Cons. Stato Sez. V, Sent., 12-05-2011, n. 2818 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Regione Autonoma della Sardegna, con determinazione n. 5/267 del 4 giugno 2006, bandì una gara per la "progettazione e realizzazione della campagna promozionale sulla Sardegna e per la realizzazione di iniziative di comunicazione istituzionale a carattere pubblicitario".

La gara, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, fu aggiudicata, con determina n. 23 del 23 gennaio 2007, al costituendo raggruppamento tra S. &. S. s.r.l. ed Equinox s.r.l..

La M. C. s.r.l., facente parte del raggruppamento di imprese classificatosi al secondo posto della graduatoria, impugnò l’aggiudicazione sul rilievo della mancanza in testa all’aggiudicataria S. &. S. s.r.l. dei requisiti di partecipazione.

Il procedimento di gara fu oggetto di contestazioni anche in sede politica e la commissione d’inchiesta nominata dal consiglio regionale per valutare l’operato della commissione di gara, evidenziò che dalle audizioni erano emerse circostanze incompatibili con quelle attestate e certificate nei verbali di gara.

L’amministrazione a tal punto, con determinazione del Direttore del Servizio Trasparenza n. 937 del 7 agosto 2007, annullò in autotutela sia la determina n. 23 del 2007 di aggiudicazione della gara, sia l’intera procedura della gara e ne dispose il rinnovo.

L’annullamento era motivato con riferimento alla violazione dei principi e delle norme in tema di verbalizzazione delle operazioni di gara, della impossibilità di ricostruzione dei punteggi dei singoli commissari e della mancata indicazione delle motivazioni necessarie a dar conto dei punteggi finali.

La M. C. s.r.l. impugnò anche quest’ultimo provvedimento.

Il TAR Sardegna, in accoglimento dei ricorsi proposti dalla M. C. s.r.l., con sentenza n. 31 del 15 febbraio 2008, statuì che il raggruppamento S. &. S. doveva essere escluso dalla gara e annullò il provvedimento di annullamento dell’intera gara rilevando "che non risultava acclarata nelle sedi competenti la falsità dei verbali, che sono atti pubblici facenti piena prova fino a querela di falso…e che il dirigente non poteva annullare la gara meramente richiamando il difetto di motivazione nell’attribuzione dei punteggi".

A tale sentenza seguì l’aggiudicazione della gara in favore del raggruppamento temporaneo con capogruppo TBWA di cui sono mandanti le attuali appellanti (determinazione n. 2316/97 del 6 febbraio 2008).

Sennonché con determinazione dirigenziale del 28 novembre 2008, l’amministrazione regionale annullò anche quest’ultimo provvedimento di aggiudicazione della gara, oltre che l’intera procedura di gara compresa la determinazione di indizione della gara.

Nell’atto di annullamento in autotutela si faceva riferimento all’intervenuta sentenza di patteggiamento per l’imputazione di falso pronunziata nei confronti del segretario della commissione di gara, asserendosi, per quanto qui rileva, che "..a seguito di dichiarazione di falsità…si è in presenza di verbali che non descrivono..le attività compiute…Ne consegue che, in mancanza di verbalizzazione, non può allegarsi come avvenuto un fatto, un atto o un’operazione non positivamente documentata".

La M. C. s.r.l. e le altre mandanti del raggruppamento aggiudicatario impugnarono la suddetta determinazione davanti al TAR Sardegna che respinse il ricorso con la sentenza n. 361 del 23 marzo 2010, della quale, con l’atto di appello qui in esame, viene chiesto l’annullamento o la riforma per error in iudicando.

Si è costituita in giudizio la Regione Sardegna che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Le parti hanno depositato memorie difensive e, alla pubblica udienza del 14 gennaio 2011, la causa è stata assegnata in decisione.

L’appello è infondato e va respinto.

Con il primo motivo di ricorso, le appellanti lamentano l’omessa comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela.

La censura è infondata.

