Cons. Stato Sez. VI, Sent., 13-05-2011, n. 2931 Opere pubbliche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o dello Stato Borgo.;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R.Lazio respingeva (a spese compensate) il ricorso n. 827 del 2010, proposto dalla s.n.c. L. B. V. & C. avverso il provvedimento n. 25 del 14 ottobre13 novembre 2009, con il quale l’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (d’ora in poi "Avcp") aveva disposto di "inserire un’annotazione nel casellario informatico con la quale dare notizia della produzione di falsa documentazione in sede di nuova qualificazione e la non riattestabilità dell’impresa L. B. V. & C. s.n.c. da parte delle Soa" (v. così, testualmente, il gravato provvedimento).

La vicenda sottostante all’annotazione muove dalla richiesta di rilascio di una nuova attestazione con la modifica delle categorie attestate in precedenza, presentata dall’impresa L. B. nell’imminenza del rinnovo triennale dell’attestazione di qualificazione n. 4034 del 1° agosto 2005 alla s.p.a. SOA Attesta, e dalla produzione, in allegato a tale richiesta, di un certificato di esecuzione di lavori (per l’importo complessivo di euro 715.000,00) relativi a un rapporto d’appalto privato riguardante la realizzazione di un centro commerciale nel Comune di Carpi (MO) che risultava emesso dal direttore dei lavori arch. C. P. per conto della committente s.p.a. Durocem Italia.

Dalle verifiche effettuate dalla s.p.a. SOA Attesta era emersa la falsità del certificato, disconosciuto dall’arch. Pedretti, il quale aveva dichiarato di ignorare se l’impresa L. B. avesse effettuato dei lavori per la realizzazione del centro commerciale appaltati a tale s.r.l. Edra (la quale, peraltro, avrebbe potuto subappaltarli ad altre imprese senza previa comunicazione al direttore dei lavori). L’impresa L. B., in esito alle relative contestazioni, aveva richiesto la risoluzione per mutuo dissenso del contratto di nuova attestazione, accettata dalla s.p.a. SOA Attesta.

Quest’ultima, ad ogni modo, aveva provveduto a comunicare la circostanza della presentazione di falsa certificazione all’Avcp, la quale, con il provvedimento impugnato in primo grado, ritenendo l’imputabilità del falso all’impresa L. B., aveva disposto farsi luogo all’annotazione di cui è processo.

2. Il T.A.R. basava la statuizione di rigetto sui rilievi (a) che l’ininfluenza concreta di un determinato certificato sulla qualificazione non faceva venir meno la rilevanza della presentazione di documentazione falsa, (b) che la ricorrente non aveva fornito la prova dell’estraneità del falso alla propria sfera di responsabilità, segnatamente omettendo di indicare le persone che, secondo la versione della stessa istante, avrebbero consegnato e rispettivamente preso in consegna il certificato all’apparenza firmato del direttore dei lavori arch. Pedretti, e (c) che nell’ambito della procedura d’attestazione di qualificazione rilevava il fatto oggettivo della falsità dei documenti prodotti a suffragio della richiesta di attestazione.

3. Avverso tale sentenza interponeva appello la ricorrente soccombente, deducendo, quale unico complesso motivo, la violazione degli artt. 40, comma 9ter, d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e 17, comma 1, lett. m), d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, e l’"eccesso di potere per falso supposto di fatto ed erroneità dei presupposti nonché per illogicità della motivazione" (v. così, testualmente, il ricorso in appello), in quanto, ai fini della non riattestabilità di un’impresa da parte delle SOA – a differenza dall’ipotesi, nella specie non sussistente, di annullamento in via di autotutela di precedente attestazione di qualificazione rilasciata sulla base di dichiarazioni o documenti falsi -, sarebbe necessaria la prova, nella specie non fornita dall’Avcp, dell’imputabilità soggettiva del falso, insufficiente essendo invece il mero falso oggettivo, e poiché, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., la circostanza dell’effettiva e regolare esecuzione dei lavori di cui trattasi era stata data per pacifica dalla stessa Autorità.

