Cons. Stato Sez. V, Sent., 12-05-2011, n. 2811 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

er delega dell’Avv. Bernardi;
Svolgimento del processo

Con ricorso al T.A.R. dell’Emilia Romagna il sig. T. C. ha chiesto la condanna del Comune di Rimini al pagamento delle differenze retributive maturate dall1.9.1977 per lo svolgimento di mansioni superiori (Direttore Segretario del Palazzetto dello Sport) rispetto alla qualifica giuridica di inquadramento, oltre ad interessi e rivalutazione.

Detto Tribunale ha respinto il ricorso nell’assunto che la questione della rilevanza delle mansioni superiori svolte di fatto può porsi solo quando attengano alla qualifica immediatamente superiore a quella rivestita dal dipendente ed era quindi infondata la pretesa di riconoscimento economico relativa a mansioni di VI qualifica (nella cui declaratoria rientrano le mansioni svolte dal sig. C.) per il periodo in cui questi rivestiva la IV qualifica; inoltre nell’assunto che, con riguardo alla istituzione di una figura di VII qualifica funzionale (in sede di determinazione, nell’anno 1989, della nuova Pianta Organica), mancava qualsiasi provvedimento formale di incarico del Consiglio comunale. Infine ha considerato detto Giudice che nell’ambito del pubblico impiego non è applicabile l’art. 2126 del c.c. ed è preclusa l’automatica attribuzione di effetti allo svolgimento di mansioni superiori.

Con il ricorso in appello in esame il dipendente in epigrafe indicato ha chiesto l’annullamento di detta sentenza, la declaratoria e la condanna in epigrafe indicati deducendo i seguenti motivi:

1.- Dal raffronto delle funzioni assegnate al Direttore Segretario del Palazzetto dello Sport con i compiti previsti dal D.P.R. n. 347/1983 si evince che l’appellante ha svolto mansioni non inferiori a quelle di VII livello.

2.- L’istituzione nell’anno 1989 del posto di settima qualifica funzionale "istruttore giuridico amministrativo" conferma dette considerazioni, essendo state previste per essa figura mansioni uguali a quelle effettuate dall’appellante nel corso della sua utilizzazione quale Direttore Segretario del Palazzetto dello Sport. Il provvedimento formale di incarico era inutile perché il ricorrente già ricopriva e svolgeva le funzioni previste per il posto istituito.

3.- Per quel che riguarda il periodo dall’1.9.1977 al 31.12.1982, in cui l’appellante era formalmente inquadrato nella IV qualifica funzionale, l’art. 41 del Regolamento del personale del Comune di Rimini deve essere inteso nel senso che nella medesima unità organizzativa dove si verifica la carenza deve essere di volta in volta reperito il dipendente di livello inferiore in concreto utilizzabile.

4.- La sentenza ha ignorato gli artt. 40 e 41 del Regolamento citato ed erroneamente affermato che il pubblico impiegato potrebbe sottrarsi al conferimento di mansioni superiori.

5.- Il posto di VII livello instituito nell’anno 1989 è rimasto formalmente vacante fino al pensionamento dell’appellante e per il periodo pregresso la prescrizione non si è mai compiuta.

6.- Il principio della retribuibilità delle mansioni superiori svolte di fatto trova titolo e ragione sia nell’art. 36 della Costituzione che nell’art. 2126 del c.c..

Nel caso di specie non è ravvisabile la illiceità prevista dall’art. 1343 del c.c..

Il posto sul quale l’appellante ha svolto le mansioni superiori è sempre rimasto formalmente vacante e non era quindi necessario coprirlo.

7.- L’art. 56 del d. lgs. n. 29/93 nel testo introdotto dal d. lgs. n. 80/98 è stato modificato dal Governo nell’intento di lasciare alla giurisprudenza la valutazione se sorga o meno il diritto a retribuzione in caso di svolgimento di mansioni superiori.

8.- Stanti gli esistenti contrasti giurisprudenziali in materia e la circostanza che l’appellante ha svolto per anni un lavoro più complesso di quello dovuto, è censurabile la condanna alle spese disposta in primo grado.

Con atto depositato il 10.2.2000 si è costituito in giudizio il Comune di Rimini, che ha dedotto la infondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione.

Con memoria depositata il 10.12.2010 si sono costituiti in giudizio gli eredi dell’appellante in epigrafe indicati, che hanno ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 21.12.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza dell’avvocato della parte resistente, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello, in epigrafe specificato, il sig. T. C. ha chiesto l’annullamento della sentenza del T.A.R. EmiliaRomagna – Bologna, Sezione I, n. 00293/1999, resa tra le parti, di reiezione del ricorso proposto per il pagamento di differenze retributive per mansioni superiori. Inoltre ha chiesto la declaratoria, ex art. 36 della Costituzione ed ex art. 2126 o 2041 del c.c., del diritto alle differenze retributive per le mansioni superiori svolte, corrispondenti a quelle della VII o VIII qualifica funzionale (per il periodo dal 1.9.1977 al 2.1.19995, o per quello diverso ritenuto di giustizia) e la condanna del Comune di Rimini al pagamento di dette differenze retributive, oltre ad interessi e rivalutazione, nonché alla regolarizzazione previdenziale. In subordine ha chiesto la riforma della impugnata sentenza nella parte in cui dispone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del primo grado di giudizio.