Risulta che la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela è stata effettuata mediante invio presso la sede della società mandataria dell’a.t.i. di cui sono mandanti le ricorrenti.

Come rappresentato nella sentenza di primo grado, secondo il principio ricavabile dall’art. 37, comma 8, del d. lgv. n. 163 del 2006, "gli adempimenti non specificatamente prescritti con riguardo alle singole imprese partecipanti vanno riferiti all’impresa mandataria, quale punto unitario del raggruppamento".

Sta di fatto che il raggruppamento di cui sono mandanti le appellanti, con capogruppo TBWA è stato costituito il 17 giugno 2008, sicché, correttamente è stato adempiuto l’onere della comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela, inviato presso la sede della TBWA con nota a.r. prot. 19982 del 30 settembre 2008, ricevuta il 6 ottobre 2008.

Peraltro, anche a norma della disciplina dell’atto costitutivo del raggruppamento in questione, al mandatario spetta le rappresentanza esclusiva anche processuale nei confronti della stazione appaltante.

Assumono ancora le ricorrenti che l’amministrazione avrebbe annullato l’aggiudicazione meramente richiamando la sentenza di patteggiamento, senza effettuare alcuna autonoma valutazione dei fatti, benché tale sentenza, in base agli artt. 445, comma 1 bis, 537 comma 2, 654 e 657 cod. proc. pen. non fosse ad esse opponibile, essendo rimaste estranee al suddetto giudizio. Sostengono, anche, che il falso fosse, comunque, irrilevante, nel senso che i profili di falsità riscontrati non incidevano sull’esito della gara e che la determinazione di annullamento dell’aggiudicazione sarebbe nulla perché adottata in violazione del giudicato di cui alla sentenza TAR Sardegna n. 31 del 2008 (motivi sub 2, 3 e 4).

Va, innanzi tutto, considerato che anche nel rito ex art. 444 c.p.p., e nell’esercizio dei connessi poteri non manca l’accertamento dei fatti e la valutazione di merito della res iudicanda sia pure non finalizzata all’affermazione della colpevolezza dell’imputato (Cass. Pen., sez. unite, n. 20 del 1999).

Anzi, con la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice è tenuto a dichiarare la falsità di atti e documenti dei quali sia accertata la falsità, in quanto tale dichiarazione è fondata sul solo fatto della constatata non rispondenza al vero dell’atto o del documento, indipendentemente dalla circostanza che il processo si concluda con un verdetto di colpevolezza o proscioglimento.

Del tutto inconferente è, di conseguenza la circostanza che la sentenza patteggiata non sia opponibile alle società appellanti rimaste estranee a quel giudizio, atteso che la falsità del documento, accertata in sede penale, è fatto storico.

Tale è il senso dell’art. 675 c.p.p., secondo il quale "se la falsità di un atto o di un documento, accertata a norma dell’articolo 537, non è stata dichiarata nel dispositivo della sentenza e non è stata proposta impugnazione per questo capo, ogni interessato può chiedere al giudice dell’esecuzione che la dichiari".

Nel caso in questione, tuttavia, l’amministrazione ha considerato il fatto storico (accertata falsità dei verbali della commissione di gara) per desumerne, attraverso un’autonoma valutazione di tali documenti l’impossibilità di utilizzarli ai fini dell’aggiudicazione della gara.

Non è esatto, quindi, quanto sostengono le ricorrenti, che sia stata posta a base dell’annullamento una sentenza patteggiata, poiché i fatti posti a base della sentenza patteggiata sono stati autonomamente valutati dall’amministrazione.

La giurisprudenza di questa sezione, che si condivide pienamente (cfr. Cons. Stato, V, 8 febbraio 2010, n. 592) ha ritenuto che i fatti posti a base della sentenza patteggiata ex art. 444 c.p.p. ben possono formare il fondamento di un provvedimento amministrativo, ove autonomamente valutati dall’amministrazione, atteso che la sussistenza di una sentenza di patteggiamento non può essere invocata per considerare come inesistenti tutte le circostanze emerse in sede penale, restando sempre a carico della pubblica amministrazione l’obbligo di valutarle autonomamente.

