Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-04-2011) 11-05-2011, n. 18521 Dibattimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

na del Dott. SPINACI Sante, che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Ascoli Piceno, con sentenza dell’11/7/07, dichiarava T.R. e B.A. colpevoli del reato di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, nn. 3 e 7, art. 4, nn. 1 e 7, perchè sfruttavano la prostituzione di più donne, esplicando tale attività nell’ambito di una organizzazione, operante all’estero, di reclutamento di persone che venivano obbligate, anche mediante minacce gravi e violenza fisica, a consegnare parte dei proventi dall’esercizio del meretricio e compiendo opera di favoreggiamento, consegnando loro i profilattici necessari e accompagnandole sul luogo ove esse si prostituivano; condannava il T. alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa, e il B. ad anni 5 di reclusione ed Euro 4.000.00 di multa.

La Corte di Appello di Ancona, chiamata a pronunciarsi sugli appelli avanzati dai prevenuti, con sentenza dell’11/2/2010, ha confermato il decisum di prime cure.

Propongono autonomi ricorsi per cassazione gli imputati, a mezzo dei propri difensori, con i seguenti motivi:

-per T.;

-omesso riscontro da parte della Corte territoriale ai motivi di appello, essendosi limitata essa Corte a riportarsi al discorso giustificativo sviluppato dal Tribunale;

-erronea applicazione della legge processuale in riferimento all’art. 512 c.p.p. in relazione alla acquisizione della querela presentata da K.R.;

-erronea applicazione delle regole di valutazione probatoria, vista l’acritica ed apodittica accettazione dell’impianto argomentativo, adottato dal giudice di prime cure, a dispetto delle specifiche e dettagliate censure avanzate con il gravame attinenti alle dissonanze riscontrabili nelle dichiarazioni rese dalla presunte parti offese, in contrasto con ulteriori emergenze istruttorie;

-omessa motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche. invocate:

-per B.:

-mancanza di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche;

-violazione dell’art. 500 c.p.p., comma 4 rilevato che nonostante la dichiarazione chiara e puntuale, resa da Bi.Li. in sede dibattimentale, il giudice di merito ha ritenuto di dovere acquisire la denuncia antecedentemente presentata dalla stessa, in relazione alle minacce e alle percosse infertele dal B.;

-violazione dell’art. 512 c.p.p. in ordine alla acquisizione della querela presentata da K.R.. ritenendo impossibile la ripetizione dell’atto.
Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e vanno rigettati.

La argomentazione motivazionale. adottata dalla Corte territoriale a sostegno della conferma della colpevolezza dei prevenuti, si palesa del tutto logica e corretta, con puntuali riscontri ai motivi di appello libellati.

In ordine alla prima censura avanzata dal T. si rileva che la Corte ha ritenuto attendibili le parti offese e credibile il narralo da esse fornito, dando contezza di avere ravvisato nelle ulteriori emergenze istruttorie elementi di inequivoco, positivo, riscontro; in particolare negli esiti della attività di osservazione e controllo dei C.C. svolta sulla strada provinciale della Bonifica e nei pressi della abitazione di via dei (OMISSIS); nella titolarità del contratto di locazione in capo al T. della casa dove entrambe le giovani vittime erano alloggiate; nel possesso delle chiavi della autovettura Audi 80, che era stata vista aggirarsi nei pressi della predetta strada della Bonifica, con a bordo gli imputati, che controllavano che non si verificassero inconvenienti durante lo svolgimento della attività di meretricio delle giovani; nonchè nelle inattaccabili dichiarazioni dei terzi estranei ( Ri. e la di lui madre).

La censura de qua si palesa, peraltro, come tentativo di rivalutazione della piattaforma probatoria, sulla quale al giudice di legittimità è precluso di procedere ad un riesame estimativo.

