Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-03-2011) 11-05-2011, n. 18500 Determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Roma con sentenza del 27 aprile 2010 ha confermato la condanna di O.A., e modificando la valutazione delle circostanze generiche ritenute prevalenti sulla recidiva, ha rideterminato la pena in anni tre e mesi quattro di reclusione, per i delitti di cui all’art. 609 quater c.p., u.c., perchè compiva atti sessuali con O.D. di anni cinque, palpeggiandole le parti intime e di cui all’art. 612 c.p., per minaccia nei confronti di R.G., madre della bambina (in (OMISSIS)). Il processo aveva tratto le mosse dalla richiesta di spiegazioni che la madre della bambina aveva richiesto ai suoceri con i quali aveva un ottimo rapporto, presso i quali era solita lasciare per molto tempo i figli per ragioni di lavoro, circa le molestie sessuali (toccamento della "patatina") che la piccola le aveva riferito di aver subito dallo zio, che abitava in appartamento attiguo a quello dei genitori, con un giardino in comune. La donna si era decisa a presentare la denuncia solo a seguito delle minacce di morte ricevute dall’imputato.

Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per i seguenti motivi:

1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 190, 360 e 526 c.p.p., in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. c), con riferimento alla dedotta inutilizzabilità della consulenza tecnica disposta dal PM. La Corte di appello aveva rigettato tale eccezione ritenendo che non derivi nessun vizio procedurale dall’omessa videoregistrazione degli incontri del consulente e che inoltre la difesa aveva prestato il proprio consenso all’acquisizione: il ricorrente insiste per l’erroneità della scelta di affidare una consulenza tecnica con la procedura non garantita ex art. 359 e censura la mancanza di videoregistrazione degli incontri. Non sarebbe vero tra l’altro che la difesa avesse prestato il proprio consenso: esso atteneva non all’acquisizione degli atti ma alla mera anticipazione della produzione della relazione del CT prima dell’esame dello stesso.

2. Carenza ed illogicità della motivazione in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. e), per erronea collocazione temporale della condotta contestata. Alla luce delle dichiarazioni rese dalla parte offesa nell’incidente probatorio e delle dichiarazioni dei testi era emerso che I. si era recata a casa dei nonni il pomeriggio di martedì (OMISSIS), trattenendosi sino al giorno successivo. Mentre la madre della minore aveva fornito una versione diversa. Inoltre per il minore J. era stato chiarito dai testi che era presente nella casa dei nonni il (OMISSIS). L’imputato aveva addotto di non essere stato in casa in tale ultima data perchè si era recato alla sede CGIL di (OMISSIS), ed aveva chiesto la rinnovazione del dibattimento con l’audizione di un teste a conferma di tale sua versione. La Corte di appello, discostandosi dalle conclusioni del giudice di primo grado, ha concluso per l’impossibilità di collocare temporalmente la molesta sessuale, incorrendo in un errore di fatto e travisando le emergenze dibattimentali: i testi avevano dichiarato che I. si era recata dai nonni una sola volta, mentre la Corte aveva affermato che la stessa era spesso a casa dei nonni. Poichè il fatto per il quale l’imputato è stato condannato è diverso da quello contestato c’è la violazione della disposizione di cui all’art. 521 c.p.p. e della interpretazione CEDU. 3. Mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni della minore O.I. e contraddizione rispetto alle regole di giudizio richiamate nella sentenza. La consulente aveva rappresentato un miglioramento delle condizioni psicologiche della minore a soli due mesi dal fatto ed aveva ritenuto che le problematiche dalle quali risultava affetta la bambina fossero connesse agli episodi di abuso, senza scandagliare ipotesi alternative; aveva inoltre minimizzato l’assenza di segni rilevatori di abuso. La Corte di appello avrebbe illogicamente trascurato le censure della difesa ed avrebbe riferito che nell’incidente probatorio non erano state rivolte domande sul tentativo di baci in bocca, quando invece risulta dalla trascrizione il contrario avrebbe dato per certo l’episodio fosse avvenuto nei pressi dell’albero di ulivo, senza tenere conto che in caso di divergenza tra testimonianza de relato e testimonianza diretta prevale quest’ultima; avrebbe ritenuto l’assenza di altre cause per i disturbi del sonno, dimenticando che le stesse non sono state ricercate.

