Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-01-2011) 11-05-2011, n. 18568

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 9/12.11.2010, il tribunale di Firenze, ha rigettato l’istanza di riesame presentata da Y.E. e D. D. avverso l’ordinanza 25.10.2010 del Gip del medesimo tribunale, con la quale era stata applicata la misura della custodia in carcere, ad entrambi in ordine ai reati:

a) lesioni volontarie gravissime, in danno di L.V.V., cagionate a causa della collisione contro l’auto in cui questi viaggiava, del veicolo guidato dal Y., ad alta velocità e impegnando un crocevia, nonostante l’indicazione semaforica di colore rosso nel senso di marcia;

b) violazione dell’obbligo di fermarsi, in seguito all’incidente stradale con danno alle persone; al solo lo Y., in ordine ai reati sub c) e d) (resistenza e lesioni volontarie in danno di un agente di polizia giudiziaria).

Il fatto è stato così ricostruito e valutato: Lo Y. era alla guida di una potente autovettura e D. era a bordo del veicolo, insieme ad altre tre persone non identificate; l’auto non si è fermato nonostante l’ordine impartito dalla polizia, ed è stata portata a velocità elevatissima e a procedere contro mano, in pieno centro in (OMISSIS), non osservando la segnalazione stradale.

Ad un incrocio, non avendo osservato la segnalazione semaforica rossa, l’auto investiva un veicolo, che si rovesciava e gli occupanti riportavano tutti lesioni personali, tra cui un minore di nove anni che subiva trauma epatico e contusioni polmonari. Gli occupanti del primo veicolo si davano alla fuga a piedi, e raggiunti da agenti di polizia e arrestati, nonostante la resistenza opposta dallo Y. che ha, provocato lesioni personali all’agente di polizia (OMISSIS).

L’ipotesi di lesioni volontarie, a titolo di dolo eventuale, è stata formulata dagli inquirenti e confermata dal tribunale, in quanto è stato ritenuto che gli occupanti dell’auto, portando la velocità dell’auto ad elevatissimo livello, tanto da rendere altamente probabile l’impatto con qualsiasi ostacolo al proprio procedere, ebbero a prospettarsi l’ipotesi di poter causare danni anche gravi, ma ritennero prevalente l’intento di sottrarsi in ogni modo alla cattura, anche provocando un grave incidente, ipotesi che, dato il tipo di condotta, si poteva ritenere possibile e molto difficilmente evitabile e, quindi, voluta.

Quanto alle esigenze cautelari, è stato ritenuto che gli indagati, con la loro condotta, giustificano la prognosi di una reiterazione del reato e di un pericolo di fuga, rendendo adeguata solo la misura della custodia in carcere.

I difensori degli indagati hanno presentato ricorso per violazione di legge.

Secondo l’avv. Gandolfi, non trova riscontro nei fatti e del tutto illogica l’ipotesi che lo Y. confidasse nella sua abilità e abbia accettato il rischio di scontrarsi anche con un mezzo pesante che avrebbe potuto determinare conseguenze irreparabili per lui e per i trasportati, a fronte del rischio di patire una condanna per violazione dell’art. 707 c.p..

A sostegno della sua tesi, la difesa richiama l’orientamento giurisprudenziale ad essa conforme nonchè il principio della personalità della responsabilità penale. Il richiamo di questo principio è ancora più pertinente per il soggetto trasportato e sul punto manca del tutto la motivazione dell’ordinanza del Gip e del tribunale.

Secondo l’avv. Cianferoni l’ordinanza è stata emessa in violazione degli artt. 110, 43 e 583 c.p., artt. 273 e 274 c.p.p..

Quanto al D., ha rilevato che il passeggero ha solo subito il movimento da altri prodotto e non vi è stato il tempo materiale per la rappresentazione dell’evento poi prodottosi, che è rimasto in una sfera di ingovernabilità da parte del passeggero.

La sola presenza non assume univoca rilevanza quando si mantenga in termini di mera passività o connivenza, nè vi è prova l’incitamento nei confronti della condotta del guidatore.

Il ricorrente richiama la giurisprudenza sulla differenza tra dolo eventuale e ipotesi della colpa cosciente che nettamente distingue l’accettazione del rischio dall’accettazione dell’evento; l’evento, per aversi dolo eventuale, deve essere oggetto della volizione.

Osserva poi che, in relazione alla motivazione dell’ordinanza coercitiva, il giudice afferma che è mancata la rappresentazione dell’evento, rendendo evidente che, sotto il profilo soggettivo, il fatto non può essere attribuito a titolo di dolo eventuale, il quale richiede non solo la previsione, ma la volontaria accettazione del rischio di verificazione.

