Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-03-2011) 11-05-2011, n. 18502 Cause di non punibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.G. ha proposto appello avverso la sentenza in epigrafe con la quale il tribunale di Salerno lo aveva condannato alla pena dell’ammenda, con il diniego della sospensione condizionale della pena e del beneficio della non menzione, ed aveva contestualmente assolto C.F. ai sensi dell’art. 530 cpv. c.p.p. per non aver commesso il fatto.

Entrambi erano stati chiamati a rispondere del reato di cui all’art. 110 c.p., del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2 per avere lo S., quale dipendente ed autista, in concorso con C. F., titolare della ditta proprietaria dell’autocarro, abbandonato e comunque depositato in modo incontrollato i rifiuti consisti in calcinacci e materiale ferroso vegetale in un’area comunale. Trattandosi di impugnazione avverso sentenza di condanna alla pena della sola ammenda l’appello va convertito in ricorso per cassazione.

Ciò posto, deduce il ricorrente:

1) erronea violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2 e art. 255 contemplando la fattispecie penale la qualità di titolare dell’impresa per il soggetto attivo del reato e non rivestendo egli tale qualifica, nè potendosi ritenere sussistente la sua responsabilità a titolo di concorso per effetto dell’assoluzione della titolare della ditta. Evidenzia inoltre la contraddittorietà della argomentazione utilizzata per la condanna essendo stato riconosciuto in sentenza che la condotta posta in essere era estemporanea e non concertata con alcuno e che era stata determinata dalla esclusiva finalità di terminare più precocemente la giornata di lavoro;

2) violazione di legge per essere stato ricondotto il materiale alla definizione di rifiuto, trattandosi di sola terra, e inapplicabilità al caso di specie della disciplina delle terre e rocce di scavo;

3) violazione di legge per il diniego di applicazione della causa di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 257, comma 4 all’ipotesi di reato in questione ed erroneità delle ragioni addotte dal tribunale nel ritenere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 256 nella parte in cui non contempla l’applicazione dell’esimente;

4) improprio diniego della richiesta di giudizio abbreviato condizionato all’escussione dei testi della difesa motivato sulla base delle ragioni di economia del giudizio abbreviato e richiesta di dichiarare la nullità della decisione impugnata o in via subordinata di applicazione della diminuzione di pena per il rito;

5) erronea applicazione di legge essendo stata impropriamente negata la sospensione condizionale della pena ed il beneficio della non menzione; ingiustificata applicazione di una pena pecuniaria orientata verso il massimo edittale nonostante la piena ed immediata ammissione di responsabilità dell’imputato ed il ripristino dei luoghi. Improprio diniego delle attenuanti generiche e dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

1) In ordine al primo motivo si rileva quanto segue.

Si rende necessario verificare anzitutto i termini della questione.

Il tribunale ha ritenuto che il fatto contestato integrava la fattispecie penale dell’art. 256 e non già l’illecito sanzionato in via amministrativa dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 255 correttamente premettendo sul piano generale che dall’insieme delle disposizioni citate si deduce chiaramente una scelta politica di maggior rigore nei confronti di quei soggetti che a causa della natura imprenditoriale dell’attività svolta producano quotidianamente in quantità significative di rifiuti da smaltire. Quanto al caso di specie il giudice di merito, pur rilevando che l’oggetto sociale della ditta consisteva proprio nella movimentazione e scavo del terreno, ha assolto ai sensi del capoverso dell’art. 530 cpv. c.p.p. per non aver commesso il fatto la titolare della ditta medesima avendo ritenuto alla luce dell’istruttoria dibattimentale ed, in particolare, delle dichiarazioni ampiamente confessorie dello S., di potere escludere il consapevole coinvolgimento della C. nella vicenda in esame. In proposito il giudice di merito fa infatti rilevare che l’odierno ricorrente ha dichiarato di avere ricevuto l’ordine di condurre il terreno alla discarica autorizzata e di aver invece deciso, disattendendo le istruzioni ricevute, di abbandonare il terreno di risulta in prossimità della strada al fine di terminare al più presto la propria giornata lavorativa, omettendo, quindi, di darne informazione al titolare della ditta venuto a conoscenza di quanto accaduto solo in forza di una successiva segnalazione Ciò posto, nella premessa che la motivazione concernente la assoluzione della signora C. può in questa sede rilevare unicamente per gli effetti sulla posizione del ricorrente non essendovi alcuna impugnazione per quanto concerne la titolare della ditta, si deve anzitutto appuntare l’attenzione proprio sulla circostanza che dalla motivazione stessa emerge con estrema chiarezza che l’assoluzione della titolare della ditta si basa in realtà unicamente sulla mancanza di consapevolezza da parte di quest’ultima della circostanza che il dipendente aveva agito contravvenendo alle disposizioni ricevute sulle modalità di smaltimento del terreno. Il che non esclude evidentemente la riconducibilità sul piano materiale dell’azione del dipendente alla attività della ditta e, soprattutto, al titolare di essa in forza della qualifica da quest’ultima rivestita.

A prescindere, dunque, dalla formula utilizzata, è chiaro che il tribunale, assolvendo la C., ha semplicemente inteso rimarcare l’errore in cui quest’ultima era caduta per effetto del comportamento del dipendente avendo lo stesso, senza alcuna comunicazione preventiva, disatteso l’ordine ricevuto di trasportare il materiale terroso in discarica.

