T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 12-05-2011, n. 4132 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 8 gennaio 2009 e depositato il successivo 14 gennaio 2009, la ricorrente chiede l’accertamento del proprio diritto ad ottenere dalla Regione Lazio – a fronte degli oneri finanziari derivanti dall’obbligo di servizio pubblico gratuito imposto dall’art. 45, co. 18, L.R.Lazio n. 16/2003 – la compensazione di cui all’art. 6, n. 2, del Regolamento CE 26 giugno 1969, n. 1969/69 per gli anni 20032008 e, in via subordinata, ad ottenere il rimborso del minor introito derivatole dall’applicazione del citato art. 45, co. 18, della legge regionale n. 16/2003, per il medesimo periodo temporale, con conseguente condanna al pagamento della somma di Euro 67.812.510,00, aumentata a Euro 92.124.730,00 a seguito dell’estensione delle domande – in sede di motivi aggiunti – anche agli anni 20092010.

In particolare, la ricorrente espone che:

– con l’art. 45, comma 18, della legge Regione Lazio n. 16 del 2003 è stato disposto che "per la circolazione per motivi di servizio sui mezzi del trasporto pubblico di cui all’articolo 2 della l.r. 30/1998, come sostituito dalla presente legge, gli agenti e gli ufficiali di pubblica sicurezza, gli appartenenti all’Arma dei Carabinieri, alle forze di polizia, alla polizia penitenziaria, alla guardia di finanza, alla polizia municipale ed alle altre forze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica utilizzano la tessera di servizio rilasciata dai rispettivi comandi… In caso di circolazione sui mezzi di trasporto pubblico da parte dei soggetti sopra indicati non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 33 della l.r. 30/1998 e non è dovuto alcun rimborso alle aziende esercenti il pubblico trasporto";

– l’applicazione concreta di tale norma comportava il rilascio di circa 80.000 tessere di libera circolazione ai beneficiari, con un ingente danno economico per la ricorrente;

– ravvisando contrasto tra tale previsione ed il Regolamento CE n. 1191/69, con conseguente obbligo di disapplicazione della prima, in data 26 giugno 2008 la ricorrente invitava la Regione a definire, anche mediante specifico accordo con il Comune di Roma, la misura unitaria del rimborso per ogni titolo di libera circolazione concesso in ottemperanza a quanto prescritto dalla legge regionale, tenendo conto – a tale fine – non solo dei costi marginali sopportati ma anche dei correlati oneri di gestione con riferimento agli esercizi 2003 e successivi;

– nel contempo, avvisava che "ove ciò non avvenisse entro il termine di gg. 60…. ATAC provvederà a calcolare il danno subito per la mancata compensazione, invitando le Aziende aderenti al sistema METREBUS a quantificare ed ad azionare direttamente il lodo, secondo i principi ed i criteri stabiliti dall’articolo 11 del Regolamento CEE 1191/69 e, nel caso di mancato adempimento, a convenire in giudizio Regione Lazio e per quanto possa occorrere il Comune di Roma";

– in carenza di riscontro, in data 22 ottobre 2010 inviava una lettera di sollecito, con la quale, tra l’altro, quantificava la somma dovuta a titolo di compensazione per le tessere di libera circolazione rilasciate ai sensi del citato art. 45, comma 18, in Euro 57.270.000,00;

– anche tale lettera non riceveva riscontro.

Ciò detto, a supporto della pretesa avanzata la ricorrente formula i seguenti motivi di diritto:

I. ESISTENZA ED INDECLINABILITA" DEL DIRITTO ALLA COMPENSAZIONE. DISAPPLICAZIONE DELLA NORMA REGIONALE NEL CASO CONCRETO nella parte in cui esclude il diritto ad ottenere la compensazione per l’obbligo di servizio imposto alla ricorrente, per prevalenza del regolamento CEE 1191/1969, dotato di "forza immediatamente dispositiva nell’ordinamento italiano".

II. DOMANDA SUBORDINATA. Tenuto conto che l’art. 45, comma 18, della legge regionale n. 16 del 2003 è in contrasto con gli artt. 17 e 19 del d.lgs. n. 422 del 1997 e numerose altre leggi, volte all’introduzione di principi di efficienza, economicità di gestione e contenimento/riduzione dei costi, nonché dell’evidente sproporzione del numero dei diritti attribuiti rispetto le esigenze di sicurezza, lo stesso art. 45, comma 18, è da ritenere viziato da illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 41, 97 e 117 lett. e della Costituzione e, dunque, sussiste il diritto della ricorrente al rimborso del minor introito che l’applicazione della prescrizione de qua le ha procurato.

