Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-02-2011) 12-05-2011, n. 18816 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ente nella persona dell’Avv. MUSCARI TOMAIOLI Giovan Battista.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 18 gennaio 2010 la Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Venezia (che aveva ritenuto M.M. e F.M. colpevoli del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1890, art. 73, relativamente all’acquisto al fine, di successivo spaccio, di sostanza stupefacente del tipo cocaina e condannato il M. – concessegli le circostanze attenuanti generiche – alla pena, così diminuita per il rito, di anni quattro e mesi sei di reclusione ed Euro 40.000 di multa e il F. alla pena di anni tre mesi otto di reclusione ed Euro 24.000 di multa, oltre le pene accessorie di legge), riduceva la pena inflitta al M. ad anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 20.000 di multa e quella inflitta al F. ad anni due e mesi dieci di reclusione ed Euro 12.000 di multa, applicando la normativa più favorevole in termini di pena minima edittale derivante dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis.

A base della propria statuizione – per quel che rileva la posizione del ricorrente M. – la Corte enucleava alcuni elementi ritenuti particolarmente pregnanti quali: a) le dichiarazioni, ritenute intrinsecamente credibili, di P.C.P. (persona non residente in Italia, proveniente dall’aeroporto di Monaco di Baviera ove era stata sorpresa in possesso di oltre un Kg. di cocaina a suo dire destinata a terzi, poi indicati nel F. e, per il maggior quantitativo, nel M.); b) i riscontri oggettivi costituiti dal tenore di una intercettazione di una telefonata in arrivo effettuata ad opera della P.C. sull’utenza domestica dell’abitazione del M. comprovante l’appuntamento da costei dato ai coniugi M. presso la Stazione ferroviaria di Mestre; c) il possesso da parte del M. di una somma di denaro che aggiunta ai precedenti bonifici effettuati in favore della P.C. corrispondeva esattamente al prezzo per il quantitativo di cocaina nella disponibilità della P.C. che costei avrebbe dovuto consegnare al M. vicino la stazione ferroviaria di Mestre (incontro pilotato dalla Polizia Italiana di intesa con la polizia tedesca giunta al seguito della donna, dopo il suo controllo in Germania); d) il contenuto del memoriale depositato dal M. all’udienza del 27 giugno 2000, con il quale questi aveva inteso rispondere alla contestazioni elevategli con l’imputazione, dopo che sia in sede di udienza di convalida dell’arresto sia nel corso dell’interrogatorio di garanzia egli si era avvalso della facoltà di non rispondere: memoriale in cui venivano esposte giustificazioni ritenute dalla Corte irragionevoli o inverosimili sia in ordine all’epoca e modalità di conoscenza interpersonale tra il M. e la P.C., sia in ordine alle causali delle varie dazioni di denaro.

La Corte territoriale aveva anche giudicato inverosimili le giustificazioni contenute in detto memoriale sia in relazione alle modalità dell’incontro a Mestre avvenuto senza la presenza del coniuge del M. (nonostante per sua espressa ammissione e per ammissione della stessa P.C., le due donne si conoscessero da diverso tempo); sia in relazione al falso bonifico con il quale il M. si era presentato all’appuntamento con la P.C. a Mestre.

Inoltre in punto di diritto la Corte aveva ritenuto di dover qualificare il fatto come condotta di acquisto avvenuto in territorio italiano (ancorchè verosimilmente concordato con la donna quando costei si trovava all’estero) e non – come invece preteso dalla difesa – come ipotesi di concorso nel tentativo di importazione.

Ricorre l’imputato M. denunciando mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla ritenuta attendibilità soggettiva ed intrinseca della P.C., stigmatizzando le argomentazioni svolte dalla Corte in considerazione delle iniziali reticenze della donna nell’indicare i possibili acquirenti cui la droga in suo possesso era destinata.

Denuncia come illogico il ragionamento seguito dalla Corte a comprova della affermata attendibilità delle sue dichiarazioni, laddove aveva ritenuto verosimile l’intenzione della donna di fruire dei consistenti sconti di pena previsti dall’art. 73, comma 7 (in realtà non accordati dal GUP) alla base della sua decisione di collaborare con gli inquirenti dopo il suo arresto a Monaco di Baviera.

