Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-04-2011) 11-05-2011, n. 18620

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ns. Dott. Iannelli Enzo.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.L.A. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 24/27.9.2010 del tribunale di Napoli, in composizione monocratica che, in sede esecutiva rigettava la richiesta volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo di continuazione tra reati, realizzato in un arco cronologico ampio, addirittura di circa undici anni dal 19.12.1993 al 5.10.2004, e deduce che la distanza cronologica dei reati in tesi in continuazione non può costituire una causa a preclusiva del nesso di continuazione per l’appunto,una volta che si registri il loro carattere omogeneo.

Il ricorso è inammissibile, nel senso che il discorso difensivo vien svolto in astratto, senza riferimento alcuno ai dati concreti da cui sia possibile desumere il medesimo disegno criminoso.

Invero in tema di reato continuato l’identità del disegno criminoso è apprezzabile sulla base degli elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo, anche (soltanto) attraverso la constatazione di alcuni soltanto di detti elementi purchè significativi (Sez. 1, 5.11/2.12.2008, Lombardo, Rv 242098). Vi è bisogno, per configurare il nesso di continuazione, che venga dedotto,in sede di legittimità,qualcosa di più e di diverso: la preventiva ideazione, il preliminare programma di commettere reati,collegati da un nesso finalistico che li accomuna, ideazione, programmazione, nesso finalistico tanto più difficile da configurare tanto più ampio è l’arco di tempo caratterizzante le modalità cronologiche della commissione dei reati. E, sotto questo aspetto, il ricorrente non offre elementi sintomatici deponenti per un tale ideazione programmatica.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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