Con atto depositato in data 13 febbraio 2009 si è costituita la Regione Lazio, la quale – nel prosieguo e precisamente in data 11 febbraio 2011 – ha depositato una memoria, con la quale ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito, ponendo in risalto che l’A. "agisce per il riconoscimento di una pretesa creditoria verso la Regione Lazio ritenuta inadempiente all’obbligo di compensazione economica da mancato introito, come disposto dall’art. 6, n. 2, Regolamento CEE n. 1191/69, di cui si chiede la diretta applicazione", nonché il difetto di legittimazione passiva della medesima, rilevando che la compensazione deve essere prevista nell’ambito dei contratti di servizio pubblico, i quali vengono stipulati con il Comune di Roma. Nel merito, ha poi opposto l’infondatezza del ricorso, atteso che: – l’art. 45, comma 18, della l.r. n. 16/2003 non contiene alcun obbligo di servizio né regola una fattispecie di agevolazione tariffaria; – il predetto art. 45, comma 18, non contiene alcun benefit generalizzato bensì persegue mere finalità di tutela dell’ordine pubblico, a vantaggio della collettività, sicché non può ritenersi violativo delle norme costituzionali richiamate nel ricorso; – in ogni caso, come si evince dai protocolli di intesa siglati da A. con i vari Enti, "A. già percepisce da questi un rimborso per ogni tessera di circolazione rilasciata e dunque non si capisce a quale titolo oggi essa pretenda ulteriori importi"; – la somma richiesta non è, altresì, corredata dai necessari elementi di prova in ordine all’effettivo utilizzo dei titoli elettronici rilasciati da parte degli aventi diritto ed ai costi sostenuti per far viaggiare i soggetti titolari dell’agevolazione.

In data 18 febbraio 2011 la ricorrente ha depositato "memoria a valere anche come motivi aggiunti" con la quale: – ha esteso le proprie domande, principale e subordinata, anche ai successivi anni medio tempore maturati, e quindi agli anni 20092010, con richiesta di condanna della Regione Lazio al pagamento del complessivo importo di Euro 92.124.730,00; – ha insistito nella pretesa avanzata, richiamando anche recenti decisioni del Consiglio di Stato.

In data 2 marzo 2011 ha prodotto una "memoria di replica", in cui: – sostiene la giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che "la questione controversa a monte è proprio l’esercizio del potere autoritativo da parte della Regione", la quale sino ad oggi, in applicazione dell’art. 45, comma 18, della l.r. n. 16/2003 "ha costantemente negato di dover corrispondere alcunché", "sicché è evidente che nel caso di specie ciò che deve essere innanzi tutto affermato è proprio l’esistenza di un rapporto obbligatorio, e quindi l’esistenza dell’obbligo giuridico in capo all’ente che ha disposto la consegna di tessere di libera circolazione gratuita, di erogare i rimborsi e/o le compensazioni previste dalla normativa comunitaria e nazionale"; – la legittimazione passiva è indiscutibilmente della Regione Lazio tenuto conto che, finché esiste la previsione di legge regionale, non può esservi alcun contratto di servizio chiamato a regolare le compensazioni economiche oggetto di domanda; – nelle convenzioni è prevista la gratuità delle tessere o la somma di Euro 10,00 per ogni tessera consegnata; – tale somma è diretta a coprire solo il costo vivo del titolo di viaggio elettronico rilasciato, necessario per accedere ai tornelli della metropolitana, e, comunque, è stata scomputata dagli importi richiesti; – la mera garanzia di esigenza di sicurezza rappresentata dalla Regione non esclude l’applicazione del Regolamento n. 1169/69 e, comunque, richiederebbe l’introduzione di più stringenti regole, volte a limitare il numero di viaggiatori abilitati a viaggiare sui mezzi pubblici.

