Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-04-2011) 11-05-2011, n. 18606

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

O.G., cittadino nigeriano, ricorre per cassazione avverso la sentenza patteggiata ex artt. 444 e seg. c.p.p. che gli applicava la pena su richiesta per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3, deducendo omessa motivazione sul punto relativo alla sussistenza del reato.

Il ricorso deve essere accolto perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Il giudice di merito ha rilevato che l’imputato ometteva, senza giustificato motivo, di esibire a pubblici ufficiali che ritualmente gliene facevano richiesta il passaporto, il permesso o la carta di soggiorno o altro documento di identità. Non ha rilevato però il giudice di merito che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3, nella nuova formulazione dell’articolo in forza della L. n. 94 del 2009, art. 1, comma 22, lett. h), è stato modificato nella parte in cui la locuzione "o" che separa i due documenti richiesti e da esibire da parte dello straniero è stata sostituita dalla locuzione "e" al posto della locuzione "o". E che per il principio della retroattività della norma penale sostanziale più favorevole la disposizione vigente al momento della decisione, se più favorevole all’imputato, deve applicarsi a scapito di quella, più sfavorevole, vigente al tempus commissi delicti.

A pena, quindi, di mortificare ingiustificatamente la novità letteraria introdotta nel contesto del pacchetto di sicurezza 2009, lo straniero deve a richiesta esibire accanto ad un documento di identificazione, quale che sia, – passaporto, carta di identità, patente et similia – anche il permesso di soggiorno o altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato. Ne consegue che lo straniero irregolare, che per definizione è sprovvisto del permesso di soggiorno o documento equipollente, non potrà mai, per definizione ritenersi responsabile del fatto di reato di cui all’art. 6 cit.. Del resto proprio alla stregua del principio generale dell’ordinamento,secondo cui "nemo ad impossibilita tenetur", con riferimento alla pretesa esibizione del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato, di recente le Sez. Un. 24.2.2011, P.M. c. Alacev Pavel, R.G. 22260/2010 hanno definito nei termini in questa sede decisi un caso analogo.

Del resto all’introduzione della modifica nel corpo dell’art. 6, comma 3 cit. deve darsi ragionevolmente una spiegazione non solo formale, proprio perchè essa si collega all’introduzione del nuovo reato di immigrazione clandestina che serve a sottrarre alle potenzialità punitive del nuovo testo dell’art. 6, comma 3 cit. condotte che richiamano il vecchio, peraltro l’omessa esibizione di un documento di identificazione potrà ricadere sotto la previsione punitiva dell’art. 651 c.p. – rifiuto di indicazione sulla propria identità personale qualora il rifiuto riguardi l’invito a dichiarare le generalità – ovvero del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 4 (t.u.l.p.s.) allorchè il rifiuto riguardi la consegna di un documento di identità, quale il passaporto.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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