Con memoria difensiva depositata in prossimità dell’udienza, ad integrazione e precisazione del secondo motivo di ricorso, è stato evidenziato che sia che si acceda alla collocazione temporale dell’episodio in data (OMISSIS), sia che lo si collochi tra il pomeriggio del (OMISSIS) e la mattina del giorno successivo, l’Imputato ha fornito l’alibi per entrambe le giornate. Poichè l’alibi attiene alla prova logica, anche se è incerto e/o non compiutamente accettato, deve essere tenuto in considerazione in quanto determina una falla nella ricostruzione dell’accusa e quindi, in applicazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, esso deve essere considerato; tra l’altro nel caso di specie l’alibi sarebbe stato provato.
Motivi della decisione

Il ricorso deve essere rigettato.

1. Il primo motivo di ricorso non è fondato. Non risulta erronea la scelta del pubblico ministero di disporre una consulenza tecnica per valutare la capacità a testimoniare della bambina e circa la presenza di disturbi che potessero essere indici di abuso: si trattava di un’indagine che non evidenziava profili di irripetibilità e comunque tali profili non furono messi in discussione dalla difesa. Va in fatti ricordato che nel caso non sia stata formulata riserva di promuovere incidente probatorio, la parte è decaduta dalla facoltà di eccepire l’inutilizzabilità dell’accertamento tecnico ex art. 359 c.p.p. sotto il profilo dell’assenza del presupposto dell’irripetibilità (cfr. Sez. 1, n. 47502 del 21/12/2007, Talat e altro, Rv. 238365).

Nessun vizio può essere neppure desunto dalla mancanza di videoregistrazione della consulenza tecnica: tale prescrizione non fa parte della disciplina dettata per l’espletamento della consulenza, nè della perizia. E’ consolidato orientamento di questa Corte che "in tema di esame testimoniale dei minorenni parti offese nei reati di natura sessuale, le cautele prescritte dalla cosiddetta Carta di Noto, pur di autorevole rilevanza nell’interpretazione delle norme che disciplinano l’audizione di detti soggetti, presentano carattere non tassativo, sicchè l’eventuale inosservanza di dette prescrizioni non comporta nullità dell’esame stesso" (cfr. Sez. 3, n. 6464 dell’11/2/2008 , G., Rv. 239091 ed anche Sez. 3, n. 20568 del 22/5/2008, Gruden, Rv. 239879).

D’altra parte la relazione di consulenza tecnica è stata acquisita con il consenso del difensore, come emerge inequivocabilmente dalla trascrizione del verbale, nè possono darsi significati diversi alla frase risultante dalla trascrizione, adducendo un significato limitato inteso del tutto unilateralmente, secondo quanto asserito nel ricorso, nè a tale acquisizione può essere riconducibile un difetto di contraddittorio posto che, da un lato, nel dibattimento il consulente tecnico fu sottoposto al controesame del difensore, dall’altro, i giudici di appello hanno chiarito che le dichiarazioni rese dalla minore e riportate nella relazione non sono state utilizzate come prova della ricostruzione dei fatti, ma unicamente nell’ambito dell’accertamento tecnico disposto.

2. Il secondo motivo di ricorso risulta del tutto infondato. Alle argomentazioni addotte dalla difesa circa l’erronea collocazione temporale della condotta contestata, già proposte in maniera identica in appello, è stata data puntuale risposta con un ragionamento ineccepibile: la bambina non aveva mai riferito nè alla madre, nè in sede di incidente probatorio il giorno in cui si era verificato l’episodio, anche se lo aveva collocato temporalmente al mattino; non è quindi possibile accertare quale sia stato con esattezza il giorno, posto che la bimba frequentava l’abitazione dei nonni e verosimilmente, data la sua tenera età, non poteva aver memorizzato il giorno esatto degli abusi, ricostruibile solo in via deduttiva e senza alcuna pretesa di certezza dall’unica circostanza determinata: la bimba rivelò il fatto alla mamma nel pomeriggio del (OMISSIS), dopo che comunque anche nei giorni precedenti aveva frequentato la casa ove si trovava anche lo zio. Il tempus commissi delicti indicato nell’imputazione ha comunque consentito all’imputato di conoscere il fatto storico del quale era accusato e di esercitare i propri diritti difensivi e non è certamente invocabile la violazione dell’art. 521 c.p.p.: qui non si tratta di diversità tra la data contestata e quella ritenuta nella sentenza – diversità che comunque non integra alcuna nullità quando non abbia comportato una compromissione dei diritti di difesa (cfr. Sez. 1, n. 19334 dell’8/5/2009, Cavalera, Rv. 243776, S.U. n. 36551 del 13 ottobre 2010, Carelli, Rv 248051) – perchè l’imputato si è difeso ed è stato condannato in relazione ad un unico e preciso episodio commesso in danno della nipotina. Pertanto del tutto corretto il rigetto da parte dei giudici di merito della richiesta di rinnovazione del dibattimento che avrebbe dovuto dimostrare l’assenza dell’imputato dalla casa nella mattina del (OMISSIS), per superfluità della circostanza sulla quale era stata chiesta la prova testimoniale.

