Cons. Stato Sez. IV, Sent., 12-05-2011, n. 2862 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia il signor C. M. agiva per l’annullamento del provvedimento del 31 ottobre 2000 con il quale il Direttore della Ripartizione Territorio del Comune di Bari aveva rigettato la sua istanza di sanatoria dei box utilizzati per ricovero automezzi realizzati nell’autoparco in Bari, viale Einaudi, civici numeri 17/H e 19.

Il diniego era stato motivato con la ragione del contrasto dell’intervento con le previsioni di PRG per volumi, destinazioni e distanze dai confini e altresì con la delibera comunale n.38 dell’8 marzo 1995 in forza della quale sarebbero consentite le opere edili di recinzione e utilizzazione dei suoli a rimessaggio all’aperto.

Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso, ritenendo che gli interventi edilizi diretti alla realizzazione di parcheggi, sia che si tratti di aree scoperte, sia di manufatti, rientrano sempre nelle opere di urbanizzazione. Conseguentemente, secondo il primo giudice, tali opere non sono incompatibili con le contrarie previsioni degli strumenti urbanistici.

Inoltre, in tale situazione, la facoltà di usare aree scoperte per autoparchi non si porrebbe in contrasto con le previsioni di piano, atteso che tale utilizzo non costituisce trasformazione del territorio rilevante dal punto di vista urbanistico e/o edilizio ancorché il parco macchine venga dotato di box di lamiera zincata per l’alloggiamento delle vetture, trattandosi di opere amovibili, finalizzate al miglior uso dell’autoparco, irrilevanti dal punto di vista urbanisticoedilizio.

Inoltre, secondo il primo giudice, il fatto che i boxes fossero in lamiera zincata non deve farli valutare in termini di volumetria o di distacco dai confini, essendo tali interventi privi di rilevanza edilizia od urbanistica.

Avverso tale sentenza propone appello il Comune di Bari, sostenendo con un primo motivo di appello il chiaro contrasto dei manufatti abusivi con le inequivocabili prescrizioni del PRG, rilevante quanto a volumi, destinazioni e distacchi dai confini, nonché con le cogenti previsioni recate dalla delibera C.C. n.38/1995, ai sensi della quale le uniche opere edili consentite nelle aree in questione consistono nella recinzione in conformità con il vigente Regolamento Edilizio.

L’utilizzo di suoli di rimessaggio all’aperto e delle aree scoperte, diversamente da quanto statuisce la sentenza appellata, si qualifica come trasformazione del territorio dotata certamente di impatto rilevante che non può venire meno per la amovibilità delle strutture.

Secondo l’appello, valore assorbente ha la delibera consiliare che sancisce espressamente la contrarietà della tipologia di intervento edilizio e che quindi giustifica il diniego di sanatoria; il provvedimento favorevole non poteva essere rilasciato su area che il vigente strumento urbanistico destina ad altri usi.

Con altro motivo di appello si contesta il capo di sentenza secondo cui legittimato a chiedere il permesso di sanatoria sia anche il possessore, mentre unico legittimato è il proprietario che abbia rapporto pieno e integrale con il bene.

Nessuno si è costituito per l’appellato.

Alla udienza pubblica del 3 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Scrutinando dapprima il motivo di appello con il quale si deduce la insussistenza della legittimazione attiva a chiedere il rilascio di un titolo abilitativo edilizio se non da parte del proprietario, il Collegio ritiene che esso vada respinto, potendosi ritenere legittimato alla richiesta altresì il gestore o possessore, sulla base di titolo contrattuale favorevole.

Infatti la legittimazione a richiedere il titolo abilitativo in linea generale è configurabile non solo in capo al proprietario del terreno, ma anche in favore del soggetto titolare di altro diritto di godimento del fondo, che lo autorizzi a disporne con un intervento costruttivo; né la p.a. è tenuta a svolgere una preliminare indagine istruttoria che si estenda fino alla ricerca d’ufficio di eventuali elementi limitativi, preclusivi o estintivi del titolo di disponibilità allegato dal richiedente (così, Consiglio Stato, sez. VI, 10 febbraio 2010, n. 675), e neppure ad eseguire un’ulteriore indagine circa le implicazioni, di ordine civilistico, del rapporto generato dalla concessione del diritto reale di godimento (Consiglio Stato, sez. V, 04 febbraio 2004, n. 368).

Va invece accolto il motivo di appello con il quale si sostiene la contrarietà dell’intervento con le previsioni urbanistiche invocate dal Comune.

In linea di principio, non sono suscettibili di sanatoria le opere costruite in contrasto con i vincoli imposti da leggi statali e regionali, nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere.

Per esempio, si sostiene che sia legittimo l’annullamento d’ufficio del provvedimento di concessione in sanatoria ex art. 13 l. n. 47 del 1985 per contrasto con gli strumenti urbanistici, anche solo adottati.

La norma richiamata prevede che la sanatoria degli abusi edilizi ivi indicati sia possibile solamente quando gli stessi siano conformi agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non siano in contrasto con quelli adottati, sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda (Consiglio Stato, sez. V, 02 febbraio 1995, n. 187).

Le richiamate previsioni urbanistiche fanno ritenere che gli interventi del tipo di quelli realizzati, sia pure se consistenti in aree scoperte per autoparchi, si pongano in contrasto proprio con esse e con le delibere comunali limitative, che né sono impugnate, né possono essere ragionevolmente disapplicate.

Dagli atti prodotti in giudizio si evince chiaramente il motivo di diniego del chiaro contrasto dei manufatti abusivi con le inequivocabili prescrizioni del PRG, rilevante quanto a volumi, destinazioni e distacchi dai confini, nonché con le cogenti previsioni recate dalla delibera C.C. n.38/1995, ai sensi della quale le uniche opere edili consentite nelle aree in questione consistono nella "recinzione" in conformità con il vigente Regolamento Edilizio.

Palesemente, le aree scoperte per con box realizzati non possono evidentemente ritenersi mera recinzione.

Inoltre, desta perplessità – perché intrinsecamente contraddittoria – anche la affermazione del primo giudice secondo cui la tipologia di intervento edilizio sarebbe senz’altro passibile di sanatoria e dell’altro lato sarebbe irrilevante dal punto di vista edilizio, perché non implicherebbe nessuna trasformazione del territorio dal punto di vista urbanistico ed edilizio.

Le opere che, per consistenza e funzionalità, non possono essere considerate precarie e che implicano – per superficie, altezza e volume – la modifica del preesistente stato dei luoghi e la conseguente trasformazione durevole della destinazione urbanistica, sono assoggettate al regime della necessità del titolo abilitativo.

Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va accolto e, in riforma della impugnata sentenza, va respinto il ricorso originario.

Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio del doppio grado, a causa della particolarità della fattispecie.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Spese doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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