Lamenta la carenza di argomentazioni laddove non era stato tenuto conto della versione alternativa offerta dal M. nel suo memoriale (secondo la quale tra i due esisteva un rapporto di debito- credito risalente al tempo in cui era vivo il marito della P. C., autore di un prestito di denaro al M. non restituito, se non in piccola parte. Lamenta, ancora, la illogicità della argomentazione seguita dalla Corte per affermare la attendibilità soggettiva della P.C. nonostante vi fossero chiari indici contrari in tal senso riferibili al suo disordinato, per non dire caotico, regime di vita; ancora, l’illogicità e carenza di motivazione nel ritenere improponibile la tesi difensiva che altri fosse, rispetto al M., nei propositi della P.C. il soggetto acquirente dello stupefacente.

La difesa del ricorrente ritiene, poi, illogica e contraddittoria la motivazione offerta dalla Corte in punto di intrinseca attendibilità delle dichiarazioni della P.C. tenuto conto che la stessa non era stata, in realtà, libera di renderle, ma pressata dagli organi investigativi desiderosi di scoprire i destinatari finali della droga detenuta dalla donna, con la conseguenza che tali dichiarazioni, in maniera del tutto illogica, erano state qualificate come spontanee, genuine e precise.

Ancora più illogica si profilava a giudizio del ricorrente tale motivazione se comparata con la circostanza – non adeguatamente spiegata dalla Corte – che la donna non ha mai inteso rivelare il nominativo del terzo (in aggiunta al F. ed al M.) destinatario di parte della cocaina che aveva con sè.

Come pure un ulteriore profilo di illogicità si coglieva nelle numerose contraddizioni in cui era incorsa la donna nella sua chiamata in correità in merito alle quali la Corte non aveva fornito spiegazioni convincenti.

Altri aspetti di marcata illogicità caratterizzerebbero – secondo il ricorrente – il costrutto argomentativo della sentenza con specifico riguardo alle causali che avevano determinato la P.C. a dedicarsi all’attività di traffico di stupefacenti in correlazione con il presunto debito contratto verso la madre di una consistente somma di denaro al tempo in cui risiedeva in Guatemala pari a circa 120 milioni delle vecchie Lire).

Anche con riferimento ai riscontri estrinseci individualizzanti indicati dalla Corte, la difesa rimarca vistose illogicità e contraddittorietà nel tessuto motivazionale, sia con riguardo alla spiegazione data alla anomalia di un incontro per strada in auto nei pressi della stazione Ferroviaria tra la P.C. e il M. in assenza di testimoni; sia con riguardo al particolare del falso bonifico con il quale il M. si era presentato all’appuntamento; sia con riguardo al rinvenimento di droga nell’auto con la quale il M. si era recato all’appuntamento; sia con riguardo all’irrilevanza della presenza di un modestissimo quantitativo di hashish nella autovettura (di proprietà della moglie) con la quale il M. si era recato all’appuntamento con la P.C.; con riguardo, ancora, alla diversa causale del rapporto di debito-credito intercorso tra la donna ed il M., intenzionato, a dire della difesa a recarsi all’appuntamento per saldare un vecchio debito e non per acquistare droga.

Altro vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione viene denunciato con riguardo al mancato accoglimento della richiesta di parziale rinnovazione dell’istruzione dibattimentale (audizione di testi a comprova del rapporto di debito intercorrente tra la P. C. e il M.) nonostante la Corte avesse rilevato implicitamente la rilevanza della questione nella misura in cui aveva affermato la assenza di prova da parte del M. su tale circostanza.

Un ultimo vizio di inosservanza della legge penale viene dedotto con riferimento alla mancata qualificazione della condotta ascritta al M. come tentativo di importazione e non come acquisto (peraltro non perfezionatosi, stante la mancata consegna della droga) laddove altra Autorità Giudiziaria (Corte di Appello in composizione diversa) aveva qualificato, nel giudicare la P.C., la sua condotta, come tentativo di importazione, dovendosi quindi la condotta dell’acquisto ritenere assorbita in quella di importazione, rimasta allo stadio del tentativo: tanto più che gli accordi tra la P.C. e il M. sarebbero avvenuti prima, e non dopo l’importazione, e soprattutto prima che la P.C. acquistasse all’estero la droga a suo dire destinata in Italia al F. ed al M.. Il ricorso è infondato.

Va premesso, per una migliore comprensione dei contenuti dei motivi di ricorso – particolarmente articolati a fronte, comunque, di una sentenza che non ha di certo lasciati inesplorati i vari punti critici segnalati con l’atto di appello – che al M. è stato dato carico del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 "per avere acquistato, a fini di smercio a terzi, prendendo preventivi accordi per la sua importazione, da P.C.P. (giudicata separatamente) kg. 1.150 di cocaina – fatto accertato in (OMISSIS)".

Tale premessa appare necessaria in correlazione con uno dei motivi di ricorso afferente alla inesatta – secondo la prospettazione difensiva già contenuta nei motivi di appello e reiterata con l’odierno ricorso – qualificazione della condotta attribuita dalla Corte territoriale sulla quale si tornerà in prosieguo.

Altra premessa che appare doveroso esporre è quella concernente i rapporti intercorrenti tra la sentenza di primo grado e quella di secondo grado, anche in relazione alla parziale riforma della sentenza del GUP seppur circoscritta – per esclusivi motivi di diritto – al trattamento sanzionatorio; ma con riguardo alle ragioni della conferma del giudizio di colpevolezza, occorre precisare che la sentenza di secondo grado si integra e completa con la precedente formando un unico complesso argomentativo, in quanto entrambi le pronunce risultano concordanti nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a base delle rispettive decisioni, (Cass. Sez. 1A 26.6.2000 n. 8868; Cass. Sez. 1A 2.10.2003 n. 46350). Sempre per completezza va poi ricordato che in fase di appello il giudice non è tenuto a prendere in considerazione ogni argomentazione proposta dalle parti, bastando invece che vengano enunciate le ragioni a base della decisione: nell’assolvere a tale compito il giudice di merito deve rispettare i canoni della congruità, sufficienza e logicità della motivazione (in termini tra le tante, Cass. Sez. 5A 6.5.1999 n. 7588 Rv. 213630; Cass. Sez. 1A 21.12.1992 n. 1778; Rv 1894804).

Tenuti presenti tali criteri, la motivazione della Corte appare logica, esaustiva, completa avendo peraltro la Corte condotto l’analisi dei vari dati disponibili e delle doglianze difensive mosse in relazione ai punti ritenuti critici della sentenza di primo grado con grande scrupolo e rigore metodologico.

Quanto al problema relativo all’attendibilità sia soggettiva che intrinseca, la Corte ha sottoposto a rigorosa verifica l’attendibilità della dichiarante P.C.P.. Tale verifica, già compiuta dal primo giudice e richiamata dalla Corte in uno all’esame dei riscontri estrinseci alle dichiarazioni della donna che anche il GUP aveva analizzato con particolare attenzione, si rendeva necessaria essendo proprio la P.C. il soggetto che aveva chiamato in causa il M. quale uno dei destinatari di parte del carico di droga che la donna trasportava.

Come ricordato dalla Corte di Appello, la donna, dopo essere giunta, proveniente dal Sud America, all’aeroporto di Monaco di Baviera con indosso un carico di cocaina, era stata fermata dalla Polizia di frontiera aerea di quel paese che, in collaborazione con la polizia italiana, aveva assecondato l’intenzione – da subito manifestata dalla donna – di collaborare con l’autorità italiana, indicando il nuovo aeroporto di destinazione (Venezia) e due soggetti destinatari di parte del carico ( F.M. e M.M.). Orbene, la Corte si è data carico non solo di riguardare le argomentazioni svolte dal primo giudice (che in proposito aveva anche sottolineato alcuni importanti riscontri esterni altamente dimostrativi dell’attendibilità della P.C.) ma autonomamente rielaborato tali dati processuali, non trascurando le critiche rivolte dalla difesa su tali punti e ha, soprattutto, rimarcato alcuni elementi decisamente sintomatici dell’elevato grado attendibilità correttamente identificati: 1) nell’assenza di qualsivoglia sentimento di rancore o anche semplice risentimento nutrito dalla donna verso il M. anche alla luce del memoriale prodotto dall’imputato; 2) nella serietà e congruenza del motivo che aveva ispirato la donna, da subito dopo il suo "fermo" a collaborare – e quindi fare anche il nome del M. – nell’intento di conseguire la speciale attenuante prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7 che intanto avrebbe avuto qualche possibilità di successo in quanto le dichiarazioni della donna fossero risultate veritiere.

A tali elementi il giudice distrettuale ha poi aggiunto una considerazione ulteriormente rafforzativa della credibilità, stavolta soggettiva, della P.C., derivante dall’assenza di elementi tali da far sospettare una sua inclinazione in via generale al mendacio.

Ancora più pregnanti appaiono le ulteriori considerazioni spese dalla Corte per asserire l’attendibilità della dichiarante laddove si è data carico di esaminare alcune apparenti defaillances nelle sue propalazioni (il riferimento, come ricordato dalla difesa del ricorrente, è alla parzialità delle dichiarazioni in ordine al reale numero ed identità dei destinatati del carico di cocaina da lei trasportato: anche in questo caso la Corte non si è di certo risparmiata nell’analizzare le possibili incongruità interne a dette dichiarazioni, anzitutto riallacciandosi a quanto sul punto, detto dal GUP, ma soprattutto, soffermandosi con assoluta coerenza logica, su un particolare – il mancato riconoscimento da parte del GUP della auspicata (dalla donna) circostanza attenuante speciale proprio per effetto della parzialità delle sue indicazioni – facendolo assurgere, correttamente, ad indice di maggiore attendibilità (vds. in particolare, pagg. 23-24 della sentenza impugnata): sicchè i rilievi difensivi formulati su tale specifico punto debbono ritenersi inaccoglibili.

Trattandosi di argomentazioni altamente convincenti sul piano logico e oltretutto rispettose anche di dati oggettivi emersi nel corso del processo, deve escludersi che così motivando sulla complessiva attendibilità della P.C. la Corte territoriale sia incorsa nel denunciato vizio logico.

Anche le diffuse considerazioni svolte dalla Corte in merito ai riscontri estrinseci validanti le dette dichiarazioni si sviluppano secondo lo schema sopra ricordato: schema ispirato a logica serrata e cura scrupolosa dei dettagli.

Senza dover ripercorrere nella loro integralità le analitiche spiegazioni offerte al riguardo dalla Corte, a titolo meramente esemplificativo basta por mente alla circostanza – correttamente ed adeguatamente sottolineata dal giudice territoriale – relativa alla condizione psicologica in cui versava la donna al momento in cui ha reso le dette dichiarazioni eteroaccusatorie.

Logica quindi appare l’affermazione della Corte secondo la quale la donna, pur non trovandosi in una ideale situazione di libertà (perchè sostanzialmente scortata lungo il suo tragitto da Monaco di Baviera a Venezia dalla polizia italiana), non per questo doveva considerarsi non spontanea nelle sue propalazioni, anche perchè, come ha giustamente rilevato la Corte, nessuna pressione risulta essere stata esercitata sulla donna affinchè rendesse accuse verso il M., peraltro poi reiterate in più occasioni sia in fase preprocessuale che nel corso dell’udienza dinnanzi al GUP, come puntualmente rimarcato dalla Corte (vds. pag. 25 della sentenza impugnata).

E sulla stessa linea di logicità si collocano anche le ulteriori considerazioni svolte dalla Corte a proposito della precisione e coerenza delle dichiarazioni della P.C., ai contenuti delle sue propalazioni su due punti focali: a) la rievocazione delle origini e sviluppo della sua pluriennale conoscenza con il M.;

b) la parte, a lei soltanto riconducibile, riguardante l’acquisto della cocaina e gli accordi intercorsi con i propri fornitori in vista della successiva consegna in Italia.

Alcune contraddizioni o imprecisioni (come quella relativa all’importo della somma bonificata dal M.), pur colte dalla Corte, sono state logicamente spiegate senza che i rilievi difensivi sul punto valgano a contrastare la bontà di tale ragionamento: anche perchè le censure svolte al riguardo dalla difesa del ricorrente in realtà prospettano una diversa alternativa non proponibile in sede di legittimità, una volta che la Corte abbia dato prova di affrontare e risolvere il punctum dolens in termini esaustivi e soprattutto apprezzabili dal punto di vista della pienezza e logicità della motivazione.

Risultano rispondere ai medesimi canoni di logicità, coerenza e completezza di motivazione le ulteriori considerazioni svolte dalla Corte con riguardo ai cd. "riscontri individualizzanti": anche in questo caso, solo per meglio esemplificare la esaustività, soprattutto sul piano logico, della motivazione, basta far riferimento a quel riscontro di tipo "aritmetico" che ha portato correttamente la Corte a far coincidere la somma versata e versanda da parte del M. – ovviamente ispirandosi alle rivelazioni della P.C. – con quella complessiva pattuita pari 85 milioni delle vecchie Lire corrispondenti al prezzo di mercato al grammo dell’eroina in rapporto al quantitativo oggetto della transazione (850 grammi, per come sempre dichiarato dalla donna).

Privo di fondamento appare il rilievo difensivo contenuto nel ricorso (ed al quale, more solito, la Corte ha dato adeguata e convincente risposta) circa la diversa causale dell’esborso di una così consistente somma di denaro da parte del M. verso la sua conoscente guatemalteca: per di più la Corte, dandosi carico di analizzare le specifiche prospettazioni difensive contenute nel memoriale allegato dal M., ha puntualmente e convincentemente disatteso i vari profili (vds. diffusamente pagg. 33-34 e soprattutto pagg. 37-38 della sentenza impugnata).

Ma vi è di più: la Corte ha voluto sottolineare un particolare, a ragione ritenuto altamente significativo sul piano logico, rappresentato dalle inusuali modalità con le quali il M. si era presentato all’incontro sollecitato telefonicamente dalla P. C. nei pressi della stazione ferroviaria di Mestre: nella circostanza, come opportunamente segnalato dalla Corte, l’imputato si era recato all’appuntamento con un bonifico contraffatto a riprova dell’aspettativa del M. di vedersi consegnata la cocaina promessagli. Quanto alle censure di illogicità contenute nei paragrafi d) ed e) del principale motivo di ricorso, si osserva che le considerazioni svolte in proposito dalla Corte sono tutt’altro che illogiche.

Già si è avuto modo di rilevare come la Corte correttamente avesse preso in esame il memoriale difensivo del M.: l’affermazione contenuta nella sentenza secondo la quale la circostanza del rinvenimento di cinque grammi di hashish nell’auto del M. sia un riscontro oggettivo della scarsa credibilità delle sue prospettazioni difensive è proposizione coerente – contrariamente alla impostazione difensiva, con una premessa di partenza contenuta all’inizio del memoriale (opportunamente evidenziata dalla Corte) laddove il M. ha candidamente negato di avere mai avuto problemi di droga; lo stesso dicasi con riguarda alla mancata dimostrazione – al di là della mera asserzione – di una diversa origine del rapporto economico intercorso con la P.C.; lo stesso dicasi anche con riferimento a quelle modalità dell’incontro (sostanzialmente da condurre in via riservata ed al riparo da occhi od orecchie indiscrete tanto che il M. si recherà all’appuntamento da solo e servendosi dell’auto della moglie) contestate dalla difesa al punto e) concernente il motivo relativo al mancato e/o illogico esame dei riscontri esterni.

Non valgono a superare la valenza dimostrativa delle argomentazioni della Corte i rilievi difensivi sviluppati a proposito della ritenuta inattendibilità soggettiva della P.C., laddove la difesa parla di "eccessiva frammentazione del ragionamento giudiziale" (pag. 7 del ricorso) ovvero ricorda l’insufficienza della affermazione contenuta in sentenza in ordine alla propensione della donna "ad una condotta di vita disordinata" ed "ad uno stile di vita inconsueto e dispendioso" ed adoperata per bollare seccamente come inconsistente la tesi della inclinazione al mendacio caldeggiata dalla difesa: tesi poi riproposta nell’odierno ricorso a riprova di quel giudizio negativo sulla attendibilità soggettiva che la Corte ha invece ritenuto, a ragione, elevatissima.

Così come la proposizione in chiave alternativa, se non proprio in forma interrogativa, di una diversa lettura di determinate circostanze (altro soggetto correo in luogo del M.) non appare tesi sostenibile anche perchè in aperto contrasto con quei limiti interni al giudizio di legittimità che ostano ad un esame sul fatto.

Anche le doglianze contenute nel motivo 1b) del ricorso appaiono infondate, caratterizzate come sono, anche queste, o da interrogativi che propongono soluzioni diverse a fronte di quelle delineate dalla Corte territoriale, assolutamente congrue e assai più razionali: il riferimento è, soprattutto, a quanto dedotto dalla difesa circa la tautologia rinvenibile nell’affermazione della Corte che le dichiarazioni della P.C. fossero comunque spontanee in assenza di pressioni dall’esterno e soprattutto che era ben comprensibile sul piano logico che la donna, superando le iniziale perplessità, si era determinata a coinvolgere nelle sue accuse un soggetto da lei conosciuto tanto tempo prima e inizialmente tenuto al riparo dalle investigazioni.

Anche laddove la difesa stigmatizza il costrutto argomentativo – definito insufficiente ed illogico – della Corte in punto di mancata rilevanza attribuita ad alcune contraddizioni e/o discrasie, si tratta di affermazione che non coglie nel segno, avendo la Corte fornito chiarimenti logici sulla reale portata di tali contraddizioni definite, ben a ragione, secondarie se non addirittura marginali (il riferimento, a mò di esempio, è al particolare della datazione della conoscenza del M. inizialmente indicata come risalente a molti anni prima e poi a due tre anni prima).

Inappaganti sul piano della portata demolitrice delle argomentazioni della Corte sul punto, le prospettazioni difensive riguardanti le inusuali modalità di presentazione all’appuntamento da parte del M. munito di bonifico contraffatto, se solo si considera che la stessa difesa ritiene coerente e logica la deduzione della Corte, salvo poi a definirla apodittica, dimenticandosi del fatto che la Corte aveva ben a ragione parlato di compravendita di droga sulla base di inequivocabili dati processuali.

Logica e coerente poi considerazione della Corte, proprio perchè basata sulla ritenuta – a ragione – elevata attendibilità della P.C., circa il fatto che il M. si apprestasse, servendosi dell’autovettura della moglie, a farsi consegnare la droga: rispetto a tale argomentazione la difesa deduce un vizio di motivazione in realtà improponibile, fondato com’è su una presunta inattendibilità della donna che la Corte ha convincentemente e decisamente escluso.

Le ultime considerazioni ritiene questa Corte di riservarle alle due deduzioni finali contenute nel ricorso e relative, rispettivamente, alla omessa ed illogica motivazione data dalla Corte al diniego di parziale rinnovazione dell’istruzione dibattimentale sollecitata dalla difesa e alla errata qualificazione giuridica della condotta inquadrarle – secondo il rilievo del ricorrente – nella fattispecie della importazione sotto forma di tentativo.

Entrambe le censure – che la Corte ha esaustivamente esaminato in sede propria – sono infondate.

Quanto alla prima di esse, la Corte ha convincentemente spiegato le ragioni del diniego in termini di non assoluta decisività della nuova prova dichiarativa dedotta trattandosi di prove testimoniali ritenute, a ragione, inidonee a giustificare una diversa ricostruzione dei fatti nel senso auspicato dall’imputato.

Non si profila neanche quella ipotesi di contraddittorietà logica rilevata nel ricorso, in quanto la Corte territoriale, pur avendo in via astratta qualificato come decisiva una prova che fosse stata rivolta a dimostrare una diversa origine del rapporto di debito- credito intercorso tra il M. e la P. rispetto a quanto dichiarato dalla donna, ha, per altro verso, superato tale decisività sulla base delle stesse affermazioni contenute nel memoriale del M., secondo cui non in epoca antecedente al 1992 – come avrebbe dovuto dimostrare la nuova prova testimoniale richiesta – ma nel 1993 la P.C. gli avrebbe erogato un ulteriore prestito: e quanto alla mancata allegazione di documenti comprovanti la circostanza del prestito, una volta affermata da parte della Corte la superfluità della prova testimoniale richiesta ex art. 603 c.p.p., è del tutto evidente che la mancata allegazione del documento dimostrativo di tale circostanza è stato considerato ben a ragione dalla Corte elemento negativo inconciliabile con la richiesta di rinnovazione parziale.

Anche il secondo profilo riguardante la diversa qualificazione del fatto sotto forma di concorso nell’importazione a titolo di tentativo, ascrivibile, a detta della difesa del ricorrente in luogo di quella di acquisto di stupefacente, è infondato: anche in questo caso, infatti, la Corte non solo ha convincentemente enunciato le differenze strutturali tra le due condotte, ma ha poi, altrettanto logicamente, distinto rispetto alla posizione della P. C., la posizione del M., destinatario finale della consegna della cocaina per la cui importazione in Italia da parte della donna si era adoperato, senza tuttavia che concorresse nel delitto di importazione ascrivibile, invece, solo alla P. C.: l’ulteriore spunto difensivo contenuto nel ricorso secondo il quale la Corte non avrebbe tenuto conto della pronuncia di condanna da parte di altra Sezione della Corte di Appello di Venezia in data 19 dicembre 2009 nei riguardi della P.C. per il delitto di tentata importazione è infondato in quanto la Corte veneziana, proprio in correlazione con il diverso ruolo ricoperto dal M. nella vicenda ha attribuito allo stesso la condotta di acquisto desumendola da circostanze sintomatiche quali l’appuntamento in auto a Mestre ed il fatto che egli non si fosse recato all’aeroporto di Venezia per accogliere la donna.

In conclusione il ricorso va rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorsole il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *