Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-04-2011) 12-05-2011, n. 18648 misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 27.10.2010 il Tribunale del Riesame di Milano rigettava l’appello proposto dal difensore di D.C.E. avverso il provvedimento del gip del locale Tribunale del 24.7.2010 che aveva respinto l’istanza dello stesso D.C. diretta alla retrodatazione della decorrenza dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal medesimo gip il 5.7.2010 per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., alla data di esecuzione del precedente provvedimento restrittivo adottato dal gip per il medesimo titolo di reato il 20.4.2009.

Il Tribunale riteneva che le condotte di reato considerate nei due provvedimenti genetici, fossero diverse sia per l’ambito temporale delle relative contestazioni che rispetto alle stesse caratteristiche dell’associazione mafiosa di riferimento.

Ricorre il difensore, lamentando il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione dell’ordinanza del tribunale del riesame.

L’arco temporale delle contestazioni associative nei due provvedimenti cautelari sarebbe infatti sovrapponibile; la condotta di partecipazione dell’imputato, nella presunta diversità delle strutture associative sarebbe rimasta immutata nei suoi termini concreti; infine, la connessione tra i due segmenti della condotta permanente, affermata dallo stesso tribunale del riesame, comporterebbe comunque la retrodatazione, dal momento che gli elementi di prova a carico dell’indagato in ordine alla nuova contestazione associativa erano già noti o comunque desumibili al momento dell’esecuzione della prima ordinanza cautelare. La difesa ha depositato motivi aggiunti, anche allo scopo di sollecitare la valutazione dell’opportunità di assegnare il ricorso ad altra sezione.
Motivi della decisione

Va preliminarmente disattesa la richiesta diretta ad escludere la cognizione del ricorso da parte di questa sezione, formulata in termini alquanto generici (conterebbe tra l’altro non l’identità dell’ufficio ma l’identità fisica dei giudici, sulla quale nulla rileva la difesa), e in qualche misura non pertinenti, perchè le valutazioni "in punto di diritto" (le sole cui accenna la difesa nel riferirsi ai precedenti di questa sezione), non hanno mai carattere pregiudiziale rispetto a decisioni future nè determinano situazioni di incompatibilità, peraltro nemmeno dedotte dal ricorrente.

Per il resto, le censure del ricorrente devono ritenersi infondate.

I giudici del riesame ricostruiscono infatti puntualmente l’evoluzione del contesto associativo nel quale operava il D. C., per rilevare la sostanziale diversità della struttura criminale oggetto del primo provvedimento restrittivo, rispetto alla ben più complessa articolazione territoriale e organizzativa del gruppo mafioso considerato nel secondo provvedimento; e non mancano di rilevare che la datazione di significativi elementi di prova a sostegno della seconda imputazione cautelare, si colloca in epoca successiva al discrimine temporale della prima contestazione associativa, con particolare riferimento alle informative di polizia giudiziaria del 7.1.2009, del 7.10.2009, del 31.10.2009, del 10.11.2009, e ad alcuni "summit" mafiosi, l’ultimo dei quali tenutosi nel centro per anziani "(OMISSIS)" di (OMISSIS).

Le contrarie deduzioni difensive si risolvono in sostanza, in un diverso apprezzamento di merito delle risultanze istruttorie, ma non colgono vizi logico-giuridici nella motivazione del provvedimento impugnato, che nell’identificazione di elementi di prova sopravvenuti si conferma correttamente orientato sul piano dei principi anche rispetto al riconoscimento della connessione qualificata tra le due imputazioni a confronto, alla quale si ricollega la problematica della rilevanza della conoscibilità degli atti di indagine assunti a presupposto di una misura restrittiva già al momento dell’emissione di un precedente provvedimento cautelare.

II ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese. Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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