Cass. civ. Sez. I, Sent., 08-09-2011, n. 18461 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che A.G., con ricorso del 22 luglio 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo tre motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 16 giugno 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso della A. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare alla ricorrente la somma di Euro 3.700,00;

che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 22.00 0,00 – per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 23 maggio 2008 – era fondata sui seguenti fatti: a) la A., con citazione del 15 giugno 1990, aveva proposto opposizione avverso un decreto ingiuntivo, chiedendo in via riconvenzionale il risarcimento dei danni, dinanzi al Pretore di Agropoli; b) il Giudice di pace di Vallo della Lucania aveva deciso la causa con sentenza del 23 maggio 2000; b) a sèguito di appello della controparte, il Tribunale di Vallo della Lucania aveva deciso l’impugnazione con sentenza del 16 ottobre 2006;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato:

a) ha dichiarato estinto per prescrizione il diritto all’indennizzo fino al 23 maggio 1998; b) per il residuo periodo dal 24 maggio 1998 al 16 ottobre 2006, ha determinato l’indennizzo in Euro 1.700,00 per il residuo periodo del giudizio di primo grado ed in Euro 2.000,00 per l’eccessiva durata del giudizio di appello, sulla base di un indennizzo annuo di Euro 1.000,00;

che il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento parziale del ricorso;

che il Collegio, all’esito della odierna Camera di consiglio, ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Considerato che con i tre motivi di censura vengono denunciati come illegittimi, anche sotto il profilo del vizio di motivazione: a) la affermata prescrizione parziale del diritto all’indennizzo; b) la erronea determinazione dei periodi suscettibili di indennizzo;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;

che, in particolare, la censura sub a) è manifestamente fondata, perchè, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4 nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, nel caso – quale quello di specie – di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 27719 del 2009, 1886 e 3325 del 2010);

che la censura sub b) è assorbita;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che il processo presupposto di primo grado de quo è pacificamente iniziato in data 15 giugno 1990 e si è concluso in appello con la sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania 16 ottobre 2006, durando complessivamente sedici anni e quattro mesi, con la conseguenza che – detratto il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado e di due anni per il giudizio di appello – la eccedenza irragionevole va determinata in undici anni e quattro mesi;

che questa Corte, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado e di due anni per il giudizio d’appello, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che, nella specie sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 va equitativamente determinato in Euro 10.600,00 per undici anni e quattro mesi circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere liquidate, sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi – previa compensazione per la metà, in ragione dell’accoglimento parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Remigio e Vincenzo Fiorillo, dichiaratisene antistatari;

che le spese del presente grado di giudizio – compensate per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro della giustizia al pagamento alla ricorrente della somma di Euro 10.600,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Remigio e Vincenzo Fiorillo, dichiaratisene antistatari, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Remigio Fiorillo, dichiaratosene antistatario.

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