Cons. Stato Sez. VI, Sent., 13-05-2011, n. 2933 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il CODACONS, avendo appreso che la Banca d’Italia aveva effettuato un’indagine nell’ambito del sistema bancario sulle commissioni applicate dagli istituti di credito su affidamenti e sconfinamenti di conto (successivamente all’entrata in vigore del d.l. n.185/2008, convertito in l. n. 2/2009, che ha stabilito la nullità delle clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto ovvero altre create al loro posto), con istanza datata 17 febbraio 2010 ha chiesto alla resistente Banca d’Italia di prendere visione ed estrarre copia della seguente documentazione:

1) le singole proposte di modifica unilaterale dei contratti formulate dalle banche;

2) ogni documento relativo alla rilevazione dei costi, prezzi e commissioni applicate durante la vigenza delle nuova normativa;

3) ogni documento relativo alla rilevazione dei costi, prezzi e commissioni applicate nel periodo precedente a quello in esame;

4) ogni elaborazione o indagine – anche contabile o statistica – relativa ai predetti elementi;

5) ogni eventuale ulteriore documento o elemento utile relativo alla rilevazione dei costi, prezzi e commissioni applicate;

6) ogni eventuale ulteriore documento – comprese indagini o pareri – relativi alla interpretazione e applicazione della normativa relativa alle nuove strutture commissionali delle banche.

A sostegno dell’istanza, il Codacons ha precisato che la conoscenza della richiesta documentazione le era necessaria, in quanto aveva promosso due distinti azioni di classe, ai sensi dell’art. 140 del codice del consumo, a tutela degli utenti bancari lesi dalle clausole contrattuali relative alle commissioni di massimo scoperto.

2. L’istanza è stata rigettata dal resistente Istituto, fatta salva l’esibizione di un documento relativo alla richiesta di cui al punto n. 6, sul presupposto che l’accesso alla documentazione amministrativa in possesso della Banca d’Italia è soggetto ai presupposti e alle condizioni stabilite nella l. n. 241/1990 e nel regolamento emanato dalla Banca d’Italia in data 11 febbraio 2007, e che le informazioni e i dati in possesso della Banca d’Italia in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti dal segreto di ufficio (art. 7, d.lgs. n. 385/1993), che esclude il diritto di accesso ai sensi dell’art. 24, co. 1, lett. a) l. n.241/1990.

3. Avverso il contestato diniego è stato proposto il ricorso di primo grado n. 3487 del 2010 al Tar Lazio – Roma, affidato ai seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 7, d.lgs. n. 385/1993, dell’art. 22, l. n. 241/1990, dell’art. 2, regolamento della Banca d’Italia per l’esclusione dell’esercizio del diritto di accesso, dell’art. 2 del regolamento per la disciplina delle modalità dell’esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi concernenti l’attività di vigilanza in materia bancaria e finanziaria;

2) violazione degli artt. 22 e 24, l. n. 241/1990 e dell’art. 97, Cost.

4. Il Tar adito, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il ricorso in base ai seguenti argomenti:

a) l’art. 7, d.lgs. n. 385/1993 prevede il segreto d’ufficio su tutta l’attività di vigilanza della Banca d’Italia da intendersi in senso più ampio di quella di cui al solo Titolo II;

b) non sarebbe conferente il rilievo secondo il quale — essendo le informazioni oggetto dell’istanza di accesso riferibili alle condizioni negoziali applicate dalla banche al pubblico – le stesse presentano natura, qualità ed indole ontologicamente pubblica e, pertanto, devono essere accessibili, in quanto l’indagine si è basata non sull’esame analitico delle documentazione bancaria recante le commissioni applicate da ciascuna banca – liberamente accessibili presso qualsiasi sportello bancario – ma sulle risposte fornite ad un questionario, che prendeva in esame ipotesi teoriche, suddivise per fasce di importo. Le risposte fornite al questionario sono evidentemente inquadrabili tra le informazioni fornite alla Banca d’Italia in adempimento degli obblighi informativi gravanti sui soggetti vigilati e sono, pertanto, coperte dal segreto di ufficio.

c) legittimo sarebbe il regolamento, adottato col provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 16 maggio 1994 e disciplinante le ipotesi di esclusione dell’esercizio del diritto di accesso, nella parte in cui ha preteso di sottrarre all’esercizio del diritto di accesso tutta la documentazione acquisita nell’ambito dell’espletamento dell’attività di vigilanza senza distinguere tra attività di vigilanza che presenta esigenze di riservatezza ed attività di vigilanza che non presenta tali esigenze, in quanto la disciplina regolamentare trova il suo diretto presupposto normativo nell’art. 7 del d.lgs. n. 385/1993 che disciplina un’ipotesi tipica di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsto dall’ordinamento, che l’art. 24, co. 1, l. n. 241/1990 sottrae all’accesso, indipendentemente dalla sussistenza dei presupposti di cui al co. 2, lett. d).

