Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-09-2011, n. 18254 Opposizione

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 5.5.1994 la Brick Ventures s.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, in data 31.3.1994, con cui il Presidente del Tribunale di Tempio Pausania le aveva intimato il pagamento di L. 44.750.280, oltre interessi e spese del procedimento, in favore di A.M. e S.M., titolari dello studio associato "Architekton", somma dovuta quale residuo credito per onorari professionali riguardanti la progettazione di un complesso immobiliare in (OMISSIS). Deduceva la società opponente che il progetto eseguito dagli opposti non era realizzabile in quanto parte dell’edificio e la strada di scorrimento erano stati progettati ad una distanza dalla linea ferroviaria inferiore a quella (m. 30) prescritta dal D.P.R. n. 753 del 1980, art. 49;

in via riconvenzionale chiedeva, quindi, la condanna degli stessi professionisti alla restituzione della somma versata in acconto (L. 40.000.000) ed al risarcimento dei danni stante la nullità del contratto d’opera intellettuale, Si costituivano in giudizio gli opposti assumendo di aver proceduto alla redazione di tutti gli elaborati progettuali e di aver chiesto ed ottenuto l’autorizzazione in deroga al divieto stabilito da detta norma.

Con sentenza 8.1.2002 il Tribunale, in parziale accoglimento dell’opposizione, condannava gli opposti alla restituzione, in favore della opponente, della somma di Euro 43.769,878 (acconto e saldo versato in corso di causa) oltre alla rifusione dei 3/4 delle spese di lite che compensava per il restante quarto; rigettava,invece, la domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni.

Avverso tale sentenza l’ A. e la S. proponevano appello cui resisteva la società appellata.

Con sentenza 14.1.2005 la Corte d’appello di Cagliari, sez. dist. di Sassari, rigettava l’appello condannando gli appellanti al pagamento delle spese processuali.

Osservava la Corte di merito che, al di là dell’autorizzazione in deroga, dall’esame degli elaborati tecnici (redatti nel dicembre 1991 e, quindi, prima del rilascio dell’autorizzazione in deroga concessa dalla FF.SS. il 30.11.1992) emergeva la non corrispondenza dell’opera progettata a quella autorizzata in quanto, mentre il fabbricato progettato (su cinque piani fuori terra) aveva un’altezza di m. 15, l’autorizzazione in deroga ne stabiliva un’altezza massima di m. 14, il che comportava la inutilizzabilità del progetto e la necessità di predisporne uno nuovo che prevedesse la eliminazione di un piano e una diversa distribuzione dei volumi.

Proponevano ricorso per cassazione avverso tale decisione A. M. e S.M., sulla base di due motivi.
Motivi della decisione

I ricorrenti denunciano:

1) violazione dell’art. 112 c.p.c. e illogicità, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; la Corte d’Appello,e prima ancora il Tribunale, aveva giudicato su un fatto diverso da quello che la Brick Ventures s.r.l. aveva posto a fondamento dell’opposizione a decreto ingiuntivo, pronunciando "ultra petita"; in particolare, mentre detta società aveva dedotto la nullità del contratto concluso fra le parti per difetto del Nulla Osta delle FF.SS., i giudici di merito avevano ritenuto provata la non corrispondenza dell’opera progettata a quella autorizzata; 2) illogicità, contraddittorietà e insufficienza della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, laddove la Corte di merito, dopo aver affermato che sia il progetto che l’autorizzazione in deroga concessa dalle FF.SS. il 30.11.92 riguardavano la medesima opera, aveva poi concluso, contraddittoriamente e senza congrua motivazione, che le opere erano diverse in quanto l’altezza dell’opera autorizzata aveva un’altezza di m. 14 mentre l’altezza del fabbricato, risultante dagli elaborati progettuali, era di m. 15, non tenendo conto che il testo dell’autorizzazione delle FF.SS. faceva riferimento alla progettazione dell’ing. A..

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Deve, infatti, escludersi che il giudice di appello abbia violato il principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, ex art. 112 c.p.c., avendo preso in esame la causa pretendi ed il petitum posti dalla società opponente a fondamento dell’opposizione, vale a dire la irrealizzabilità del progetto eseguito dagli opposti stante l’espresso divieto di legge previsto dal D.P.R. n. 753 del 1980 in materia di distanza delle costruzioni dalle linee ferroviarie. Al riguardo la Corte territoriale ha rilevato, con congrua e logica motivazione,che rientrava nei poteri del Tribunale qualificare il fatto dedotto dagli opponenti come ipotesi di inadempimento contrattuale, anzichè come ipotesi di nullità del contratto per impossibilità o illiceità dell’oggetto e che tanto non comportava alcuna violazione dei limiti della "causa pretendi" e del "petitum".

Va ribadito sul punto, in aderenza alla giurisprudenza della S.C. (Cass. n. 2830/01), che il vizio di ultra o extrapetizione ricorre solo quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, ipotesi non ricorrente nella specie, avuto riguardo alla valutazione del giudice di merito sulla non conformità normativa del progetto in questione nonchè sulla "non corrispondenza dell’opera progettata a quella successivamente autorizzata dalle FF.SS. il 30.11.92, con riferimento all’altezza dell’immobile, desunta dall’esame degli elaborati progettuali redatti prima del rilascio di detta autorizzazione delle FF.SS.; la conseguente irrealizzabilità del progetto, costituendo inadempimento dell’incarico professionale, consentiva, quindi, al committente di rifiutare il compenso (Cass. n. 6812/98; n. 11728/2002). Del pari infondata è la seconda censura riguardante detta valutazione del giudice di merito, immune da vizi di illogicità o contraddittorietà e che si risolve, quindi, in una censura di fatto non consentita in sede di legittimità.

Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Consegue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 2.400,00 di cui Euro 200,00 per spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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