Cons. Stato Sez. VI, Sent., 13-05-2011, n. 2913 Professori universitari associati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

to dello Stato Fabrizio Urbani Neri;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il ricorso n. 1266 del 2005, proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, il professor R. J., nella qualità di professore associato di fascia b), già incaricato stabilizzato, chiedeva l’annullamento del decreto rettorale n. 53981 in data 1.8.2005, di revoca del precedente decreto n. 52195 del 13 giugno 2000, con cui era stato concesso il prolungamento biennale del servizio, di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 503/1992.

2. Il ricorso veniva respinto dal TAR con la sentenza n. 3470 del 9 novembre 2005, nella quale si rilevava come la revoca impugnata fosse – al di là del "nomen iuris" utilizzato – un vero e proprio atto di annullamento d’ufficio, per la rilevata illegittimità della precedente delibera, con la quale era stato concesso al ricorrente il prolungamento biennale del servizio.

Il prolungamento, infatti, non avrebbe potuto essere accordato, essendo stato già attribuito ai professori associati, ex incaricati stabilizzati, un innalzamento a 70 anni del limite di età per il collocamento a riposo (limite fissato a 65 anni per gli altri professori associati), con conseguente inapplicabilità della norma (art. 16 D.Lgs. n. 503/1992 cit.), che rende possibile il prolungamento del servizio effettivo per un biennio, rispetto ai limiti ordinari (ma non anche straordinari) del collocamento a riposo. Insussistenti, infine, sarebbero state le dedotte violazioni dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 e dell’art. 1, comma 136 della legge n. 311/2004, non ritenendosi necessaria una specifica motivazione in ordine all’interesse pubblico all’annullamento di un atto, disposto come nel caso di specie prima che lo stesso acquistasse efficacia e non essendo applicabili al rapporto di servizio dei docenti universitari di ruolo disposizioni, riferite solo ai rapporti fra privati; in nessun caso, peraltro, le esigenze di contenimento della spesa previdenziale avrebbero potuto giustificare casi di trattenimento in servizio non consentiti dalle legge.

3. In sede di appello, l’interessato ribadiva le proprie contestazioni, con riferimento sia all’assenza dei presupposti della revoca sia alla omessa motivazione sull’interesse pubblico all’annullamento (se tale dovesse ritenersi la natura del provvedimento impugnato), essendo il disposto pensionamento atto contrastante con le finalità (perseguite dall’art. 16 del D.Lgs. n. 503/1992) di contenimento della spesa previdenziale ed emesso, per di più, mentre il prolungamento biennale di cui trattasi, operante con decorrenza iniziale 1 novembre 2005, era efficace ed in corso di esecuzione, essendo stati conferiti all’attuale appellante incarichi di docenza per l’anno accademico 2005/2006.

La sentenza appellata, inoltre, risulterebbe priva di motivazione, non potendo ritenersi sufficiente il richiamo a precedenti conformi, ove sottoposti a "critica analitica ed articolata": nella fattispecie, infatti, l’orientamento giurisprudenziale formatosi sulla materia sarebbe erroneo, in quanto i professori associati – già incaricati stabilizzati – non godrebbero affatto di un regime di quiescenza privilegiato, essendo stato soltanto mantenuto per i medesimi il precedente sistema di pensionamento, così come avvenuto per i professori ordinari ed essendo per entrambi decaduta la norma limitativa contenuta nel D.L. n. 460/1993, non convertito in legge.

4. Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello non possa trovare accoglimento, per ragioni che – in base a criteri di priorità logica – debbono partire dalla disamina della questione interpretativa prospettata, circa l’applicabilità, o meno, ai professori associati, ex incaricati stabilizzati, del prolungamento biennale del servizio attivo, nei modi previsti per la generalità dei pubblici dipendenti dall’art. 16 del D.Lgs. 30 dicembre 1992.

Tale applicabilità, in effetti, non può essere ammessa, risultando i professori associati destinatari di una norma – art. 24 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 – che al primo comma dispone, in via generale, il collocamento a riposo degli appartenenti alla categoria "dall’inizio dell’anno accademico successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età" e che pone, al secondo comma, una disposizione speciale per "i professori incaricati stabilizzati, divenuti associati a seguito di giudizio di idoneità", i quali conservano "il diritto a rimanere in servizio sino al termine dell’anno accademico in cui compiono il settantesimo anno di età".

