Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 17-02-2011) 12-05-2011, n. 18817 diritti d’autore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 1 Luglio 2009 il Tribunale di Palermo ha condannato il Sig. G. alla pena di sette mesi di reclusione e 400,00 Euro di multa perchè ritenuto responsabile dei reati di ricettazione e detenzione per la vendita di supporti musicali abusivamente riprodotti, reati accertati il (OMISSIS).

Con la sentenza qui impugnata la Corte di Appello di Palermo ha confermato la condanna ritenendo che l’esistenza dell’abusiva riproduzione dei brani non è stata ritenuta provata sulla base della sola assenza del contrassegno Siae sulle custodia, bensì da un insieme di elementi di fatti, quali la tipologia di confezionamento dei singoli supporti che venivano posti in vendita e resistenza di altri supporti contenenti prodotti illecitamente duplicati, certamente originanti da delitto di illegale duplicazione commesso da altri. La Corte territoriale ha confermato anche l’entità del trattamento sanzionatorio ritenendo che l’esistenza di precedenti penali a carico dell’imputato non giustifichi le richieste circostanze attenuanti generiche.

Avverso tale decisione il Sig. G. propone ricorso tramite il Difensore per vizio di motivazione e errata applicazione della legge penale.

Posto che il Tribunale aveva assolto l’imputato dal reato sub B) con la formula "perchè in fatto non è più previsto dalla legge come reato" perchè l’assenza di contrassegno Siae non costituisce da solo elemento sufficiente per affermare che si è in presenza di supporti contenenti opere abusivamente duplicate, alle medesime conclusioni avrebbe dovuto giungersi anche per i reati contestati ai capi A) e C), difettando la prova propria della sussistenza di duplicazione illecita.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e non può trovare accoglimento.

Risulta, infatti, priva di fondamento l’argomentazione del ricorrente, secondo la quale l’assoluzione pronunciata dal Tribunale in ordine al capo B) travolgerebbe anche la residua contestazione. Ed invero, se la giurisprudenza ha ormai costantemente escluso che mera assenza del contrassegno SIAE possa integrare il reato previsto dalla L. n. 633 del 1941, art. 171-ter, potendo piuttosto costituire un elemento rilevante nel più ampio contesto probatorio, è pacifico che spetti al giudice di merito verificare l’esistenza di elementi di prova che conducano ad affermare l’avvenuta abusiva duplicazione di prodotti dell’ingegno tutelati dal diritto d’autore.

Ebbene, sia il giudice di primo grado sia la Corte di Appello hanno ritenuto che la natura dei prodotti contenuti nei supporti informatici (giochi per "Play Station" e pellicole cinematografiche) e le modalità di confezionamento dei CD musicali concorrano, unitamente all’assenza del marchio Siae, a ritenere sussistente l’avvenuta illecita duplicazione dei prodotti e, dunque, gli estremi delle violazioni contestate.

Si è in presenza di valutazione di fatto che, sinteticamente motivata dal giudice di appello senza incorrere in vizi di manifesta illogicità, è sottratta al sindacato di questa Corte. Trovano a tale proposito applicazione i principi interpretativi in tema di limiti del giudizio di legittimità e di definizione dei concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonchè in tema di travisamento del fatto che sono contenuti nelle sentenze delle Sezioni Unite Penali, n. 2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini, rv 203767, e n. 47289 del 2003, Petrella, rv 226074.

In tale prospettiva di ordine generale va, dunque, seguita la costante affermazione giurisprudenziale del principio secondo cui è "preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti" (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n. 22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).

Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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