Tanto è puntualmente avvenuto, avendo l’amministrazione autonomamente valutato le conseguenze della falsità dei verbali accertata in sede penale, ritenendo che in mancanza di un’adeguata motivazione in ordine al mutamento di opinione dei commissari di gara, non era nemmeno possibile una ricostruzione dell’iter di formazione della volontà collegiale.

Invero, nella parte motiva della sentenza di patteggiamento (sentenza del Tribunale di Cagliari n. 534 del 27 giugno 2008), si legge che "nel verbale del 9 novembre 2006, veniva attestato falsamente che la commissione non era riuscita a raggiungere una decisione condivisa, nonostante i commissari avessero prima votato attribuendo alla proposta dell’a.t.i. capeggiata da S. &. S. un punteggio superiore a 0.6 punti rispetto a quella presentata dall’a.t.i. capeggiata da TBWA, seconda classificata tra i concorrenti, manipolando quindi l’esito della votazione, attribuendo a S. &. S. il punteggio di 70 e a TBWA quello di 67 per scongiurare prevedibili modifiche della graduatoria per l’incidenza dell’offerta economica non ancora valutata.

Nel verbale del 15 novembre 2006 veniva attestato falsamente di aver concluso in quella data e non il 9 novembre 2006 il proprio compito selettivo attribuendo 70 punti a S. &. S. e 67 punti a TBWA; nonostante la Commissione che aveva omesso di darne atto, nella mattinata del 15 novembre avesse proceduto, prima, a una nuova votazione che aveva attribuito alla McCann 72,6 punti, punti 69 a TBWA e a S. &. S. 65,6 punti, poi dichiarato non sereno questo scrutinio, nel pomeriggio avesse confermato il risultato del 9 novembre, manipolato come detto".

Tali fatti, autonomamente valutati dall’amministrazione hanno condotto la stessa a disporre l’annullamento in autotutela del procedimento di gara, essendosi rilevato che "A seguito della dichiarazione di falsità…si è in presenza di verbali che non descrivono… le attività compiute. Ne consegue che, in mancanza di verbalizzazione, non può allegarsi come avvenuto un fatto, o un’operazione non positivamente documentata".

Quanto evidenziato, circa l’autonoma valutazione da parte dell’amministrazione dei fatti accertati in sede penale e posta a fondamento dell’annullamento in autotutela, toglie pregio anche alla censura di elusione del giudicato in relazione alla sentenza del TAR Sardegna n. 31 del 2008.

Invero, la sentenza del TAR Sardegna n. 31 del 2008 aveva affermato che il mancato accertamento della falsità dei verbali nella sede a ciò deputata non consentiva di considerare sufficiente all’annullamento la motivazione contenuta nell’atto di autotutela.

Ben diverso è l’annullamento disposto con l’atto qui in esame, essendo intervenuta nel frattempo una sentenza che ha accertato la falsità dei verbali della commissione di gara in sede penale ed essendo stata rivalutata dall’amministrazione l’intera situazione sulla base di tale accertamento.

Peraltro, l’elusione di giudicato ricorre solo allorquando dal giudicato derivi un obbligo talmente puntuale che l’ottemperanza ad esso si concreta nell’adozione di un atto il cui contenuto, nei suoi tratti essenziali, è integralmente desumibile dalla sentenza (cfr. Cons. Stato, IV, 13 gennaio 2010, n. 70).

Ne consegue che perché possa ravvisarsi violazione o elusione del giudicato, non è sufficiente che la nuova azione amministrativa posta in essere dall’amministrazione alteri l’assetto degli interessi definito dalla pronunzia passata in giudicato, ma è necessario che l’amministrazione eserciti nuovamente la medesima potestà pubblica, già illegittimamente esercitata, in contrasto con un puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo, oppure tenti di realizzare lo stesso risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere.