Nei confronti di questo indagato, la gravità indiziaria andava delineata in maniera ben superiore a quella costituita dalla mera presenza sull’auto, ciò anche al fine di individuare la rilevanza eventuale di mancanza disincentivizazione.

Dall’assenza di gravi indizi di colpevolezza consegue l’assenza di esigenze cautelari;

3. violazione di legge per assenza di motivazione: il tribunale ha solo affermato la condivisibilità delle argomentazioni dell’autorità procedente e la carenza è confermata dal richiamo della necessità di ulteriori approfondimenti istruttori, necessità che avrebbe dovuto imporre una maggiore riflessione sulla gravità indiziaria e sulle esigenze cautelari.

Quanto a Y., il ricorso presentato nel suo interesse si fonda su argomentazioni attinenti a:

1. violazione di legge in riferimento agli artt. 43 e 583 c.p.; artt. 273 e 274 c.p.p..

Il ricorrente ribadisce il richiamo alla giurisprudenza sulla differenza tra dolo eventuale e ipotesi della colpa cosciente; che nettamente distingue l’accettazione del rischio dall’accettazione dell’evento; l’evento, per aversi dolo eventuale, deve essere oggetto della volizione. Osserva poi che, in relazione alla motivazione dell’ordinanza coercitiva, il giudice afferma che è mancata la rappresentazione dell’evento, rendendo evidente che, sotto il profilo soggettivo, il fatto non può essere attribuito a titolo di dolo eventuale, il quale richiede non solo la previsione, ma la volontaria accettazione del rischio di verificazione.

La dimostrazione in sede cautelare della gravità indiziaria, circa la sussistenza dell’accettazione del rischio di verificazione non può coincidere con la rilevazione della violazione di norme di prevenzione, che può costituire solo dimostrazione di comportamenti pericolosi, indici di condotta colposa.

Dall’assenza di gravi indizi di colpevolezza consegue l’assenza di esigenze cautelari;

2. violazione di legge in riferimento all’art. 125 c.p.p., comma 3:

il tribunale, dopo aver individuato, quale punto fondamentale, la questione della distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente, omette del tutto ogni argomentazione, affermando la correttezza dell’assunto dell’autorità procedente.; la carenza è confermata dal richiamo della necessità di ulteriori approfondimenti istruttori, necessità che avrebbe dovuto imporre una maggiore riflessione sulla gravità indiziaria e sulle esigenze cautelari.

Il difensore con memoria depositata l’11.1.2011, rileva criticamente di aver rinvenuto, nel fascicolo formato ex art. 311 c.p.p., atti provenienti dalla procura della Repubblica di Firenze, aventi data successiva a quella della celebrazione dell’udienza camerale.

A questi atti il collegio non darà lettura e conseguentemente non darà rilievo. Il ricorso in favore di Y.E. non merita accoglimento.

La tesi sostenuta nell’ordinanza impugnata si pone in un orientamento interpretativo pienamente confacente alla valutazione dei fatti in esame, con particolare riferimento all’individuazione dell’elemento psicologico dell’indagato, quale guidatore dell’auto entrata in collisione con altro veicolo e quale responsabile delle conseguenti lesioni in danno di (OMISSIS) a titolo di dolo eventuale.

Secondo questo orientamento, la linea di demarcazione tra dolo eventuale e colpa con previsione dell’evento è da individuare nell’atteggiamento psicologico dell’autore rispetto all’evento scaturito dalla propria azione: nel primo caso egli ,pur essendo in grado di rappresentarsi la concreta possibilità che la sua azione possa causare un evento diverso da quello per cui materialmente agisce, non esclude la possibilità di cagionarlo : manca quindi la controvolontà verso l’evento altro, con accettazione del rischio e quindi con la volizione dell’evento medesimo. L’agente punta in primis alla realizzazione di un altro fatto, ma accetta il rischio che ne realizzi un altro, non direttamente voluto, ma concretamente possibile e inevitabile . La giurisprudenza specifica che quindi l’agente, pur non avendo di mira il fatto a rischio, ne accetti – nella proiezione della propria azione verso la realizzazione di un fatto primario – la concreta possibilità del suo verificarsi in un necessario rapporto eziologico con l’azione medesima. L’autore non respinge quindi il rischio, non adegua la propria condotta in maniera coerente e funzionale a manifestare una controvolontà verso l’evento diverso rispetto a quello primariamente voluto (sez. 4, n. 28231 del 24.6.09, rv 244693; sez. 5, n. 44712 del 17.9.08 ,rv 242610, sez. 1, n. 832 dell’8.11.1995; sez. 4, n. 11024 del 10.10.1996, rv 207333).