In relazione alla eccezione relativa alla acquisizione agli atti del processo, ex art. 512 c.p.p., della querela della R., anche a volere ritenere inutilizzabile detto atto, il decidente evidenzia che le ulteriori emergenze istruttorie sono del tutto sufficienti a permettere di affermare la colpevolezza dell’imputato, infatti tale elemento di prova non risulta avere avuto un peso decisivo nella decisione del giudice di merito, visto che dalla struttura argomentativa della motivazione è palesemente evincibile che la scelta della soluzione adottata sarebbe stata la stessa anche prescindendo da esso (Cass. 23/9/04. Morbillo).

Del pari priva di pregio risulta essere la contestazione sul mancato riscontro argomentativo alla richiesta di concessione delle attenuanti generiche. rilevato che il giudice di merito ritiene la pena congruamente determinata in relazione alla gravità dei fatti, non ravvisando circostanze utili e rilevanti ai fini di una attenuazione del trattamento sanzionatorio).

Quanto al ricorso del B. si osserva.

La censura attinente al diniego delle attenuanti generiche si rivela priva di pregio, visto che la Corte di merito non ravvisa alcuna circostanza rilevante al fine di una attenuazione della pena, implicitamente, cosi, rigettandone la invocata concessione, in considerazione, peraltro, della violenza e minaccia che ha contraddistinto la condotta posta in essere dal prevenuto nei confronti delle vittime e di soggetti terzi estranei (il Ri.).

Di poi, non merita accoglimento la contestazione mossa in ordine alla acquisizione, ex art. 500 c.p.p., comma 4, delle dichiarazioni della Bi.Li., disposta dal giudice di prime cure, nonostante la deposizione della stessa, resa in dibattimento, fosse stata chiara e puntuale.

Sul punto, infatti, il decidente ha ravvisato come la testimone (parte offesa) risultasse, al momento della sua assunzione, condizionata da evidenti intimidazioni subite, che l’hanno costretta a modificare, in toto, quanto aveva affermato nella denuncia, ritenendo, richiamando a sostegno della convinzione raggiunta chiare risultanze processuali.

Questa Corte ha avuto modo di affermare che la acquisizione probatoria delle dichiarazioni rese in precedenza dal testimone è giustificata anche dalla emersione in dibattimento di circostanze che diano prova che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altra utilità, senza che sia necessario che il giudice disponga specifici accertamenti, purchè detti elementi siano concreti e quindi precisi nella loro consistenza materiale, univoci nel dimostrare che la reticenza è stata indotta da una azione esterna alla libera scelta del testimone (Cass. 6/2/08. n. 5997), come nel caso in esame.

Quanto alla eccepita violazione dell’art. 512 c.p.p., in ordine alla acquisizione della denuncia della K.R. si ribadisce valgono le medesime osservazioni ut supra svolte in merito alla identica doglianza avanzata dal T..

Appare opportuno osservare:

-che il giudice di merito ha sviluppato un discorso logico-giuridico compiuto e plausibile per pervenire alla affermazione di colpevolezza dei prevenuti per il reato ad essi ascritto:

– che lo stesso decidente ha adottato il corretto metodo nella valutazione della prova, visto che, sia il Tribunale, che la Corte di Appello, hanno preso in considerazione ogni singolo fatto ed il loro insieme, non in modo parcellizzato ed avulso dal generale contesto probatorio, verificando che essi, ricostruiti in sè e posti vicendevolmente in rapporto, potevano essere ordinati in una costruzione logica armonica e consonante, tale da consentire, attraverso la valutazione unitaria del contesto, di attingere la verità processuale e giungere a ritenere sussistente la responsabilità degli imputati;

– che le doglianze mosse con i rispettivi ricorsi, prospettano una realtà dei fatti diversa da quella rendicontata dalle parti offese e in aperto contrasto con la attribuzione valutativa assegnata dal decidente alle risultanze processuali, tendendo ad una rivisitazione della piattaforma probatoria, sulla quale al giudice di merito è inibito di procedere ad una rianalisi estimativa. Esula, infatti, dai poteri del giudice di legittimità quello di una rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, in quanto questa Corte è giudice della motivazione e della osservanza della legge e non del contenuto della prova (ex plurimis Cass. 6/3/03, Di Folco).
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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