Situazione che non ricorre nel caso in esame.

Sostengono, ancora, le ricorrenti che i verbali depurati dalle falsità sarebbero stati, comunque, idonei a dimostrare che il loro raggruppamento si sarebbe collocato al primo posto in graduatoria, anche perché si tratterebbe di falso innocuo (quinto e sesto motivo).

Innanzi tutto, come rilevato dal giudice di primo grado, non può ritenersi innocuo il falso allorché esso si rilevi idoneo a ledere l’interesse tutelato dalla genuinità dei documenti e gli interessi che con tali documenti si intendevano perseguire.

Il falso accertato dal giudice penale è indubbiamente idoneo a sorreggere la decisione di annullamento in autotutela, poiché determina la totale inidoneità dei verbali della commissione ad assolvere il ruolo cui sono deputati con la conseguenza che il successivo provvedimento di aggiudicazione definitiva poggia su un’attività della commissione non connotata da quelle caratteristiche di genuinità e trasparenza che le sono proprie.

In ordine, poi, al potere di annullamento in autotutela, va osservato, conformemente a giurisprudenza consolidata di questa sezione (per tutte, cfr. Cons. Stato, V, 12 febbraio 2010, n. 743) che tutti gli atti di gara, a partire dal bando per finire all’aggiudicazione definitiva, possono formare oggetto di ritiro in autotutela.

Il principio è sancito dall’art. 11, co. 9 del d. lgv. n. 163 del 2006, con riguardo all’aggiudicazione, e trova disciplina, con riguardo a tutti gli atti della procedura alle regole individuate dalla giurisprudenza e codificate dalla legge n. 15 del 2005.

L’immanenza del potere di autotutela decisoria trova fondamento nel principio costituzionale di buon andamento e di imparzialità della funzione pubblica senza che a tal fine occorra una diffusa motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico (Cons. Stato, V, 20 gennaio 2004, n. 156).

Vero che in base al principio di conservazione degli atti e dei rapporti, invocato dalle deducenti, nell’ambito delle pubbliche gare, il potere dell’autotutela può esercitarsi anche parzialmente senza travolgere l’intero procedimento.

Rientra, tuttavia, nella piena potestà dell’amministrazione di determinarsi nel modo che ravvisa più opportuno per la cura del pubblico interesse e, pertanto, anche di non avvalersi degli atti legittimi della procedura espletata e di revocare gli atti che vi hanno dato luogo.

Ciò che conta, ai fini della legittimità, è che il provvedimento di autotutela sia adeguatamente motivato e dia conto delle ragioni che hanno determinato l’amministrazione all’integrale annullamento degli atti di gara.

E’ incontestabile che nel caso in questione l’amministrazione ha dato conto delle ragioni di pubblico interesse poste a base del ritiro dell’atto, rappresentate, a tacer d’altro, dall’esigenza del rispetto delle regole poste a tutela dell’imparzialità dell’azione amministrativa e delle regole dell’evidenza pubblica che non consentivano di mantenere in vita una procedura di gara e un’aggiudicazione della quale non era possibile verificare la correttezza, non ravvisandosi in conseguenza, nemmeno un interesse privato contrapposto da tutelare.

Quanto all’annullamento anche dell’atto di indizione della gara, esso è adeguatamente motivato con riferimento alla necessità di verificarne la conformità rispetto alla sopravvenuta normativa regionale di settore.

In ordine all’incompetenza del dirigente ad annullare gli atti di altro organo: la commissione di gara, va osservato che spetta al dirigente approvare gli atti di gara, in disparte la circostanza che l’annullamento in autotutela ha avuto ad oggetto atti della stessa autorità che in prima battuta aveva approvato gli atti della commissione di gara ed aveva aggiudicato la gara.

Per le considerazioni esposte, l’appello va rigettato con conferma della sentenza di primo grado.

Quanto alle spese del giudizio, attesa la peculiarità della controversia, ne va disposta la compensazione tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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