2.1.- Con un primo, complesso, ordine di motivazioni di appello è stato dedotto che dal raffronto delle funzioni assegnate al Direttore Segretario del Palazzetto dello Sport con i compiti previsti dal D.P.R. n. 347/1983 si evincerebbe che l’appellante aveva svolto mansioni non inferiori a quelle di VII livello, considerato che mancava un superiore gerarchico e che collaborava direttamente con l’Assessore (alcuni di essi compiti corrisponderebbero addirittura a quelli dell’VIII livello). L’istituzione nell’anno 1989 del posto di settima qualifica funzionale "istruttore giuridico amministrativo" confermerebbe dette considerazioni, essendo state previste per essa figura mansioni uguali a quelle effettuate dall’appellante nel corso della sua utilizzazione quale Direttore Segretario del Palazzetto dello Sport. Anche se vi fossero stati altri impianti o strutture da gestire l’attribuzione della gestione di detto impianto avrebbe avuto il requisito della prevalenza qualitativa, quantitativa e temporale. Il provvedimento formale di incarico era inutile perché il ricorrente già ricopriva e svolgeva le funzioni previste per il posto istituito.

Inoltre è stato asserito che, per quel che riguarda il periodo dall’1.9.1977 al 31.12.1982, in cui l’appellante era formalmente inquadrato nella IV qualifica funzionale, l’art. 41 del Regolamento del personale del Comune di Rimini prevede che il dipendente più anziano nel livello immediatamente inferiore entro la medesima unità organizzativa fa le veci del collaboratore di livello superiore mancante, assente o impedito. La disposizione dovrebbe essere intesa nel senso, relativo, che nella medesima unità organizzativa dove si verifica la carenza deve essere di volta in volta reperito il dipendente di livello inferiore che sia effettivamente presente e quindi in concreto utilizzabile (l’organico del settore sport comprendeva all’epoca dipendenti al massimo del IV livello).

La sentenza avrebbe ignorato gli artt. 40 e 41 del Regolamento citato ed erroneamente affermato che il pubblico impiegato potrebbe sottrarsi al conferimento di mansioni superiori. Il posto di VII livello instituito nell’anno 1989 sarebbe rimasto formalmente vacante fino al pensionamento dell’appellante e per il periodo pregresso, in virtù delle reiterate istanze avanzate, la prescrizione non si sarebbe mai compiuta.

Il principio della retribuibilità delle mansioni superiori svolte di fatto troverebbe titolo e ragione sia nell’art. 36 della Costituzione che nell’art. 2126 del c.c. e, nel caso di specie, non sarebbe ravvisabile la illiceità prevista dall’art. 1343 del c.c. perché lo svolgimento di fatto delle mansioni superiori non ha prodotto alcun effetto giuridico vietato dall’ordinamento. Il posto sul quale l’appellante ha svolto le mansioni superiori è sempre rimasto formalmente vacante e non sarebbe stato quindi necessario coprirlo; inoltre la delibera del Comune di Rimini per l’attribuzione del compenso non sarebbe stato atto discrezionale ed il diritto alla giusta retribuzione non sarebbe subordinato alla adozione di atti amministrativi formali.

L’art. 56 del D. Lgs. n. 29/93 nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 80/98 sarebbe stato modificato dal Governo nell’intento di lasciare alla giurisprudenza la valutazione se sorga o meno il diritto a retribuzione in caso di svolgimento di mansioni superiori.

2.1.- Va osservato in proposito, in generale, che la giurisprudenza si è più volte espressa nel senso di ritenere comunque non retribuibile lo svolgimento di mansioni correlative alla qualifica superiore a quella rivestita, con riguardo a situazioni anteriori all’entrata in vigore dell’art. 56 del d. lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo introdotto con il d. lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, non essendo applicabile l’art. 2126 cod. civ. e non potendo assumere valore di regola l’art. 36 della Costituzione, alla luce di quanto dispone l’art. 97 della stessa Carta costituzionale (Consiglio Stato, Ad. pl. n. 10 del 28 gennaio 2000 e n. 22 del 18 novembre 1999; Consiglio Stato, sez. V, 12 febbraio 2007, n. 581).

