Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-03-2011) 11-05-2011, n. 18562

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o Mario che ne ha chiesto, invece, l’accoglimento.
Svolgimento del processo

P.G. e P.V., assieme ad altra persona, erano chiamati a rispondere, innanzi alla Corte di Assise di Napoli, dei reati di seguito indicati.

– ai sensi dell’art. 588 cpv. c.p., per avere partecipato ad una rissa con un gruppo antagonista, facente capo a S.G., nel corso della quale era deceduto C.G., colpito con una coltellata al 4 e 5 spazio intercostale;

– il solo P.G. del reato di cui all’art. 575 c.p., perchè, sferrando un colpo al torace di C. con un coltello grigio monolama della lunghezza di cm 31 ne cagionava la morte.

Con sentenza del 17 febbraio 2005, la Corte di Assise di Napoli dichiarava P.G. colpevole del reato di cui all’art. 584 c.p., in luogo del più grave reato di cui all’art. 575 c.p., contestato in rubrica, ed ancora lo stesso P.G. e P. V. colpevoli del reato di rissa aggravata e, ritenuto il concorso formale dei reati nei confronti del primo, condannava quest’ultimo alla pena di anni dodici di reclusione e P.V. a quella di anni uno di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale; condannava, altresì, gli stessi imputati, in solido, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili C.S. e di Pu.Pa., da liquidarsi in separata sede.

Pronunciando sul gravame proposto dagli imputati, la Corte di Assise di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza impugnata, concedeva ai P. le attenuanti genetiche equivalenti alla contestata aggravante in relazione al reato di rissa e rideterminava la pena, con la già ritenuta continuazione, nella misura di anni otto e giorni dieci di reclusione e per P.V. nella misura di Euro 300 di multa, con ulteriori statuizioni.

Avverso la pronuncia anzidetta il difensore ha proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Il primo motivo del ricorso in favore di P.G. deduce inosservanza e mancata applicazione di norme processuali stabilite a pena di nullità o di inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e c) in relazione agli artt. 63, 191, 507, 125 e 546 c.p.p..

Lamenta, in particolare, che il giudice di appello non abbia rilevato l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai testi N. e T., che, avendo partecipato alla rissa, avrebbero dovuto assumere la qualità di indagati.

Il secondo motivo lamenta il mancato riconoscimento della legittima difesa, sul rilievo che l’imputato aveva agito al solo fine di difendere sè ed il figlio V. dall’attacco premeditato che veniva posto in essere da un gruppo di persone armate e, comunque, più che aggressive.

Il terzo motivo lamenta che a carico dell’imputato sia stato riconosciuto il delitto di rissa.

Il quarto motivo lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione.

Il ricorso in favore di P.V. deduce, con il primo motivo, questione di inutilizzabilita delle testimonianze di N. e T. in termini affatto identici a quelli posti in favore di P.G..

Il secondo motivo contesta la ritenuta sussistenza del reato di rissa, in quanto, nel caso di specie, si era trattato, piuttosto, di un’aggressione premeditata di un gruppo di persone in danno di esso ricorrente e del padre G..

2. – In limine si osserva che è, certamente, fondata la questione di rito che sostanzia il primo motivo di gravame, relativo alla dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni dei testi N. e T., in quanto escussi senza il rispetto delle forme di cui all’art. 63 c.p.p.. Ed infatti, sin dall’inizio dell’esame dibattimentale di primo grado – e non già in esito ad esso, come erroneamente ritenuto dai giudici di merito, gli stessi – era emerso che gli stessi facevano parte del gruppo Salamandra che aveva dato luogo alla rissa, di talchè avrebbero dovuto essere sentiti in qualità di indagati.

La questione, ritualmente sollevata in primo grado e riproposta in appello, non aveva trovato alcuna risposta nell’insieme motivazionale della pronuncia impugnata.

Al riguardo, occorre considerare che, alla stregua di recente insegnamento delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, non è dato distinguere, secondo precedente linea interpretativa, tra contenuto delle dichiarazioni contra se, per la cui utilizzabilità sarebbe stata necessaria la presenza del difensore, e contenuto delle dichiarazioni contra alios, pienamente utilizzabili nei confronti di terzi. L’inutilizzabilità del dichiarato di chi avrebbe dovuto assumere ab initio la qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini – e, nondimeno, è stato esaminato senza il rispetto delle forme di legge – è, infatti, inutilizzabilità erga omnes, pur se tale sanzione processuale postula che a carico dell’interessato siano già acquisiti, prima dell’escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall’autorità procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti od intuizioni personali dell’interrogante (così, Cass. Sez. Un. 23.4.2009, n. 23868, rv.

242417). All’uopo, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di indici meramente formali, come l’eventuale, già intervenuta, iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l’attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità (così Cass. Sez. Un. 25.2.2010, n. 15208, rv. 246584). Tali enunciazioni vanno proiettate sullo sfondo del quadro normativo delineato nei due commi dell’art. 63 c.p.p., che introducono la distinzione tra l’ipotesi in cui il dichiarante avrebbe dovuto sin dall’inizio assumere qualità di indagato e l’ipotesi in cui indizi di reità a carico dello stesso dichiarante emergano nel corso delle relative dichiarazioni: in quest’ultimo caso, l’autorità procedente interrompe l’esame, invitando il dichiarante a nominare un difensore.

Orbene, l’individuazione del momento in cui il dichiarante possa assumere la qualità di indagato spetta, per quanto si è detto, all’autorità interrogante, indipendentemente da ogni riferimento a criteri formali, nei termini, dunque, di mero apprezzamento di fatto.

Nondimeno, nel caso di specie, come emerge chiaramente dal contenuto delle dichiarazioni rese dai testimoni in primo grado, trascritte nel ricorso proposto in favore di P.G., era sin dall’inizio evidente che il N. ed il T. fossero direttamente coinvolti nella vicenda, in quanto avevano assistito ai fatti non perchè casualmente presenti sul posto, ma in quanto facevano parte del gruppo Salamandra, essendo stati appositamente chiamati da quest’ultimo. Pertanto, gli stessi avrebbero dovuto assumere la qualità di indagati del reato di rissa, come ritenuto in sentenza, e non avrebbero potuto essere escussi in veste di semplici testimoni, senza l’assistenza di un difensore, donde l’inutilizzabilità delle relative dichiarazioni.

A questo punto, va verificata l’incidenza che il contributo dichiarativo dei testi ha avuto nell’economia del giudizio, ai fini di eventuale applicazione di prova c.d. di resistenza. Sennonchè lo sviluppo argomentativo della sentenza in esame non consente di rispondere al quesito, posto che alle anzidette testimonianze i giudici hanno fatto solo un breve cenno a f. 16, pur tenendone evidentemente conto ai fini della ricostruzione della vicenda.

Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al competente giudice di merito, che potrà procedere anche a rinnovazione ex officio delle dichiarazioni in sè inutilizzabili alla luce di recente insegnamento di questa Corte di legittimità secondo cui è legittima la rinnovazione in appello dell’istruzione dibattimentale disposta per l’esame di persona imputata o giudicata in procedimento connesso o per un reato collegato che abbia assunto l’ufficio di testimone, le cui dichiarazioni rese in primo grado siano inutilizzabili in quanto assunte senza la presenza del difensore (cfr. Cass. sez. 1, 9.4.2009, n. 16908, rv. 243170).

Il giudice del rinvio si farà carico anche di esaminare le ulteriori questioni, di merito, sollevate dall’appellante, segnatamente quella relativa all’applicabilità della reclamata esimente della legittima difesa. Al riguardo, la risposta motivazionale della Corte di merito non appare logica e plausibile, nel disconoscimento della causa di giustificazione sulla base di sostanziale disarticolazione dei due segmenti nei quali si è sviluppata la vicenda: una fase discorsiva ed altra – asseritamente inopinata – di scontro fisico. E’ scarsamente convincente, infatti, che dopo l’episodio delle invettive rivoltegli da P.V., per ragioni di viabilità, il S., sentitosi leso nell’onore, abbia convocato ben sei amici per ritornare dagli impertinenti fiorai al solo scopo di un bonario chiarimento, ove invece una siffatta iniziativa sembrava avere tutti i connotati di una vera e propria spedizione punitiva.

E’ pure assai difficile opinare – se è vero che l’intento del S. e dei suoi amici era tutt’altro che pacifico – che la concordata od agevolmente prevedibile degenerazione della discussione, in un rapporto di forze numeriche tanto sbilanciato (sette contro due), possa escludere la configurabilità della scriminante, pur se in forma putativa, o quantomeno l’eccesso colposo in legittima difesa. Nell’economia del relativo giudizio potrebbe assumere particolare pregnanza il particolare che P.G. abbia colpito il C. con un coltello normalmente usato nel disimpegno della sua ordinaria attività di fioraio.

3. – Per quanto precede, l’impugnata sentenza deve essere annullata, con rinvio al competente giudice di merito perchè proceda a nuovo esame, tenendo conto dei principi di diritto in premessa indicati.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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