La società chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso in primo grado.

4. Costituendosi, l’Avcp contestava la fondatezza dell’appello e ne chiedeva il rigetto con vittoria di spese.

5. All’udienza pubblica del 1° febbraio 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

6. Ritiene la Sezione che l’appello sia infondato e vada respinto.

6.1. Premesso che l’art. 17, comma 1, lett. m), d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta in giudizio, subordina il conseguimento della qualificazione SOA al requisito negativo dell’"inesistenza di false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l’ammissione agli appalti e per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione", si osserva che irrilevante ai fini decisori è il profilo di censura dedotto dall’odierna appellante, secondo cui il T.A.R. avrebbe equivocato sul tipo di provvedimento gravato in prime cure, asseritamente ritenendolo un provvedimento di decadenza da un’attestazione conseguita sulla base di documenti falsi, anziché un provvedimento di non riattestabilità.

Invero, dalla lettura dell’impugnata sentenza emerge che il T.A.R. ha, in ogni caso, escluso il raggiungimento della prova dell’elemento soggettivo quanto meno della colpa, che deve sorreggere il falso nella seconda delle due menzionate tipologie provvedimentali (mentre, in caso di annullamento in autotutela di un’attestazione conseguita in virtù di certificazioni false e conseguente decadenza dalla stessa, è sufficiente il falso oggettivo; v. sul punto, per tutte, C.d.S., Sez. VI, 24 gennaio 2005, n. 129), sicché la statuizione di rigetto è sorretta da motivazione causalmente adeguata in relazione alla fattispecie di non riattestabilità.

Peraltro, il ripetuto riferimento, nella parte motiva dell’impugnata sentenza, alla fattispecie di decadenza dall’attestazione s’inserisce nell’ivi svolta ampia ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale in materia di sistema di qualificazione e di attestazioni SOA, onde mettere in risalto le esigenze di "massima certezza per l’ordinamento" e di "massimo rigore" che devono presiedere il relativo regime, senza che vi si possa scorgere equivoco alcuno sulla natura del provvedimento contestato dall’odierna appellante.

6.2. Come, poi, correttamente evidenziato dalla difesa dell’Amministrazione appellata, la stessa mai (né in sede preprocessuale, né in sede giudiziale) aveva dato per pacifico il fatto dell’effettiva e regolare esecuzione dei lavori de quibus da parte dell’impresa L. B., per cui l’affermazione, contenuta nell’impugnata sentenza, secondo cui dall’istruttoria effettuata dall’Avcp sarebbe emersa "non solo la non attribuibilità del certificato all’architetto Pedretti, che ne ha disconosciuto la firma e il timbro, ma una assoluta incertezza circa l’effettivo svolgimento dei lavori, il tipo e la quantità dei lavori effettuati e per conto di quale appaltatore" – affermazione, censurata dall’appellante sotto il profilo di travisamento dei fatti oggetto della controversia, onde dedurvi un ulteriore argomento a sostegno della propria tesi difensiva dell’estraneità dell’impresa L. B. al falso – deve ritenersi corretta e conforme ai dati processuali.

In primo luogo, è la stessa resistente odierna appellata a negare, negli scritti difensivi, la propria asserita ammissione della versione dei fatti prospettata dall’odierna appellante in punto di esecuzione dei lavori presso il centro commerciale di Carpi, per cui va escluso che i relativi fatti possano ritenersi incontroversi e pacifici.