Alla luce di quanto detto si deve ritenere che correttamente il tribunale abbia affermato la responsabilità dello S. nonostante l’assoluzione della C.. Il giudice di merito, pur senza farne espressa menzione, ha in realtà applicato i principi desumibili dagli agli artt. 47 e 48 c.p., circa l’errore determinato nell’autore del reato dall’altrui inganno.

In proposito si rileva, infatti, che anche la menzogna ed il silenzio possono esser ricompresi nel concetto di inganno elaborato dalla giurisprudenza con riferimento all’art. 48 cod. pen. che individua prevalentemente negli artifizi e nei raggiri della truffa l’elemento di riferimento paradigmatico.

Si deve semmai osservare in questa sede che avendo il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 anche natura colposa, trattandosi di contravvenzione, coerentemente con i principi applicati, l’esame della posizione del titolare della ditta avrebbe dovuto comportare anche la verifica circa la esistenza di eventuali profili di colpa atteso che l’art. 47, comma 1, seconda parte richiamato dall’art. 48 cod. pen., stabilisce che l’errore determinato da colpa non esclude la punibilità quando il fatto sia espressamente previsto come colposo. Ma ciò nulla cambia in termini di responsabilità per lo S..

2) In ordine al secondo motivo correttamente il tribunale individua nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 186 come successivamente modificato, – terre e rocce di scavo – la disposizione di riferimento rispetto al caso di specie essendo emerso nel corso del dibattimento che il materiale trasportato e scaricato era costituito da materiale terroso proveniente da scavo.

I rilievi del ricorrente sulla circostanza che non si trattava di rifiuti contrasta con il dato obiettivo dell’ordine del titolare della ditta di smaltire il materiale presso la discarica, nè vi è spazio in questa sede per considerazioni di merito. Correttamente ricorda anche il tribunale in motivazione che in tema di gestione dei rifiuti, l’esclusione dall’applicazione della disciplina sui rifiuti per le terre e rocce da scavo (D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 186) è subordinata alla prova positiva, gravante sull’imputato, della loro riutilizzazione secondo un progetto ambientalmente compatibile, mentre compete al pubblico ministero fornire la prova della circostanza d’esclusione della deroga, ovvero dell’esistenza di una concentrazione di inquinanti superiore ai massimi consentiti.

(Sez. 3, n. 37280 del 12/06/2008 Rv. 241087). Mancando tale prova correttamente è stata ravvisata la nozione di rifiuto per il materiale trasportato.

3) Anche il terzo motivo è infondato.

Fa rilevare al riguardo il ricorrente che era stato documentato il ripristino dello stato dei luoghi e che erroneamente il giudice ha ritenuto di non applicare la causa di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 257, comma 4 ritenendo tale disposizione applicabile solo ai reati nei quali l’evento inquinamento concorre ad integrare la fattispecie. Erroneamente inoltre il giudice avrebbe ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale eccepita in via subordinata dalla difesa sul rilievo della inconguenza della scelta di premiare solo chi si renda responsabile di gravi fenomeni di inquinamento.

Ciò posto rileva il Collegio come la questione posta dal ricorrente si fondi su una errata lettura della disposizione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 257, comma 4.

Recita, infatti, la norma in questione:

4. L’osservanza dei progetti approvati ai sensi dell’art. 242 e segg. costituisce condizione di non punibilità per i reati ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1.

L’art. 242, comma 2 a sua volta distingue a seconda che venga superato o meno il livello della concentrazione soglia di contaminazione prevedendo nel primo caso il dovere di ripristino per colui che provochi l’inquinamento attestato da autocertificazione da inoltrare alle competenti autorità amministrativa. Nel secondo caso contempla invece una procedura più complessa che culmina con l’approvazione dei progetti di bonifica e che evidentemente richiede interventi più complessi e costosi per l’autore dell’inquinamento.

Ciò posto ritiene il Collegio che la scelta di favorire la bonifica del sito secondo le indicazioni scaturenti dal progetto redatto in base alla procedura dell’art. 242 e ss. prevedendo un meccanismo premiale che comporta la non punibilità per tutti i reati ambientali in sede penale, – in precedenza non contemplato dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51 bis, risponda senz’altro ai canoni di logica e razionalità, in quanto si giustifica con la primaria esigenza di garantire l’efficacia dell’intervento ripristinatorio nei casi – certamente più gravi – in cui si renda necessaria l’adozione di uno specifico piano di bonifica.

In questi casi, infatti, l’efficacia dell’intervento di ripristino postula una procedura più complessa ed onerosa che richiede necessariamente la puntuale adozione di specifici interventi approvati secondo le modalità di cui all’art. 242 e ss..

4) Sostanzialmente inammissibile è il quarto motivo di ricorso censurandosi nel merito il rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato fondato sulla incompatibilità con l’economia del rito alternativo.

Come già affermato da questa Corte, infatti, in tema di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria, la valutazione in ordine alla compatibilita dell’integrazione richiesta con il rito abbreviato, qualora sia logicamente e congniamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità, trattandosi di apprezzamento di merito (Sez. 1, n. 33502 del 07/07/2010 Rv. 247957).

5) Anche il quinto motivo si appalesa sostanzialmente inammissibile censurandosi nel merito la decisione del tribunale concernente l’entità della pena, la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 bis c.p. e art. 62 c.p., n. 6 e la mancata applicazione dei benefici di legge; aspetti tutti adeguatamente e correttamente vagliati in motivazione.

Al rigetto dei ricorsi consegue per il ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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