Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Con il ricorso in esame, la società S. A. s.r.l. appella la sentenza 17 marzo 2003 n. 97, con la quale il TAR Marche ha riunito e rigettato due ricorsi, il primo dei quali rivolto avverso gli atti di adozione ed approvazione del Piano Regolatore del Comune di Fermignano, il secondo rivolto avverso ulteriori atti afferenti il predetto PRG, ed in particolare avverso la delibera 22 maggio 2000 n. 89, con la quale il Consiglio provinciale di Ancona ha convalidato la precedente delibera n. 90/1999, con la quale la Giunta provinciale di Ancona aveva (in un primo tempo) approvato il suddetto PRG.
Con lo strumento urbanistico cui afferiscono tutti gli atti impugnati in I grado, il Comune di Fermignano ha modificato la destinazione di un’area di circa 90 ettari (sulla quale insiste un complesso alberghiero di proprietà della società appellante) da residenziale turistica ad agricola.
Secondo la impugnata sentenza:
– innanzi tutto devono essere dichiarati improcedibili i motivi di entrambi i ricorsi con i quali si solleva il vizio di incompetenza della Giunta provinciale ad approvare gli strumenti urbanistici comunali, in quanto la originaria delibera di approvazione assunta dalla Giunta è stata successivamente convalidata dal Consiglio Provinciale. Né è fondato il motivo con il quale si censura la mancanza di autonoma valutazione e motivazione da parte del Consiglio provinciale, poiché "nel convalidare gli effetti di un provvedimento viziato dalla sola incompetenza, è sufficiente l’intento dell’organo amministrativo competente di condividere il contenuto dell’atto e i presupposti sottostanti alla sua emanazione";
– non è più vigente la disposizione di cui all’art. 13 l. n. 64/1974, che prevedeva che, in Comuni ricadenti in zone a rischio sismico, l’adozione degli strumenti urbanistici doveva essere preceduta dal parere dell’Ufficio del Genio Civile. E ciò in quanto, la Regione Marche, con legge reg. 5 agosto 1992 n. 34, ha dettato una propria compiuta disciplina in materia urbanistica, con ciò facendo venire meno – ai sensi dell’art. 20 l. n. 741/1981 – l’applicabilità del citato art. 13 l. n. 64/1974. In ogni caso, secondo il Tribunale, anche a voler propendere per la persistente applicabilità dell’art. 13, il parere dell’Ufficio regionale (subentrato al non più esistente Ufficio del Genio civile) deve collocarsi, procedimentalmente, tra adozione ed approvazione del PRG, non potendosi ragionevolmente ritenere necessario un parere preventivo su un PRG non ancora nemmeno adottato;
– infine, il nuovo PRG "non ha eliminato alcun diritto quesito né ha violato una convenzione in atto", posto che l’art. 97 delle norme transitorie delle NTA ha fatto salve le lottizzazioni in essere alla data del 25 marzo 1997, tra le quali, tuttavia, non rientra quella che interessa le aree di proprietà della società ricorrente (cessata il 31 maggio 1992), essendo quindi quest’ultima "al pari di qualsivoglia altro proprietario, titolare di un’aspettativa generica che non vincolava il Comune a mantenere le previsioni del piano preesistente".
Avverso la sentenza impugnata, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 6 l. n. 249/1968 e di ogni altra norma e principio in materia di convalida degli atti amministrativi; dell’art. 32, co. 2, lett. b) l. n. 142/1990 (ora art. 42, co. 2, lett. b) d. lgs. n. 267/2000); incompetenza; ciò in quanto, anche in coerenza con la natura costitutiva del provvedimento di convalida (che è atto nuovo ed autonomo rispetto al provvedimento da convalidare), occorre non una semplice e formale appropriazione dell’atto amministrativo da parte dell’organo competente, ma una riconsiderazione degli interessi su cui il provvedimento da convalidare aveva disposto;
b) violazione e falsa applicazione art., 13 l. n. 64/1974, in rel. all’art. 1 D.M. 10 febbraio 1983, e art. 20 l. n. 741/1981; eccesso di potere; sia perchè persiste la necessità di acquisizione del parere del Genio Civile sugli strumenti urbanistici, sia perchè tale parere, "in quanto preordinato alla verifica di compatibilità del piano regolatore con le condizioni geomorfologiche del territorio, deve ovviamente precedere e non seguire le deliberazioni di adozione degli strumenti urbanistici";
c) violazione artt. 1 e 3 l. n. 241/1990; eccesso di potere per manifesta illogicità, erroneità, violazione dei principi di buona amministrazione e correttezza dell’azione amministrativa; stante il difetto di motivazione in ordine ad "una specifica determinazione lesiva degli affidamenti ingenerati da precedente strumento urbanistico nei proprietari di un’area".
Infine, l’appellante ripropone la domanda di risarcimento dei danni subiti, ex artt. 34 e 35 d. lgs. n. 80/1998.
Si è costituito nel presente giudizio il Comune di Fermignano, che ha concluso richiedendo la reiezione dell’appello, stante la sua infondatezza.
Al’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione
2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.
Come si evidenzia dalla esposizione in fatto, la Provincia di Ancona ha dapprima approvato il PRG del Comune di Fermignano a mezzo di delibera di Giunta provinciale; successivamente tale delibera – stante l’incompetenza della Giunta – è stata convalidata dal Consiglio provinciale.
Sul punto, questo Consiglio di Stato ritiene di dover confermare le conclusioni alle quali è pervenuta l’appellata sentenza.
Come è noto, la convalida degli atti amministrativi è positivamente prevista sia dall’art. 6 l. n. 249/1968, secondo il quale "alla convalida degli atti viziati da incompetenza può provvedersi anche in pendenza di gravame in sede amministrativa e giurisdizionale", sia dall’art. 21nonies, comma 2, l. n. 241/1990, in base al quale "è fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole".
La giurisprudenza di questo Consiglio ha avuto modo di osservare che, per effetto dell’art. 21nonies sopra citato (introdotto dalla l. n. 15/2005), appare evidente "l’ intendimento del legislatore di consentire oggi, in via generale, il mantenimento in vita di provvedimenti affetti soltanto da vizi di carattere formale", come quello di incompetenza, e che, in tal caso, non si necessita di particolare, dettagliata motivazione in ordine all’oggetto del provvedimento da convalidare e degli atti a questo antecedenti (Cons. St., sez. IV, 29 maggio 2009 n. 3371).
Orbene, l’art. 21nonies l. n. 241/1990 (peraltro non ancora introdotto all’epoca dei fatti di causa), nel richiedere l’esistenza di "ragioni di interesse pubblico" alla convalida non esclude. di per sé, la necessità di motivare in ordine all’adozione di tale provvedimento.
Ma ciò, per un verso, non comporta che l’organo adottante il provvedimento di convalida debba ripercorrere, con obbligo di dettagliata motivazione, tutti gli aspetti (e gli atti del procedimento) relativi al provvedimento convalidato, essendo sufficiente che emergano chiaramente dall’atto convalidante le ragioni di interesse pubblico e la volontà del’organo di assumere tale atto; per altro verso (e in via generale con riferimento all’obbligo di motivazione degli atti amministrativi, ex art. 3 l. n. 241/1990), la motivazione dell’atto e la sua congruità, al di là degli enunciati a carattere generale, non possono che essere valutati con riferimento al tipo di provvedimento da emanare in concreto.
Orbene, nel caso di specie:
– in primo luogo, finalità del provvedimento di convalida è quella di sanare il vizio di incompetenza che vizia l’atto annullato;
– in secondo luogo, l’atto da convalidare consiste in una approvazione di atto di altra amministrazione, e quindi esclude valutazioni proprie dell’organo approvante (non essendo questi il titolare della potestà pianificatoria);
– da ultimo, l’atto di convalida è stato assunto da un collegio cd. "virtuale ed imperfetto", quale è il consiglio provinciale, dove l’adozione del provvedimento consegue al vaglio di un collegio variamente composto, il che rende di per sé difficile sostenere l’esistenza di una mera operazione di "riproduzione" di un atto affetto da illegittimità per incompetenza.
Appaiono dunque evidenti, nel caso di specie, le ragioni che hanno determinato il Consiglio provinciale di Ancona ad assumere un atto di convalida della precedente delibera della Giunta provinciale e l’infondatezza del primo motivo di appello.
3. Altrettanto infondato è il secondo motivo di appello.
L’art. 13 l. n. 64/1974, prevede:
(comma 1) "tutti i comuni nei quali sono applicabili le norme di cui al titolo II della presente legge e quelli di cui al precedente articolo 2, devono richiedere il parere delle sezioni a competenza statale del competente ufficio del genio civile sugli strumenti urbanistici generali e particolareggiati prima della delibera di adozione nonché sulle lottizzazioni convenzionate prima della delibera di approvazione, e loro varianti ai fini della verifica della compatibilità delle rispettive previsioni con le condizioni geomorfologiche del territorio."