3. Quanto alle censure relative all’attendibilità della minore, asseritamene fondate anche sulle risultanze della consulenza, è bene precisare che in sede di legittimità non è consentito effettuare una nuova valutazione degli elementi probatori, ma si deve unicamente stabilire se nel giudizio di merito siano stati esaminati, e correttamente interpretati, tutti gli elementi probatori acquisiti e se degli stessi sia stata offerta una interpretazione corretta, nel senso rispettosa delle regole della logica ed esaustiva e convincente rispetto alle richieste della difesa. Resta perciò esclusa la possibilità di sindacare le scelte che il giudice ha operato sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le stesse non siano il frutto di affermazioni apodittiche o illogiche.

(Cfr. Sez. 3, n. 40542 del 6/11/2007, Marrazzo e altro, Rv. 238016).

In particolare il giudizio di capacità a deporre e di attendibilità dei testi-persone offese è un giudizio di fatto che può essere effettuato in sede di merito mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria. (In tal senso, Sez. 3, n. 41282 del 18/12/2006, Agnelli e altro, Rv. 235578).

Per quello che riguarda, in particolare, l’attendibilità delle persone offese nei reati sessuali, è stato affermato che essa deve essere valutata in senso globale, "tenendo conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli elementi acquisiti al processo" (Cosi, Sez. 3, n. 21640 dell’8/6/2010, P., Rv.

247644). La Corte di appello ha fatto corretto uso dei principi consolidati in giurisprudenza circa l’attendibilità del minore- persona offesa, ritenendo credibile quanto riferito dalla piccola I., anche alla luce delle valutazioni relative alla sua capacità a testimoniare, fornendo spiegazioni convincenti anche in relazione ad alcune discrasie ravvisabili nelle dichiarazioni le quali non inficiano l’attendibilità del suo racconto, ma anzi lo qualificano per spontaneità ed assenza di manipolazioni od induzioni esterne al ricordo stesso della minore. Tale attendibilità ha trovato anche riscontro estrinseco attraverso le testimonianze e quanto alle divergenze degli episodi narrati alla mamma ed alla consulente, rispetto a quelli riferiti durante l’incidente probatorio, i giudici di merito hanno fornito condivisibili argomentazioni a sostegno della piena compatibilità di tale divergenze, ricollegate al fatto che altre molestie si erano verosimilmente palesate anche in diversa circostanza (peraltro estranea al fatto in contestazione e per il quale il ricorrente è stato condannato).

Non sussiste neppure l’asserito travisamento delle domande rivolte in sede di incidente probatorio: nella motivazione della sentenza è stato correttamente riferito che le domande rivolte dal giudice alla bimba non hanno riguardato il tentativo di baci in bocca, come del resto emerge anche dai brani delle trascrizioni riportati nel ricorso stesso (ove si fa riferimento ad altri tipi di bacetti).

In conclusione la censura risulta infondata: la Corte di appello ha spiegato con motivazione estesa e congrua le ragioni per le quali ha ritenuto di condividere il giudizio del giudice di prime cure ed ha fornito altresì specifica risposta a tutte le argomentazioni difensive, ivi compresi gli asseriti intenti calunniatori della madre della bambina, radicalmente esclusi dai giudici di merito con un percorso argomentativo ineccepibile.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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