In tale contesto, numerose pronunce giudiziali hanno escluso l’applicabilità della elevazione, prevista in via generale, dei limiti di età per il collocamento a riposo, nei confronti di coloro che – come i professori associati ex incaricati – fossero già destinatari di un beneficio derogatorio, rispetto al trattamento degli altri docenti di pari qualifica (cfr. in tal senso Cons. St., sez. VI, nn. 3204 del 6 giugno 2000, 4500 del 5 settembre 2002, 3388 del 6 giugno 2006; Cons. St., sez. V, n. 266 del 12 marzo 1996; Cons. St., sez. IV, n. 7210 del 7 dicembre 2006).

Il Collegio non ritiene di doversi discostare da tale linea interpretativa, che fa applicazione di criteri ermeneutici corretti, là dove esclude che il più volte citato art. 16 D.Lgs. n. 503/1992 – riferito agli ordinari limiti di età per il pensionamento – sia applicabile ai pubblici dipendenti, per i quali risultino dettate disposizioni speciali di analoga natura (senza che muti i termini della questione, evidentemente, il fatto che dette disposizioni speciali costituiscano, o meno, conservazione di benefici preesistenti, essendo la distinzione basata sulla specialità della disposizione rispetto alla regola, dettata in via generale per la categoria di appartenenza).

Appare dunque corretto ritenere, come più volte ribadito dalla giurisprudenza, che i professori incaricati stabilizzati (destinatari di disposizioni peculiari come quella di cui all’art. 111 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, ma pur sempre nell’ambito della fascia degli associati) – conservando in via straordinaria la possibilità di permanere in servizio fino al 70° anno di età – non possano cumulare l’ulteriore beneficio del prolungamento del servizio effettivo per un altro biennio, senza peraltro che possano operarsi, come suggerito dall’appellante, generalizzati parallelismi con la complessa normativa riservata ai professori ordinari (cfr. Cons. St., sez. VI, 23 novembre 1994, n. 579 e 3 marzo 1999, n. 264, nonché, da ultimo, art. 1, commi 17 e 18 della legge 4 novembre 2005, n. 230).

L’interpretazione fatta propria dal Collegio – oltre a comportare il rigetto del secondo ordine di censure, prospettato dall’interessato – implica la condivisione della tesi, recepita nella sentenza appellata, circa la natura sostanziale del provvedimento impugnato, che – pur formalmente denominato "revoca" – opera in realtà l’annullamento, in via di autotutela, di un atto illegittimo (originario decreto rettorale applicativo dell’art. 16 D.Lgs. n. 503/92).

Va conseguentemente respinto, pertanto, anche il terzo motivo di gravame (sulla insussistenza dei presupposti della revoca), mentre ugualmente non condivisibili appaiono le ulteriori argomentazioni difensive, riferite a violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/90, dell’art. 1 comma 136 della legge n. 311/2004 e dell’art. 3, comma 1, della legge delega n. 421/1992, nonché a difetto di motivazione sotto vari profili.

Nel caso di specie infatti, non può dirsi superato il "termine ragionevole" per l’annullamento d’ufficio, di cui alla prima dicposizione sopra citata, in quanto l’atto annullato – ad esecuzione differita – non aveva ancora avuto completa esecuzione, mentre le ragioni di interesse pubblico per agire in via di autotutela risultano correttamente esposte dall’Amministrazione universitaria, anche con riferimento all’art. 1, comma 136 della legge n. 311 del 30 dicembre 2004 (sul contenimento degli oneri finanziari, quale finalità ribadita anche dall’art. 3, comma 1 della citata legge n. 421 del 23 ottobre 1992).

Deve essere considerato infatti che – se l’innalzamento dei limiti di età, previsti per il collocamento a riposo, costituisce misura di contenimento della spesa pubblica a livello macroeconomico – mantenere in servizio unità di personale, oltre i limiti previsti dalla legge, implica indubbiamente un aggravio finanziario sul bilancio dell’Amministrazione interessata, di modo che correttamente l’Università appellata ha rilevato, nel provvedimento impugnato, che "il prolungamento del servizio per un ulteriore biennio dei professori associati ex incaricati stabilizzati comporterebbe un maggiore onere di spesa sia in ambito universitario che in ambito previdenziale, non supportato da riscontri normativi".

5. Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto.

Le spese del secondo grado del giudizio – da porre a carico della parte soccombente – vengono liquidate nella misura di Euro. 500,00 (Euro cinquecento/00).
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in appello n. 2284 del 2006, in epigrafe indicato.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese giudiziali, nella misura di Euro. 500,00 (Euro cinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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