All’udienza pubblica del 24 marzo 2011 è stato trattenuto in decisione il ricorso principale.
Motivi della decisione

1. Come emerge dalla narrativa che precede, la ricorrente formula due domande di accertamento di un diritto creditorio e conseguente condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento di una somma di danaro: – la prima riguarda la dichiarazione del diritto ad ottenere la compensazione prevista dall’art. 6, n. 2, del Regolamento CE 26 giugno 1969 n. 1191/69 per gli oneri finanziari derivati dall’obbligo di servizio pubblico gratuito imposto dall’art. 45, co. 18, della L. R. 16 giugno 2003, n. 16 per il periodo da luglio 2003 a tutto il 2008 o, in via subordinata, il rimborso del minor introito derivatole in applicazione della già citata previsione nel corso del medesimo periodo temporale, "previa remissione alla Corte Costituzionale degli atti del presente giudizio"; – con la seconda, formulata con i motivi aggiunti depositati in data 18 febbraio 2011, le pretese già avanzate sono estese anche agli anni 20092010.

Ciò detto, anche in ragione di quanto espressamente prescritto dall’art. 43, comma 1, del cod.proc.amm. in ordine all’applicazione ai "motivi aggiunti" della disciplina prevista per il ricorso, "ivi compresa quella relativa ai termini", aderente all’orientamento giurisprudenziale già assunto in materia (cfr., tra le altre, TAR Lazio, Sez. I quater, n. 1 del 2008), il Collegio ha dovuto necessariamente rilevare la carenza – in relazione ai motivi aggiunti di cui trattasi – dei termini a difesa, ora desumibili dagli artt. 46, 71 e 73 del c.pr.amm..

Non essendo stato rappresentato da parte del difensore della società ricorrente interesse alla trattazione unitaria del ricorso principale e dei motivi aggiunti ed, anzi, avendo quest’ultimo dimostrato preferenza per l’autonoma trattazione del primo, al fine di evitare la nullità del procedimento il Collegio – dopo aver espressamente fatto presente all’udienza pubblica che la discussione era da ritenersi limitata esclusivamente alle domande afferenti il periodo temporale da luglio 2003 sino a tutto il 2008 – ha, comunque, trattenuto in decisione il ricorso principale.

Tale scelta è stata ritenuta possibile in ragione delle peculiarità che caratterizzano l’ampliata funzione dei motivi aggiunti.

E’, infatti, noto che, già a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 205 del 2000 all’art. 21 della legge n. 1034 del 1971, ora riprese – con formulazione indiscutibilmente innovativa – dal già citato art. 43 del cod. proc. amm., i motivi aggiunti rappresentano, oltre che lo strumento attraverso il quale arricchire la causa pretendi, un valido mezzo per modificare il petitum, atteso che attraverso la loro proposizione è consentita l’introduzione di "domande nuove purché connesse a quelle già proposte".

In ragione della specificata peculiarità, sussistono valide ragioni per affermare che i motivi aggiunti proposti per la formulazione di nuove domande risultano dotati – a differenza dei motivi aggiunti della tradizione – di autonomia sostanziale perché sono comunque espressione di un autonomo diritto di azione.

Da ciò consegue che i motivi aggiunti del genere di quelli in esame, pur non avendo le sembianze del ricorso a sé stante, ne possiedono l’intima natura (cfr. TAR Lazio, Sez. I quater, sent. già citata; TAR Lazio Sez. II, sent. n. 305/2005; TAR Lazio, Sez. I, sent. n 1631/2004).

Preso atto di quanto sopra esposto, non appare, dunque, che possa essere messa in discussione la possibilità per il giudice amministrativo di procedere ad una trattazione disgiunta del ricorso principale, maturo per la decisione, rispetto ai motivi aggiunti nei cui confronti non sussistono i termini a difesa.

Nel caso che ci occupa, il ricorso principale è stato, pertanto, trattenuto in decisione, mentre per i motivi aggiunti è fissata un’altra udienza pubblica specificamente indicata nel dispositivo.

2. Come già rappresentato, con il ricorso principale la società A. chiede l’accertamento del diritto ad ottenere "la compensazione prevista dall’art. 6, n. 2, del Regolamento CE 26 giugno 1969 n. 1191/69, da determinarsi con le modalità previste dagli artt. 1013 del Regolamento stesso, a fronte degli oneri finanziari derivati, per gli anni 20032008, dall’obbligo di servizio pubblico gratuito imposto dall’art. 45, co. 18, della l.reg. Lazio 16 giugno 2003, n. 16"; in subordine, la predetta A. chiede, invece, "l’accertamento e la dichiarazione" del proprio diritto "ad ottenere, per gli stessi anni il rimborso del minor introito" derivatole "dall’applicazione dell’art. 45, co. 18, l. reg. Lazio n. 16/2003, per gli anni che vanno dal luglio 2003 a tutto il 2008, previa remissione alla Corte Costituzionale degli atti del presente giudizio perché la Corte dichiari l’illegittimità costituzionale della norma del 18° co. dell’art. 45 l. reg. Lazio n. 16 del 2003 per contrasto con gli artt. 3, 41, 97, 117 lett. e Cost.".

