Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-04-2011) 11-05-2011, n. 18627 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 8 luglio 2010, veniva rigettata la sua domanda volta all’applicazione della disciplina di favore di cui all’art. 671 c.p.p., comma 1, in relazione ad una sentenza pronunciata in Francia e riconosciuta in Italia, nonchè a tre sentenze di condanna pronunciate da varie istanze giudiziarie in relazione a condotte riconducibili al reato di truffa, appropriazione indebita, rapina, ricettazione, falso in assegni ed altro, reati già uniti, per gruppi in ciascuna delle sentenze dedotte, propone ricorso per cassazione W.G.G., assistito dal difensore di fiducia, denunciando violazione degli artt. 671 e 81 c.p. e illogicità della motivazione impugnata. Lamenta, in particolare, il ricorrente: a) che il giudice del merito erroneamente avrebbe ritenuto non applicabile la disciplina di cui all’art. 671 c.p.p. alla sentenza straniera sul rilievo che in tal modo si opererebbe una illegittima riduzione della sanzione inflitta dall’autorità straniera; b) illegittimamente sarebbe stata negata nella fattispecie la ricorrenza dei requisiti richiesti dall’ordinamento per l’applicazione della disciplina di favore; c) che, quanto all’argomento sub a), il rilievo dei giudicanti può essere superato ponendo come pena base per l’applicazione della continuazione quella inflitta dall’autorità straniera; d) che risulterebbe ampiamente provata in atti la ricorrenza dei requisiti richiesti dall’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p., tenuto conto che "a partire dalla metà degli anni 1990" il ricorrente avrebbe "pianificato con scrupolo tecnico scientifico la propria attività delittuosa facendola assurgere a vero e proprio modus vivendi e fonte delle sue entrate economiche…". 2. Il P.G. in sede depositava motivata requisitoria scritta, concludendo per la inammissibilità del ricorso.

3. Il ricorso non è fondato.

3.1 Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1^, 12.05.2006, n. 35797) secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità (cfr, per tutte, Cass., Sez. 2A, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. 1A, 15.11.2000/31.1.2001, Barresi).

La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anzicchè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere sintomatico e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni.

Detto accertamento, infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.

3.2 Tanto premesso sul piano dei principi, non può non convenirsi con la conclusione che la Corte di merito abbia fatto di essi puntuale applicazione, con provvedimento articolato logicamente, di guisa che oltre lo stesso rimane il giudizio di merito, abbondantemente invocato col ricorso in esame, che anche per tale ragione non può trovare ingresso.

Il giudice a quo infatti, oltre a richiamare la distanza temporale tra alcune delle condotte dedotte in giudizio e la diversità tipologica di alcuni dei reati giudicati, ha poi decisivamente ben distinto la nozione di unità del disegno criminoso, propria della disciplina di cui all’art. 81 c.p., dalla generica inclinazione a commettere reati a ciò indotti da occasionalità ovvero da una vera e propria scelta di vita, così come oggettivamente appare nel caso di specie e come accreditato del tutto logicamente dallo stesso ricorrente, il quale, nella sua difesa, riconosce che l’attività truffaldina dell’interessato ai danni di vedove abbienti sia stato scelto come suo "modus vivendi". 4. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va quindi rigettato (ogni altra censura rimane assorbita dalle conclusioni esposte) con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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