Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-09-2011, n. 18260 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 10.7.2000 Ce.Fr. ed D.B.M.E. esponevano: con contratto preliminare di vendita, in data 19.11.1999, si erano obbligati ad acquistare un appartamento, sito in (OMISSIS), da P.P. e C. L., rispettivamente usufruttuaria e proprietario dell’immobile, al prezzo di L. 3 85.000.000,con contestuale versamento di L. 75.000.000, a titolo di caparra confirmatoria ed acconto prezzo;

era stata pattuita la stipulazione del contratto definitivo entro il 31.3.2000, con l’obbligo per i promettenti venditori di liberare l’appartamento, in tale termine, da un’ipoteca in favore della Federbanca nonchè di estinguere, contestualmente alla stipula del definitivo, un mutuo ipotecario già erogato dalla B.N.L..

Assumevano gli attori che i convenuti si erano resi inadempienti a tali obbligazioni e li convenivano, pertanto, in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, per sentire pronunciare sentenza costitutiva in luogo del contratto definitivo non concluso, oltre al risarcimento del danno ovvero, in ipotesi, per sentire dichiarare la risoluzione del preliminare per inadempimento dei promittenti venditori Ce. – M.. Questi si costituivano chiedendo il rigetto della domanda e la risoluzione del contratto per inadempimento degli attori nonchè la declaratoria del loro diritto alla ritenzione della caparra confirmtoria ex art. 1385 c.c..

Con sentenza 12.10.2003 il Tribunale disponeva il trasferimento della proprietà dell’immobile in questione in favore del Ce. e della D.B.M., previo pagamento del saldo del prezzo.

Avverso tale decisione il C. e la P. proponevano appello cui resistevano i promissari acquirenti, spiegando appello incidentale in punto di mancato accoglimento della loro domanda di risarcimento danni.

Con sentenza 12.7.2005 la Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello principale e quello incidentale, compensando interamente fra le parti le spese di lite.

I giudici di appello disattendevano le censure degli appellanti rilevando che il termine convenuto fra le parti, per la stipula del contratto definitivo, non aveva carattere essenziale nè la richiesta dei promissari acquirenti di un nuovo termine per la stipula del rogito notarile integrava gli estremi dell’inadempimento in quanto i promittenti venditori avrebbero potuto rifiutare la dilazione di tale termine, convocando i richiedenti per la stipula del contratto definitivo.

In relazione all’appello incidentale osservava la Corte che il danno dedotto, derivato dalla vendita della precedente casa di abitazione degli appellati, ad un prezzo inferiore a quello di mercato, integrava una domanda nuova, preclusa ex art. 345 c.p.c. e, comunque, non provata.

Ricorrevano per cassazione P.P. e C.L. sulla base di due motivi.

Resistevano con controricorso il Ce. e la D.B.M., spiegando ricorso incidentale. La P. ed i resistenti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione

I ricorrenti deducono:

1) violazione degli artt. 1453 e 1455 c.c. ed omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte territoriale omesso di motivare sul terzo motivo di gravame, laddove aveva escluso che la richiesta di un nuovo termine per la stipula del rogito notarile rappresentasse un inadempimento comportante la risoluzione del contratto preliminare, senza considerare che il ritardo nella vendita dell’appartamento di essi ricorrenti aveva determinato il pignoramento dello stesso da parte della B.N.L.; peraltro i coniugi Ce. – M. avevano lasciato senza riscontro la lettera 27.3.2000 della P. sicchè quest’ultima non poteva che "constatare con la successiva lettera del seguente 12.5. la risoluzione del contratto in seguito all’inadempimento di controparte";

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 1457 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, tenuto conto del "colpevole silenzio" dei promissari acquirenti, a fronte della proposta dei promettenti venditori di procrastinare il termine per la stipula del contratto definitivo, circostanza che aveva reso impossibile la vendita.

I ricorsi vanno riuniti ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza.

La prima censura è infondata.

La Corte territoriale, con corretta e logica motivazione, rilevava che i promittenti venditori ben avrebbero potuto rifiutare la richiesta di dilazione del termine e, tuttavia, manifestando, con la missiva del 27.3.2000, la loro disponibilità alla fissazione di una nuova data per la stipula del contratto definitivo, era da ritenersi illegittimo ed ingiustificato il rifiuto di stipulare il contratto definitivo, come espresso nella lettera del 12.5.2000.