(comma 2) "le sezioni a competenza statale degli uffici del genio civile devono pronunciarsi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta dell’amministrazione comunale".
Successivamente, l’art. 20 l. n. 741/1981, ha previsto, tra l’altro, che "al fine di vigilare sulle costruzioni per la prevenzione del rischio sismico in applicazione delle norme di cui al capo III della L. 2 febbraio 1974, n. 64, le regioni possono definire, con legge, modalità di controllo successivo anche con metodi a campione; in tal caso, possono prevedere che l’autorizzazione preventiva di cui all’articolo 18 della L. 2 febbraio 1974, n. 64, non sia necessaria per l’inizio dei lavori. Per l’osservanza delle norme sismiche, resta ferma la responsabilità del progettista, del direttore dei lavori, dell’impresa e del collaudatore.".
La sentenza appellata ha ritenuto:
– per un verso, che, avendo la Regione Marche adottato la l. reg. 5 agosto 1992 n. 34 e quindi avendo essa dettato "una disciplina compiuta in materia urbanistica… si è, dunque, realizzata la condizione di cui all’art. 20 l. n. 741/1981", cioè il superamento dell’obbligo di acquisire il parere preventivo dell’ufficio del Genio civile (ovvero, oggi, ufficio regionale ad esso subentrato);
– per altro verso, che essendo stato comunque espresso il parere da parte dell’ufficio competente, sia pure dopo l’adozione del PRG, ma prima della sua adozione definitiva, tanto basta a ritenere rispettato l’art. 13 l. n. 64/1974 (ove ritenuto vigente).
Questo Consiglio di Stato ritiene che il parere previsto dall’art. 13 l. n. 64/1974, attese le sue finalità, ben possa essere reso prima dell’adozione definitiva dello strumento urbanistico da parte dell’organo competente (e quindi anche dopo la prima delibera consiliare di adozione).
Anzi, in questo particolare momento dell’iter procedimentale, l’ufficio preposto a rendere il detto parere esamina un atto che non è una mera espressione di un intendimento espresso dalla sola Giunta Comunale (se non addirittura neanche visionato da alcun organo titolare di indirizzo politicoamministrativo, ma solo da apparati burocratici dell’amministrazione), bensì un atto di pianificazione urbanistica sul quale si è già positivamente espresso l’organo (Consiglio comunale) che, nell’ambito del Comune, è il titolare del potere di pianificazione urbanistica.
D’altra parte, questo Consiglio di Stato ha già ritenuto (proprio pronunciandosi su una sentenza del TAR Marche, n. 72/1998), che non costituisce vizio di violazione dell’art. 13 l. n. 64/1974 l’acquisizione del parere dell’ufficio del genio civile intervenuta prima dell’approvazione definitiva dello strumento urbanistico (Cons. St., sez. IV, 27 aprile 2004 n. 2521).
4. Altrettanto infondato è il terzo motivo di appello.
In sede di adozione del piano regolatore generale, l’amministrazione comunale non è tenuta ad una particolareggiata motivazione in ordine ad ogni singola scelta urbanistica effettuata con il nuovo strumento di pianificazione, anche laddove la nuova scelta si discosti da destinazioni precedentemente impresse al territorio dal precedente strumento urbanistico, essendo sufficiente che emergano nel complesso le ragioni che sorreggono l’esercizio della potestà pianificatoria.
Né, nel caso di specie, l’appellante – così come chiarito nella sentenza del primo giudice- era titolare di "una aspettativa qualificata ad una destinazione edificatoria", bensì "al pari di qualsivoglia altro proprietario, era titolare di una aspettativa generica che non vincolava il comune a mantenere le previsioni del piano preesistente".
E ciò in quanto – come affermato in sentenza e non contestato – era cessata l’efficacia della convenzione di lottizzazione sottoscritta il 28 marzo 1976.
Per tutte le ragioni sin qui esposte, i motivi di appello sono infondati (così come, di conseguenza, è infondata la riproposta domanda di risarcimento danni) e, pertanto, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da S. A. s.r.l. (n. 5014/2004 r.g.), lo rigetta.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del costituito Comune di Fermignano, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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