Al riguardo, l’Amministrazione resistente – regolarmente costituitasi in giudizio – ha sollevato eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito.

Tale eccezione è fondata.

2.1. Come ripetutamente affermato in giurisprudenza, la giurisdizione si determina sulla base della domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, da identificare non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr., tra le altre, Cass. Civ., Sez. Un., 16 novembre 2010, n. 23108; Cass. Civ., Sez. Un., 25 giugno 2010, n. 15323; TAR Lombardia, Brescia, 14 maggio 2010, n. 1726).

Più in particolare, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo in tutti i casi in cui, nell’ambito del petitum sostanziale del ricorso, sia richiesto un sindacato sui poteri esercitati dall’Amministrazione, mentre la controversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario se tali poteri non vengono in discussione, ossia non assume alcun rilievo il potere di intervento dell’Amministrazione a tutela degli interessi generali ed il giudice è chiamato ad un’attività di carattere meramente accertativo (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 21 dicembre 2010, n. 9318; TAR Campania, Salerno, Sez. I, 26 gennaio 2011, n. 76; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 11 giugno 2010, n. 5580; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 21 aprile 2010, n. 3739).

Tale criterio opera anche nei casi di giurisdizione esclusiva, nel senso che da quest’ultima – comunque – esulano le controversie riguardanti la pretesa di prestazioni patrimoniali che – oltre a trovare la loro causa nel rapporto tra l’amministrazione ed il privato – costituiscono l’indennizzo di particolare costi sostenuti per la gestione di un servizio (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. V, 25 settembre 2006, n. 5621; TAR Basilicata, Potenza, Sez. I, 16 settembre 2009, n. 521; TAR Campania, Napoli, Sez. I, 20 marzo 2007, n. 2497; TAR Veneto, Venezia, Sez. II, 18 gennaio 2007, n. 105).

2.2. Ciò detto, il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi dall’orientamento assunto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di compensazioni economiche previste dal Regolamento CEE 26 giugno 1969, n. 1191 a favore delle imprese di trasporto (cfr., in ultimo, sent. 4 marzo 2011, nn. 51685180) e, dunque, riconosce che la controversia prospettata dalla ricorrente rientra nella giurisdizione del giudice ordinario per i seguenti motivi:

– anche in materia di pubblici servizi, per radicare la giurisdizione del giudice amministrativo occorre che la pubblica amministrazione agisca esercitando il suo potere autoritativo e che, comunque, non si tratti di corrispettivi, qualifica, questa, inclusiva anche dei contributi di esercizio a favore delle imprese di trasporti locali in concessione;

– il presupposto dell’insorgenza della giurisdizione ordinaria è, infatti, "nell’inesistenza di una discrezionalità amministrativa nella determinazione dell’entità del credito controverso", anche alla stregua dei criteri tecnici eventualmente introdotti da leggi regionali emanate in materia;

– a maggiore ragione tale discrezionalità manca ove, come nella fattispecie, la richiesta actorea di ricevere un corrispettivo è fondata direttamente sul Regolamento CEE n. 1191 del 1969, in applicazione del noto principio della gerarchia delle fonti, per cui la norma comunitaria prevale su quella nazionale;

– le norme comunitarie in materia hanno, infatti, una funzione diversa da quelle nazionali e regionali, che pur mirano a contemperare vari interessi;

– esse hanno la funzione di procedere al ristoro effettivo dei costi sostenuti per l’adempimento agli obblighi di servizio pubblico, indipendentemente dal raggiungimento di posizioni di equilibrio di bilancio, ma con lo scopo di non alterare il regime concorrenziale nel settore del trasporto passeggeri anche a livello locale;