I giudici di merito, in virtù di valutazioni fattuali che sono insindacabili, in quanto fedeli alle risultanze e coerenti con la loro razionale interpretazione, hanno individuato.

1. Il fatto voluto in primis dallo Y.: evitare il controllo degli agenti di polizia e le negative conseguenza penali ed amministrative (lo Y. è pregiudicato per reati contro il patrimonio, privo di regolare abilitazione alla guida, di regolari documenti di identificazione, guida auto non assicurata, in cui vi sono numerosi oggetti atti allo scasso);

2. la rappresentazione, da parte dello Y., della concreta idoneità della propria condotta di cagionare fatti ulteriori: guida della potente autovettura a tale velocità e con un tale serie di trasgressioni (il cui top è raggiunto con il mancato rispetto a un incrocio del segnale rosso del semaforo) da renderla strumento di prevedibili e inevitabili lesioni dell’incolumità di chi si fosse trovato ad ostacolare il proprio obiettivo di libertà e di impunità;

3. l’accettazione del rischio e l’assenza di una contro volontà di questi eventi La razionale scelta di conseguire ad ogni costo l’obiettivo prefissato lo ha portato ad accettare il rischio , che in caso di probabile collisione con cose o con esseri umani, la sua condotta potesse causare danneggiamenti, lesioni, morte. Ha accettato il rischio che il fatto primariamente voluto (la tutela della propria libertà e della propria impunità) potesse avere come costo fatti altamente probabili. Emerge altresì la necessaria consapevolezza della loro concreta inevitabilità per cause oggettive (la ingovernabilità dell’auto spinta a quella velocità, con quella serie di infrazioni) e soggettive (l’assenza di abilitazione alla guida).

L’accettazione dell’evento a rischio, per consapevole assenza di capacità idonea a evitarlo, delinea la netta distinzione rispetto all’ipotesi – confinante ma estremamente diversa- della colpa cosciente, ravvisabile nel soggetto che, confidando nella propria capacità di controllare l’azione, esclude, respinge il rischio dell’evento non voluto. Nonostante il linguaggio, quella che viene chiamata previsione dell’evento è in realtà previsione che, nel fatto concreto, l’evento non abbia a verificarsi. Dalla rappresentazione della astratta, generica pericolosità dell’azione, si passa al convincimento che, per questo o quel motivo (circostanza di fatto o propria particolare abilità) la condotta posta in essere non produca in concreto conseguenze ulteriori rispetto a quella voluta. Le circostanze di fatto e la propria limitata capacità di guida portavano lo Y. al convincimento che la propria condotta era in grado di produrre, oltre alla fuga dalle proprie responsabilità, ulteriore conseguenza lesiva sull’altrui incolumità fisica.

Questo obiettivo di fuga lo ha portato a mantenere una condotta criminosa anche dopo aver determinato l’incidente stradale di enorme rilievo.

Come già anticipato, la profonda, convinta e convincente esposizione dei dati di fatto compiuta dai giudici di merito e le logiche conclusioni che ne hanno tratto pongono le loro argomentazioni al di fuori del critico alveo valutativo riconosciuto dal legislatore del sindacato di legittimità.

I fatti in esame hanno dimostrato la radicale indifferenza dell’indagato nei confronti dell’altrui incolumità fisica, ove questa ostacoli le proprie determinazioni illecite. Questa concreta e potenziale scelta trasgressiva, confermata dalla sua documentata biografia giudiziaria, ha correttamente portato alla formulazione di una prognosi negativa sui suoi futuri comportamenti e a delineare esigenze di prevenzione speciale di tale spessore da rendere adeguata e proporzionale solo la massima limitazione della libertà personale.

Il suo ricorso va quindi rigettato con condanna la pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria farà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Quanto all’altro indagato D., non sono emersi elementi che consentano di attribuirgli a qualsiasi titolo la volontà o il rafforzamento di quella altrui in relazione alla condotta del guidatore dell’auto. Pertanto, limitatamente alla sua posizione, la sentenza va annullata con rinvio, affinchè siano analizzati ed esposti i fattori dimostrativi della sua partecipazione alla decisione e all’esecuzione della suindicata condotta di guida.
P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato nei confronti di D. D. e limitatamente ai capi A) e B), con rinvio per nuovo esame al tribunale di Firenze; rigetta nel resto il ricorso del D. e rigetta il ricorso di Y.E., che condanna al pagamento delle spese processuali art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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