Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-03-2011) 11-05-2011, n. 18532 Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 11.05.2004 gli attuali ricorrenti hanno ottenuto dal Comune di Terme Vigliatore il rilascio di concessione edilizia n. (OMISSIS)0 relativa alla "realizzazione di copertura del fabbricato esistente ad uso civile abitazione" sito in via (OMISSIS).

Nel corso dell’esecuzione dei lavori assentiti si accertava , in data 22.02.2005, che l’opera era difforme rispetto all’ottenuta concessione edilizia, avendo in particolare i ricorrenti realizzato la copertura in c.a. a falde inclinate con altezze maggiori rispetto a quelle assentite (metri 3,20 al colmo anzichè i prescritti metri 3,00 e metri 1,50 alla gronda anzichè i prescritti metri 1,00), avendo effettuato aperture ed abbaini non previsti in progetto. Ne scaturiva, pertanto, un procedimento penale all’esito del quale gli istanti venivano condannati per il reato urbanistico di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. B), con conseguente ordine di demolizione del manufatto abusivo nella parte in cui risultava difforme alla rilasciata concessione edilizia. La sentenza penale n. 624 del 19.12.2006 del Tribunale è stata confermata in appello con sentenza n. 1707 del 16.11.2007 ed è altresì divenuta irrevocabile in data 08.07.2008.

In sede di esecuzione gli interessati hanno fatto presente che in data 10.06.2009 il Comune di Terme Vigliatore aveva rilasciato concessione edilizia in sanatoria L. n. 47 del 1985, ex art. 13 per i lavori di costruzione di copertura e tetto di un fabbricato in cemento armato ad uso abitativo ed hanno chiesto la revoca dell’ordine di demolizione.

L’istanza è stata respinta per l’illegittimità del permesso in sanatoria per la violazione delle norme urbanistiche e per il fatto che era stata modificata la destinazione d’uso del sottotetto che è divenuto abitabile.

Ricorrono gli interessati deducendo:

1) l’illegittimità del sindacato del giudice penale sull’atto amministrativo, in quanto tale sindacato è possibile nel caso di inesistenza del potere della pubblica amministrazione e non pure nel caso di mancato rispetto delle norme che regolano l’esercizio del potere;

2) erronea applicazione delle norme giuridiche in relazione alla L. n. 47 del 1985, art. 13: assumono di avere chiesto ed ottenuto il permesso in sanatoria e che l’intervento era conforme sia alle previsioni vigenti al momento della realizzazione che a quelle vigenti al momento della sanatoria ,in quanto le modifiche in termini di altezze rientrano nei parametri del regolamento edilizio comunale.

Successivamente era presentata memoria con cui si contestava la richiesta d’inammissibilità formulata dal procuratore generale.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con riferimento al primo motivo si osserva che il sindacato del giudice penale concerne non solo la mancanza di potere, ma altresì l’uso illegittimo dello stesso. Pertanto, per giurisprudenza pacifica, qualsiasi vizio d’legittimità dell’atto amministrativo è suscettibile di controllo da parte del giudice. Secondo l’orientamento di questa Corte (Cass. N. 19236 del 2005) nell’ipotesi di concessione edilizia in sanatoria il giudice penale deve accertare la conformità dell’atto alle norme in materia di controllo dell’attività urbanistico – edilizia, anche in ossequio alla previsione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 13, per il quale la concessione in sanatoria estingue i reati urbanistici solo se le opere risultano conformi agli strumenti urbanistici; ne consegue che il giudice, esercitando il doveroso sindacato di legittimità del fatto estintivo della fattispecie tipica penale, può controllare la legittimità dell’atto estintivo stesso.

Quanto al secondo motivo di ricorso esso è inammissibile per difetto di specificità.

Invero, come osservato dal Procuratore generale,l’ordinanza impugnata si basa su due rationes decidendi a) il mancato rispetto delle altezze e delle superfici; b) il mutamento di destinazione della costruzione (da sottotetto a funzione abitativa). Ognuna di tale ratio, se fondata, sarebbe sufficiente a sostenere l’ordinanza impugnata.

Pertanto il ricorrente avrebbe dovuto contestarle entrambe. Invece si dedica alla confutazione della prima, ma tace sulla seconda.

Pertanto il motivo di ricorso è, ad un tempo, aspecifico e irrilevante. E’ aspecifico, perchè manca di confrontarsi con l’ordinanza impugnata, criticando tutte le sue argomentazioni fondamentali. E’ irrilevante perchè -anche a voler ritenere fondato il motivo di ricorso sulle altezze e superfici-rimarrebbe impregiudicata ed operante l’altra ratio decidendi riguardante il mutamento di funzione del manufatto.
P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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