– da ciò consegue che la parte, che ha proposto il ricorso, ha avanzato una pretesa patrimoniale, avente la consistenza del diritto soggettivo, in relazione alla puntualità, immediatezza e diretta pertinenza con cui le norme comunitarie disegnano la tutela della sua posizione di impresa di trasporto esercente un’attività di pubblico servizio, che deve essere riconosciuta sulla base delle disposizioni del Regolamento CEE n. 1191/1969, che ha disposto, per gli obblighi di servizio pubblico, la compensazione "per gli oneri che ne derivano";

– "sta di fatto che il procedimento legale determinativo del contributo spettante a ciascuna impresa esercente l’autotrasporto… (ovvero il corrispettivo nell’ipotesi di contratto di servizio)… non comporta alcuna valutazione degli interessi in gioco sì che solo con la sua conclusione possa predicarsi la sostituzione dell’interesse pretensivo con il diritto soggettivo";

– "sia le vecchie che le nuove norme, infatti, regolano condizioni oggettive e momenti di mero accertamento conclusi dalla individuazione del contributo all’esito di un confronto finale tra risorse in bilancio e disavanzo di ciascun beneficiario";

– del resto, "è irrilevante che il diritto soggettivo possa insorgere all’esito di un procedimento di accertamento dei suoi presupposti finali…, essendo sufficiente a radicare la giurisdizione del giudice ordinario la circostanza che non siano ravvisabili nel procedimento di accertamento momenti di ponderazione comparativa degli interessi privati e pubblici in gioco";

– "diversa questione è se il diritto sia in concreto sorto, per la realizzazione effettiva di quelle condizioni (e che ben possono essere accertate, ove contestate, dal giudice ordinario): ma questo fonda non la giurisdizione ma, nel merito, il credito";

– "ne consegue che al di là di ogni valutazione sulla fondatezza della domanda, essa si basa su un preteso diritto soggettivo da far valere nei confronti dell’Amministrazione, trattandosi di un’obbligazione pecuniaria che trova la sua fonte direttamente nella legge e cioè, stante la richiesta della parte ricorrente, nel richiamato regolamento comunitario".

In relazione alla domanda formulata "in subordine", si deve pervenire alla medesima conclusione e, dunque, va riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario, atteso che:

– non è in discussione l’illegittimo esercizio di poteri autoritativi, né – specificamente – l’adozione da parte della Regione Lazio di provvedimenti amministrativi lesivi degli interessi della ricorrente;

– risulta, comunque, avanzata una pretesa patrimoniale, previa rimozione della previsione di legge ostativa al riconoscimento della stessa (ossia dell’art. 45, co. 18, l.reg. Lazio n. 16 del 2003, nella parte in cui prevede che "non è dovuto alcun rimborso alle aziende esercenti il pubblico trasporto");

– tale pretesa – in carenza di riferimenti normativi, qual è il Regolamento CEE n. n. 1191/69 – non può che essere ricondotta a principi o, meglio, istituti di diritto privato, quale – ad esempio – l’arricchimento senza causa o, ancora, la corrispettività nel contratto, ma – allora – non può essere trascurata la circostanza che risultano stipulati tra la ricorrente ed il Comune di Roma contratti di servizio. Atteso che tali contratti, dotati di efficacia obbligatoria, nulla stabiliscono in ordine alle compensazioni economiche richieste, appare evidente che – al fine di un eventuale accoglimento della pretesa avanzata dalla ricorrente – sussiste, comunque, la necessità di un previo pronunciamento in ordine alla validità di quest’ultimi, il quale – in base al criterio del petitum sostanziale – non può che competere al giudice ordinario (previa chiamata in causa del Comune di Roma).

Dalle considerazioni sopra riportate consegue la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo e, quindi, l’inammissibilità del ricorso principale.

3. In conclusione, il ricorso principale – trattenuto in decisione – è inammissibile, spettando la cognizione della controversia al giudice ordinario, al quale la ricorrente potrà, pertanto, rivolgersi ai sensi dell’art. 11 cod.proc.amm..

Per le spese di lite si rinvia alla sentenza definitiva del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), non definitivamente pronunciando sul ricorso n. 313/2009, come in epigrafe proposto, dichiara inammissibile il ricorso principale, meglio indicato in epigrafe.

Per le disposizioni in ordine alle spese di lite rinvia alla sentenza definitiva del giudizio.

Fissa l’udienza pubblica del 14 luglio 2011 per la trattazione dei motivi aggiunti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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