla G. erano riscontrabili nel memoriale relativo ai due episodi consegnato da M.P. alla Corte di assise di Potenza; nonchè dalle successive dichiarazioni dello stesso.

In particolare le dichiarazioni rese nel 2009, e anche successivamente nel corso del procedimento, confermavano quanto già appurato con la sentenza della Corte di assise di appello di Potenza divenuta definitiva, ed erano positivamente riscontrate dall’analisi del traffico telefonico intercorso, nelle giornate del (OMISSIS), nei momenti antecedenti e successivi alla rapina ed all’omicidio in danno dei coniugi C.- R., tra la G. e M.P., contatti telefonici interrotti solo dopo l’arresto di quest’ultimo.

Secondo il tribunale in entrambi i delitti il M. agì su commissione della G., come dallo stesso dichiarato, sia perchè blandito da promesse di favori sia in quanto minacciato;

mentre il primo delitto di rapina fu organizzato e realizzato per intimorire le anziane vittime, alle quali poi la G. avrebbe offerto la sua assistenza per appropriarsi dei loro beni, il secondo traeva invece origine dal risentimento che la stessa nutriva nei confronti di C.D. e R.M. che erano suoi suoceri.

Riguardo alle esigenze cautelari affermava il tribunale la sussistenza e la permanenza del grave pericolo della reiterazione criminosa nei confronti di G.G., a cagione delle modalità di realizzazione dei fatti che denotano la sua spiccata capacità nella organizzazione di attività delittuose, anche di notevole gravità, e la facilità nella ripetizione seriale delle stesse, considerato che, successivamente ai fatti oggetto di procedimento, anche in tempi recenti è risultato che cercasse di individuare anziani dei quali acquisire i patrimoni.

2. – Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Potenza ha proposto ricorso per cassazione G.G. a ministero dei difensori avvocati Angelo Cutolo ed Agostino Fortunato, adducendo a ragione:

1) Violazione e falsa ed erronea applicazione degli artt. 273 e 274 c.p.p. per carenza di gravi indizi di colpevolezza e per assenza di ragioni cautelari, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli stessi.

Lamenta la ricorrente che il memoriale del M.P. sia ritenuto credibile sulla base delle valutazioni fattene da altri giudici nel processo celebrato a carico di questi, pur trattandosi di materiale di conoscenza acquisito in assenza degli interessati e il cui contenuto contrasta con altre dichiarazioni rese dallo stesso M. in precedenza. In particolare per le vicende P.- B. e C.- R. la chiamata in correità del M. appare poco credibile perchè addebita alla imputata un comportamento in totale discrasia rispetto a quello di circuire dei vecchietti offrendo loro assistenza, per impadronirsi dei loro beni e ponendo in essere a tali fini solo degli atti di disturbo quali lanci di pietre, rumori ai vetri e simili. Il M. per accreditare la sua versione dei fatti inventa l’esistenza presso le vittime di notevoli somme di danaro che sarebbe stata riferita dalla ricorrente, aggiungendo per i coniugi C.D. e R.M., l’odio che la G. nutriva nei confronti dei suoceri, circostanza questa smentita da C.A., C.R. e da altro teste. Inoltre in motivazione il tribunale non ha tenuto conto che dopo l’intestazione dei beni da parte degli anziani la G. non avrebbe, per contratto, recedere dall’assistenza loro promessa e di ciò i giudici avrebbero ben potuto rendersi conto se non avessero totalmente ignorato di una serie di documenti prodotti all’udienza di discussione.

Quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari si assume nei ricorsi che essendo cessata l’associazione a delinquere nel 2004 e depurata la condotta della G. dai delitti di rapina ed omicidio, che furono solo opera del M., il pericolo di reiterazione residuerebbe solo con riguardo a condotte truffaldine per le quali non è consentita custodia cautelare. In proposito l’ordinanza gravata non ha fornito motivazione essendosi limitata a elencare una serie di indizi. Nè sono fondati i rilievi circa le presunte nuove attività che la ricorrente avrebbe posto in essere di recente per trovare persone anziane da accudire, infatti dalle captazioni di conversazioni richiamate in ordinanza si desumono, al più, dei meri propositi cui non segue alcuna attività esecutiva.