Tale motivazione, conforme, peraltro, alla giurisprudenza della S.C. in tema di esecuzione secondo buona fede del contratto (Cfr. Cass. n. 3185/2003), è esente dai vizi lamentati ed è precluso, pertanto, in sede di legittimità, un riesame nel merito delle risultanze degli atti di causa in base alle quali è stato escluso un inadempimento dei promissari acquirenti. Del pari infondato è il secondo motivo di ricorso.

La Corte di Appello ha ritenuto che l’inadempimento dei C. – P., rispetto all’obbligo di estinguere il mutuo ipotecario e di cancellare l’ipoteca gravante sull’immobile oggetto di causa, non avesse rilevanza ai fini della decisione, posto che gli stessi erano da ritenersi comunque inadempienti all’obbligo principale di concludere il contratto definitivo, avendo opposto, come già osservato, un rifiuto ingiustificato alla relativa stipula e dovendosi escludere, peraltro, il carattere essenziale del termine originariamente fissato per la stipula del contratto definitivo, avuto riguardo, essenzialmente, alla manifestata volontà dei promittenti venditori di concedere una dilazione del termine stesso ed al difetto di prova in ordine all’urgenza ed all’intento dei medesimi di utilizzare il ricavato della vendita per reperire un’altra abitazione.

Va, poi, rammentato che l’indagine sul carattere essenziale del termine, ai sensi dell’art. 1457 c.c., è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità ove sia stata adeguatamente argomentata, come avvenuto nella specie (Cfr. Cass. n. 5509/2002).

Con il ricorso incidentale si lamenta:

violazione o falsa applicazione degli artt. 2597 e 2735 c.c. nonchè difetto o contraddittorietà di motivazione in ordine alla richiesta di risarcimento dei danni subiti dai controricorrenti per la mancata conclusione del contratto definitivo nonchè in ordine alla statuizione sulle spese di lite; in particolare, erroneamente la Corte di merito aveva ritenuto irrilevante la documentazione diretta a provare l’esborso, da parte dei D.B.M. – Ce., di somme di denaro corrisposte, a titolo di canoni di locazione, al locatore, A.L., motivando il conseguente difetto di prova con riferimento alla provenienza da soggetto terzo delle ricevute a firma " A.L.", senza tener conto che si trattava di somme non contestate dalla controparte il cui pagamento era provato da dette ricevute di pagamento nonchè dalla produzione del contratto di locazione del 23.5.2001 con l’allegato modulo di versamento dell’imposta di registro.

Osserva il Collegio che,effettivamente, la Corte di merito ha omesso di valutare adeguatamente detta documentazione inerente il danno derivante dal pagamento di canoni locativi, essendosi limitata ad affermare il difetto di prova dei relativi esborsi "posta la provenienza da soggetto terzo delle ricevute a firma A.L., non tenendo conto nè della mancata contestazione degli esborsi nè del fatto che le quietanze prodotte, benchè emesse da un soggetto terzo rispetto alle parti processuali, dovevano essere apprezzate quanto meno sul piano indiziario unitamente agli altri elementi probatori. Limitatamente a tale voce di danno il ricorso incidentale va, quindi, accolto, mentre va disattesa la censura relativa al mancato risarcimento del lucro cessante, con riferimento al versamento della caparra di 75.000.000, sotto il profilo che avrebbe precluso ai promissari acquirenti "la possibilità di valutare ulteriori vantaggiose possibilità di acquisto".

Tale censura è priva del requisito di specificità e non consente, quindi, di ravvisare l’erroneità delle argomentazioni dei giudici di appello, laddove è stata rilevata la novità della domanda di risarcimento delle altre voci di danno ed il relativo difetto di prova quanto alla relativa addebitabilità alla condotta dei promettenti venditori. Alla stregua di quanto osservato il ricorso principale va rigettato, mentre va accolto il ricorso incidentale nei limiti suddetti, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale;

accoglie, per quanto in motivazione, il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Roma anche per le spese del presente giudizio.

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