In secondo luogo, dalla lettura della parte motiva dell’impugnato provvedimento si evince che il suo riferimento, a p. 5, alla certificazione priva di data disconosciuta dall’arch. Pedretti (attestante, quale committente la s.p.a. Durocem Italia) e alle certificazioni datate 9 febbraio 2009 e 13 marzo 2009 (attestanti, quale committente principale, la società Finzi s.r.l. e, quale appaltatrice, la società Edra s.r.l. che li avrebbe subappaltati alla s.p.a. Durocem Italia, la quale, a sua volta, li avrebbe subappaltati all’impresa L. B.), non è stato affatto operato a riconoscimento della veridicità del susseguirsi dei vari (sub)appalti sfociati nell’affidamento dei lavori all’impresa L. B. ultima subappaltatrice, ma costituisce il sostrato motivazionale del giudizio inferenziale cui è pervenuta l’Autorità, laddove afferma che "i certificati di cui ai precedenti punti 2) e 3) (ossia, quelli datati 9 febbraio 2009 e 13 marzo 2009) appaiono con ragionevole certezza uno la rielaborazione dell’altro ed entrambi la rielaborazione di quello di cui al precedente punto 1) (ossia, della certificazione disconosciuta dall’arch. Pedretti)" e "detta circostanza costituisce un evidente indizio di alterazione documentale cui l’impresa L. B. non può – per quanto interessa in questa sede – ritenersi estranea" (v. così, testualmente, il gravato provvedimento).

6.3. Ciò posto, a fronte della comprovata falsità del certificato di lavori apparentemente sottoscritto dall’arch. Pedretti, il quale lo ha espressamente disconosciuto, e dell’oggettiva utilità che ne avrebbe tratto l’impresa L. B., unica interessata all’uso del certificato falso, l’Avcp correttamente vi ha tratto la conclusione dell’imputabilità soggettiva del falso alla sfera di responsabilità dell’impresa medesima, la quale, a questo punto, era onerata a fornire la prova dei fatti suffraganti la propria versione, prospettata sin dalla lettera del 30 luglio 2008 (in risposta alla prima contestazione pervenuta dalla s.p.a. SOA Attesta e ripetuta negli scritti successivi, in sede sia preprocessuale sia giudiziale) che in parte qua testualmente recita: "…il certificato in questione ci è stato consegnato da un collaboratore dello studio del medesimo Arch. Pedretti, in occasione di un incontro presso l’ufficio dello stesso. In considerazione di tali modalità di consegna del documento non abbiamo avuto ragioni per dubitare della paternità dello stesso, tanto più che la firma del certificato rappresentava per l’Arch. Pedretti un atto dovuto stante l’avvenuta esecuzione e ultimazione dei lavori. Riteniamo pertanto che nessun addebito ci possa essere mosso con riferimento a quanto sopra".

In applicazione del c.d. criterio della vicinanza della prova, costituente principio regolatore della disciplina della distribuzione dell’onere della prova tra le parti processuali, nel caso di specie gravava a carico della ricorrente l’onere di dimostrare i fatti escludenti l’imputabilità soggettiva che in via inferenziale era ragionevolmente desumibile dalla spendita del certificato falso da parte della stessa ricorrente in funzione del conseguimento di nuova attestazione SOA.

L’odierna appellante, invece, non ha offerto neppure un principio di prova a sostegno della veridicità di tale versione, non allegando elementi di fatto concreti e circostanziati – ad es., l’identità della persona consegnataria del certificato falso e/o della persona che si sarebbe presentata quale collaboratore dell’arch. Pedretti, oppure le circostanze di tempo e di luogo della consegna del documento falso -, che avrebbero potuto rendere plausibile l’asserita estraneità della formazione del certificato falso dalla sua sfera di responsabilità soggettiva, anche meramente colposa.

Va pertanto confermata la conclusione del T.A.R., affermativa della legittimità del contestato provvedimento dell’Avcp e fondata sul rilievo dirimente che "la società L. B., sia in sede istruttoria davanti all’Autorità di Vigilanza, sia in questa sede non ha dato alcun elemento idoneo a dimostrare l’estraneità alla falsità della certificazione, né è riuscita ad individuare, neppure semplicemente nell’allegazione dei fatti, in termini precisi il soggetto che avrebbe consegnato tale certificazione" (v. così, testualmente, a p. 12 dell’impugnata sentenza).

7. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Le spese del secondo grado seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 7325 del 2010, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a rifondere all’Amministrazione appellata le spese del presente grado, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 4.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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