2) Violazione dell’art. 275 c.p.p. e assenza di motivazione in punto di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura custodiale applicata.

E’ assunto in ricorso che il Tribunale del riesame non motiva in alcun modo la scelta operata di applicare la misura della custodia cautelare in carcere in luogo di altre meno afflittive e più consone alle attuali condizioni di salute della G.. In particolare si duole la ricorrente che nell’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, sia pure a mente dell’art. 275 c.p.p., comma 3, il tribunale non abbia tenuto conto della sua condotta successiva ai reati più gravi, condotta che porta ad escludere la reiterazione dei fatti di sangue, per cui residuerebbe solo la paventata reiterazione dei reati meno che ragionevolmente potrebbe essere contenuta con una misura meno invasiva quale quella degli arresti domiciliari.

3.- Il Procuratore Generale presso questa Corte, dott. Giuseppe Volpe, ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

4.- Il ricorso è infondato e, in conseguenza deve essere rigettato.

4.1.- Sul primo motivo di ricorso osserva il Collegio che sindacato di legittimità sulla motivazione del provvedimento cautelare personale è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine del provvedimento. Il controllo della Corte Suprema di Cassazione non concerne nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei dati probatori (Cass. Sez. 3, Sent. 21 ottobre 2010, n. 40873, Rv. 248698; Cass. Sez. 6, Sent.

12 novembre 1998, n. 3529, Rv. 212565; Cass. Sez. 4, Sent. 17 agosto 1996, n. 2050, Rv. 206104).

La ricorrente in realtà, pur assumendo la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata propone una lettura, propria e diversa, dei dati indiziari e probatori esaminati dai giudici di merito. In tale ottica contesta la attendibilità delle dichiarazioni di M.P., valutate dal Tribunale come gravi indizi, peraltro adeguatamente riscontrati, richiamando altre dichiarazioni diverse dallo stesso rese per affermarne la complessiva non credibilità, laddove, invece, la puntuale disamina da parte dei giudici di merito di tutto il compendio indiziario e probatorio appare congrua e completa, nonchè logicamente argomentata, con riguardo alla valutazione della esistenza di entrambi in ordine alla ascrivibilità dei reati contestati alla G.. Quanto alla lamentata insussistenza delle esigenze cautelari anche essa è ricondotta alla assunta non veridicità delle dichiarazioni eteroaccusatorie di M.P. per cui – secondo il non condivisibile ragionamento che ritenute caducabili le accuse relative alle rapine ed ai fatti di omicidio – residuerebbero in capo alla G. solo imputazioni di scarsa gravità che, in quanto tali, non necessiterebbero di cautele con riferimento alla possibile reiterazione di reati.

Sul punto è appena il caso di osservare che l’ordinanza impugnata ha dato puntuale e compiuta ragione dei motivi per i quali erano ravvisabili le specifiche esigenze di cautela, per essere le stesse ancorate alla gravità dei fatti commessi, alla reiterazione dei reati nel tempo e con modalità quasi seriali e alla, concretamente, paventata possibilità, desumibile dai discorsi intercettati della G., che fosse sua intenzione di riprendere le sue precedenti attività. 4.2.- Riguardo al secondo motivo anche esso è infondato posto che il tribunale ha indicato quali ragioni della scelta della misura cautelare adottata sia la gravità dei fatti che la personalità dell’imputata, ritenuta capace, a cagione della sua spiccata attitudine organizzativa, di reiterare le condotte delittuose se sottoposta a misura meno contenitiva.

Per le ragioni sopraesposte il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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