Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-04-2011) 12-05-2011, n. 18634

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ha proposto ricorso per cassazione M.S., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova del 22.9.2010, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Savona il 16.7.2009, per il reato di cui all’art. 643 c.p..

Secondo l’accusa, l’imputato si era fatto consegnare in due riprese, da G.G., B.A. e G.V., la somma complessiva di Euro 25.000, costituente parte del ricavato della vendita di un immobile, da destinare a fantomatici investimenti, approfittando dell’evidente e percepibile disagio mentale (deficit cognitivo intellettivo congenito) delle persone offese.

Il difensore lamenta, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c), in relazione alla valutazione dell’inesistenza del legittimo impedimento addotto davanti al gup per l’udienza del 16.7.2009; deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge della sentenza, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), in relazione all’art. 643 c.p., sostanzialmente sul rilievo che i giudici di appello avrebbero ingiustificatamente valorizzato le dichiarazioni delle persone offese e i risultati della consulenza tecnica espletata nel corso del giudizio per accertare le loro condizioni mentali all’epoca dei fatti, senza tener conto dell’incongruenza della accusa rispetto al mancato coinvolgimento nei fatti dell’ agenzia immobiliare e del notaio che si erano occupati della precedente vendita dell’appartamento delle predette persone offese; rilevando altresì che sarebbe contraddittoria, rispetto all’accusa, anche la mancata percezione delle precarie condizioni psichiche delle persone offese da parte del direttore di un istituto di credito che aveva avuto contatti con loro nell’ambito delle vicende negoziali e del notaio.

La presunta consapevolezza del M. circa la situazione personale delle vittime sarebbe smentita anche dal limitato periodo di tempo in cui egli ebbe occasione di frequentarle, e dalla circostanza che fino all’epoca dei fatti nessuna iniziativa di tutela a favore dei due G. e della B. era stata assunta dalle persone a loro vicine.
Motivi della decisione

La questione processuale è manifestamente infondata, non essendo nemmeno specificato, in ricorso, il tipo di patologia in concreto accusata dal difensore a giustificazione del suo dedotto impedimento a comparire davanti al gup all’udienza del 16.7.2009, pregressi eventi morbosi non potendo costituire causa di rinvii non altrimenti motivati, in assenza dell’indicazione di nuove (o "rinnovate") insorgenze patologiche (di qui l’inconcludenza del riferimento alle proprie passate vicissitudini di salute da parte dell’estensore del ricorso).

In ogni caso, le motivazioni al riguardo dei giudici di appello appaiono corrette in riferimento sia alla forma che alla tempestività della comunicazione dell’impedimento, come anche in ordine all’effettiva gravità delle condizioni di salute addotte, e relativamente alla mancata indicazione delle ragioni che avrebbero impedito la sostituzione del difensore.

Quanto al secondo motivo, le deduzioni difensive appaiono chiaramente riduttive rispetto al ben più ampio e più che concludente materiale probatorio esaminato e correttamente analizzato dalla corte territoriale, e si connotano in questo senso come largamente aspecifiche, mentre il riferimento all’intervento (o al mancato intervento) nelle vicende delle persone offese, di altri soggetti, è intrinsecamente del tutto irrilevante.

In ogni caso, per quel che riguarda la vendita dell’immobile che aveva procurato alle persone offese la provvista finanziaria per l’investimento che avrebbe dovuto essere gestito dall’imputato, occorrerebbe dimostrare che l’atto fu economicamente pregiudizievole per i venditori, per trarne l’indicazione dell’ anomalia dell’assenza di iniziative accusatorie contro il titolare dell’agenzia immobiliare e il notaio che ciascuno nell’ambito delle proprie competenze professionali, si erano occupati dell’operazione; per quel che riguarda l’intervento del direttore di un istituto di credito, esso si sarebbe esplicato, secondo le stesse deduzioni difensive, esclusivamente nell’indirizzare (a posteriori incautamente) le persone offese al M., non nella successiva partecipazione alla frode dell’ignoto funzionario.

Non si comprende poi il rilievo delle (assunte) carenze di interventi di sostegno a favore delle persone offese da parte di soggetti a loro vicini, considerando oltretutto che qualunque intervento a favore di individui in menomate condizioni personali trova solitamente la sua ragion d’essere in specifiche occasioni di "emergenza".

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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