5. Ha proposto appello il Codacons, riproponendo le censure di cui al ricorso di primo grado e muovendo critiche alla sentenza.

Si assume che l’indagine condotta dalla Banca d’Italia nei confronti delle Banche al fine di verificare le commissioni di massimo scoperto applicate, essendosi basata su un questionario, non sarebbe riconducibile né alla vigilanza informativa, né a quella regolamentare, né a quella ispettiva e non sarebbe coperta da segreto.

Illegittimo sarebbe per l’effetto il regolamento che sottrae indiscriminatamente all’accesso tutti gli atti inerenti l’attività di vigilanza.

6. Ritiene la Sezione che l’appello è infondato.

Ai sensi dell’art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 385/1993, "Tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d’Italia in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti dal segreto d’ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, ad eccezione del Ministro dell’economia e delle finanze, Presidente del CICR. Il segreto non può essere opposto all’autorità giudiziaria quando le informazioni richieste siano necessarie per le indagini, o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente".

Inoltre il regolamento approvato con provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 16 maggio 1994, emanato ai sensi dell’art. 24, comma 4, l. n. 241/1990, dispone che "Ai sensi dell’art. 24, comma 1, della legge n. 241/1990, sono sottratti all’accesso: a) i documenti amministrativi, di contenuto generale o particolare, contenenti notizie, informazioni e dati in possesso della Banca d’Italia in ragione dell’attività di vigilanza informativa, regolamentare, ispettiva e di gestione delle crisi, esercitata nei confronti delle banche, dei gruppi bancari, degli intermediari finanziari…nonché in ragione di ogni altra attività di vigilanza riguardante l’accesso all’intermediazione bancaria o finanziaria e il suo esercizio, coperti da segreto d’ufficio ai sensi dell’art. 7 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385".

La collocazione sistematica dell’art. 7 del d.lgs. n. 385/1993 induce a ritenere che esso si riferisca ad ogni attività di vigilanza della Banca d’Italia, e non solo a quella tipizzata nel titolo II del medesimo d.lgs. (vigilanza informativa, ispettiva e regolamentare).

Inoltre nell’ambito della vigilanza informativa rientra il potere della Banca d’Italia di chiedere e ottenere dalle Banche qualsivoglia informazione inerente la tutela del credito e del risparmio.

Pertanto la richiesta, nella specie, di informazioni inerenti le commissioni di massimo scoperto, ancorché formulata sotto forma di questionario riferito a ipotesi teoriche, rientra a pieno titolo nella vigilanza informativa di cui al titolo II del t.u. bancario, sicuramente coperta da segreto d’ufficio.

Ne deriva anche l’inconferenza della censura di illegittimità del regolamento, che in corretta applicazione della norma primaria sottrae all’accesso gli atti acquisiti o inerenti l’attività di vigilanza della Banca d’Italia.

7. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Le spese del grado sono parzialmente compensate tra Codacons e la Banca d’Italia e per l’altra metà sono poste a carico del Codacons e in favore della Banca d’Italia e liquidate in euro millecinquecento, mentre vengono compensate tra l’appellante e il Ministero dell’economia e delle finanze; non si fa invece luogo a pronuncia sulle spese nei confronti delle Banche appellate, non costituite in appello.

8. Va poi demandato alla segreteria della sezione e alla segreteria della sezione III del T.a.r. Lazio – Roma di dare esecuzione alla circolare del segretario generale della giustizia amministrativa 29 gennaio 2004, n. 56, in ordine al pagamento del contributo unificato, rispettivamente per il grado di appello e per il primo grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 10776 del 2010, come in epigrafe proposto, lo respinge.

In ordine alle spese così dispone:

a) compensa le spese tra l’appellante e la Banca d’Italia nella misura della metà, e per la restante metà le pone a carico dell’appellante e in favore della Banca d’Italia e le liquida in euro millecinquecento;

b) compensa integralmente le spese tra l’appellante e il Ministero dell’economia delle finanze,

c) nulla per le spese nei confronti di U. B. D. R. e I. S. P. s.p.a., non costituite in appello.

Manda alla segreteria della sezione e alla segreteria della III sezione del Tar Lazio – Roma gli adempimenti inerenti la richiesta di pagamento del contributo unificato nei confronti del Codacons.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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