Contrariamente a quanto mostra di ritenere l’appellante, in assenza di una disposizione di legge che disponga diversamente relativamente al periodo anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387, nessuna norma o principio generale consente la retribuibilità, in via generale, delle mansioni superiori comunque svolte nel campo del pubblico impiego (Consiglio Stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3355) e tanto meno se svolte di fatto (Consiglio Stato, sez. IV, 26 marzo 2010, n. 1775).

A tal fine non può essere utilmente richiamato l’art. 36 della Costituzione, in quanto il principio di adeguatezza della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, non comporta, in materia di pubblico impiego che il dipendente possa vantare un diritto soggettivo al trattamento economico connesso alle mansioni superiori che abbia temporaneamente svolto in base a detto articolo della Costituzione ed all’art. 2126 c.c..

Neppure ritiene il Collegio che sia utile al fine cui è volto il ricorso l’art. 57 del d. lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, il quale non ha mai avuto pratica applicazione, essendo stata via via differita la sua operatività sino all’abrogazione operata dall’art. 43 del d. lgs. 31 marzo 1998 n. 80, né l’art. 56 ultimo comma del d. lgs. citato, (oggi trasfuso nell’art. 52 del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165), secondo cui le disposizioni dettate in materia dal comma 4 possono trovare applicazione solo in sede di attuazione della disciplina prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita.

Non potrebbe nemmeno essere invocato a favore delle richieste di parte appellante l’art. 2041 c.c., in ragione della sussidiarietà dell’azione di arricchimento senza causa e dell’inerenza di tale disposizione esclusivamente al diverso fenomeno della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di atto nullo o annullato (Consiglio Stato, sez. IV, 6 aprile 2004, n. 1831), né l’art. 2103 c.c. (come sostituito dall’art. 13 della legge n. 300/1970) che è applicabile al pubblico impiego solo nei limiti previsti da norme speciali (Consiglio Stato, sez. IV, 30 giugno 2003, n. 3920).

Aggiungasi che, secondo il Collegio, il diritto del pubblico dipendente al corrispettivo per l’espletamento di mansioni superiori non può fondarsi sull’ingiustificato arricchimento dell’Amministrazione, atteso che l’esercizio di mansioni superiori alla qualifica rivestita, svolto durante l’ordinaria prestazione lavorativa, non reca alcuna effettiva diminuzione patrimoniale in danno del dipendente, né quel depauperamento che è requisito essenziale dell’azione di cui all’art. 2041 codice civile (Consiglio Stato, Ad. Plen., 23 febbraio 2000 n. 12).

Va osservato, infine, che l’art. 14 della legge n. 207/1985 impone il divieto assoluto di assegnare incarichi, supplenze o convenzioni e, comunque, di utilizzare a qualsiasi titolo personale in deroga alle vigenti disposizioni di legge (comma 7), sancendo nel contempo che tutti gli atti ed i provvedimenti relativi adottati in violazione del divieto de quo sono nulli ed impegnano la responsabilità personale e diretta dei componenti degli organi di amministrazione che li dispongono (comma 8).

2.1.1.- Le considerazioni che precedono, escludendo qualsiasi rilievo allo svolgimento di mansioni superiori nel pubblico impiego presso gli Enti locali a fini retributivi, comportano la assoluta irrilevanza della circostanza che l’art. 41 del Regolamento del personale del Comune di Rimini stabiliva che il dipendente più anziano nel livello immediatamente inferiore entro la medesima unità organizzativa fa le veci del collaboratore di livello superiore mancante, assente o impedito e che l’appellante abbia svolto le mansioni superiori con prevalenza qualitativa, quantitativa e temporale, a prescindere dalla sussistenza o meno di un provvedimento formale di incarico.

Comportano altresì che è inutile verificare la fondatezza o meno della tesi del Giudice di prime cure (che anche se in base alle disposizioni regolamentari invocate dall’appellante potesse essere dato rilievo alle mansioni svolte in via di fatto, e, di conseguenza, il suo inquadramento potesse avvenire in base ad esse, il livello attribuibile non potrebbe che essere che quello immediatamente superiore a quello formalmente posseduto), peraltro in linea di principio corretta, dal momento che appare privo di qualsiasi giustificazione logica il solo ipotizzare un inquadramento per saltum ad una fascia due volte superiore a quella di appartenenza (Consiglio Stato, sez. IV, 04 febbraio 2011, n. 800)

3.- Deduce in subordine l’appellante che stanti gli esistenti contrasti giurisprudenziali in materia e la circostanza che ha svolto per anni un lavoro più complesso di quello dovuto, la condanna alle spese disposta in primo grado appare censurabile.

La Sezione non ritiene la censura suscettibile di accoglimento, atteso che, già all’epoca di proposizione del ricorso di primo grado, la prevalente giurisprudenza era orientata per la non spettanza della retribuzione per mansioni superiori svolte di fatto nell’ambito degli Enti locali.

4.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

5.- La peculiarità del caso denota la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame.

Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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