Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-09-2011, n. 18593 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- P.E. ha proposto ricorso per cassazione – affidato a quattro motivi – contro il decreto della Corte di appello di Napoli del 17.3.2009 con il quale è stata rigettata la sua domanda di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 presentata in relazione alla durata irragionevole di una procedura esecutiva promossa nei suoi confronti con atto di precetto del 1995, non ancora definita.

La Corte di appello ha ritenuto non provato il danno patrimoniale e insussistente: il danno non patrimoniale lamentato dal debitore esecutato.

Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso con il quale, tra l’altro, eccepisce l’inammissibilità del ricorso.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.

2.1.- Con i motivi di ricorso parte ricorrente denuncia: 1) violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6 CEDU; 2) violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 2056, 2059 c.c. e art. 6 CEDU e relativo vizio di motivazione in ordine al danno patrimoniale; 3) violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 2056, 2059 c.c. e art. 6 CEDU e relativo vizio di motivazione in ordine al danno non patrimoniale; 4) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 25 Cost..

3.- Osserva la Corte che l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., posto che in relazione ai motivi di ricorso non sono stati formulati dal ricorrente i prescritti quesiti di diritto nè, per i vizi di motivazione denunciati, risultano formulate le sintesi dei fatti controversi. Nè è possibile ritenere che le parti in neretto (non sempre presenti a conclusione del motivo) assolvano alla predetta funzione non essendo rispettosi dei criteri dettati dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una "regula iuris" suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.

In altri termini, "il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie" (Sez. 3, ordinanza n. 19769 del 17/07/2008). E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge perchè, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366 bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (Sez. U, Sentenza n. 26020 del 30/10/2008).

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 900,00 oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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