Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-03-2011) 11-05-2011, n. 18574

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe il Tribunale di Fermo condannava R.L., R.M. e C.B. alla pena di Euro 800,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 677 c.p., comma 3, commesso nell'(OMISSIS) dell’anno (OMISSIS).

Secondo la contestazione i tre imputati, proprietari di un immobile con balconi prospicienti sulla pubblica via, avevano omesso di eseguire entro i termini indicati i lavori necessari a rimuovere il pericolo di rovina e caduta di parti dell’edificio, loro intimati con ordinanza sindacale notificata il 7 agosto 2010.

A ragione della decisione il Tribunale richiamava la deposizione del Vigile V.M. che, a seguito di segnalazione di cittadini, aveva effettuato un sopralluogo presso l’immobile degli imputati constatandone il degrado, e, in particolare le pessime condizione dei balconi, che presentavano intonaci in parte già distaccati e caduti in terra, travi lesionate e ferri arrugginiti;

con concreto pericolo di crollo, totale o parziale, e di gravi danni per i passanti. Mentre gli imputati non avevano in alcun modo giustificato la loro omissione, protrattasi ben oltre la scadenza del termine loro imposto con l’ordinanza sindacale.

2. Proponevano appello gli imputati con atto a firma dei difensori avvocati Pierluigi Spadavecchia e Mikol Torretti (entrambi iscritti nell’albo dei difensori degli avvocati cassazionisti), denunziando:

1) l’omessa assunzione dell’esame degli imputati che avevano chiesto tramite il loro difensore di essere sentiti, e l’omesso rinvio dell’udienza per tale incombente;

2) la insussistenza del fatto sotto il profilo sia materiale sia psicologico, evidenziando che il mero distacco di intonaco dai balconi non può integrare il pericolo di rovina con pericolo incolumità delle persone richiesto per la configurabilità della fattispecie contestata.

3. Con provvedimento in data 22.7.2010 la Corte d’appello qualificava l’impugnazione alla stregua di ricorso e disponeva la trasmissione degli atti a questa Corte.
Motivi della decisione

1. Correttamente la Corte d’appello ha qualificato l’impugnazione ricorso perchè avverso le sentenze di condanna del Tribunale alla sola pena dell’ammenda non è ammesso appello.

Il ricorso è per altro inammissibile.

2. Il primo motivo è difatti manifestamente infondato, dal momento che gli imputati erano contumaci, e tale situazione rendeva da un lato concretamente impraticabile nell’immediatezza (a richiesta del loro esame avanzata dalla difesa, dall’altro affatto ingiustificata la richiesta di un rinvio in assenza d’ogni elemento che consentisse di collegare la mancata partecipazione degli interessati ad impedimento anzichè a libera scelta e a manifestazione di disinteresse.

3. Il secondo motivo solo apparentemente si riferisce a profili di diritto, perchè in realtà presuppone una rivisitazione critica degli apprezzamenti posti a base della sentenza impugnata in ordine all’esistenza di una situazione di serio degrado strutturale e del pericolo di crollo, quantomeno parziale, dei balconi, con evidente grave pericolo dei passanti. Le censure omettono per altro di considerare che la sentenza impugnata s’era rifatta alla constatazione di travi lesionate e ferri arrugginiti, da ciò correttamente facendo discendere l’esistenza di un pericolo di rovina sui passanti non soltanto di qualche pezzo di intonaco, ma delle stesse strutture dei balconi. Le doglianze si risolvono dunque in censure di fatto, improponibili in sede di legittimità a fronte degli esaurienti riferimenti contenuti nella sentenza impugnata agli accertamenti eseguiti dalla polizia municipale e delle conseguenti adeguate valutazioni in ordine al pericolo per la pubblica incolumità scaturente dall’inerzia ingiustificata dei proprietari dell’immobile.

4. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irrttualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e ciascuno al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *