Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-01-2011) 12-05-2011, n. 18646 sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Avverso l’ordinanza indicata in epigrafe che ha confermato il decreto di sequestro preventivo del GIP del Tribunale di Napoli del 25.03.2010, relativo ai beni della famiglia G., ricorrono i difensori di P.P., G.A. e Ga.As. deducendo:

a) la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 321 c.p.p., in relazione alla L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies. In particolare le ricorrenti, per quanto riguarda i beni di P.P., si dolgono che sia stato applicato il sequestro volto alla confisca ai sensi del D.L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, mentre gli immobili sono acquistati in epoca precedente a tale disposizione normativa. Infatti l’atto di compravendita è del 1991. Anche se è pacifica in giurisprudenza la possibilità di applicazione retroattiva delle misure di sicurezza, la natura sanzionatoria della confisca ex art. 12 sexies dovrebbe escluderne l’applicazione retroattiva. Tale natura sanzionatoria è stata di recente riaffermata dalla Suprema Corte con la pronuncia delle SS.UU. n. 26654/2008. 2) Lamentano i ricorrente anche la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui si afferma che il valore dei beni posseduti è spropositato rispetto al reddito prodotto da ciascun soggetto e pertanto l’acquisto del bene deve necessariamente essere ricondotto all’imputato ed alla provenienza delittuosa delle disponibilità di denaro di quest’ultimo. E’ stato invece dimostrato che le disponibilità provengono da due vincite al totocalcio ed alla attività commerciale della madre, per quanto riguarda la P.; ad un mutuo fondiario per quanto riguarda G. A. e Ga.As., mutuo che viene costantemente pagato dal fidanzato di Ga.As.. Ne deriva che i giudici hanno ipotizzato la fittizia intestazione dei beni su semplici congetture prive di riscontri e di tale errore logico sarebbe prova la possibilità dell’istituto di credito di esperire azione di esproprio per le rate del mutuo non pagate.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 Il primo motivo di ricorso è generico perchè ripropone, negli stessi termini, la doglianza già prospettata al Tribunale del riesame e che il Tribunale ha compiutamente esaminato rigettandola con appropriata motivazione che richiama la presunzione di accumulazione posta a base del provvedimento previsto dal D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies e la non necessità che i beni oggetti dello stesso siano derivati dal reato per cui si procede.

2.2 A tal proposito va solo evidenziato che la pronuncia del Tribunale si pone nella scia della pronuncia delle SS.UU. di questa Corte n. 920 del 17/12/2003, che ha puntualizzato che: "il giudice, attenendosi al tenore letterale della disposizione, non deve ricercare alcun nesso di derivazione tra i beni confiscabili e il reato per cui ha pronunziato condanna e nemmeno tra questi stessi beni e l’attività criminosa del condannato. Cosa che, sotto un profilo positivo, significa che, una volta intervenuta la condanna, la confisca va sempre ordinata quando sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il valore economico dei beni di cui il condannato ha la disponibilità e il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica e non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza delle cose. Con il corollario che, essendo la condanna e la presenza della somma dei beni di valore sproporzionato realtà attuali, la confiscabilità dei singoli beni, derivante da una situazione di pericolosità presente, non è certo esclusa per il fatto che i beni siano stati acquisiti in data anteriore o successiva al reato per cui si è proceduto o che il loro valore superi il provento del delitto per cui è intervenuta condanna….". 2.3 La mera reiterazione del motivo, comunque, senza alcuna critica correlazione alle motivazioni articolate dal giudice di merito, rendono generico ed inammissibile il motivo.

2.4 Con il secondo motivo si prospettano vizi della motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ma il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di appello cautelare ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen. è proponibile solo per violazione di legge. Ne consegue che non possono essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi della motivazione, non rientrando nel concetto di violazione di legge, come indicato nell’art. 111 Cost. e art. 606 c.p.p., lett. b) e c), anche la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, che sono separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606 c.p.p., lett. e) (rv 248468).

2.5 Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro, ciascuna, alla cassa delle ammende.

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